di Nicolò Codognola - 26 May 2019

Comparativa Scrambler 125: il gusto delle piccole cose

Il trend del momento parla di vintage e scrambler. Ma non dice che si debba spendere una fortuna per guidarne una... Ecco quattro 125 ricche di stile e abbordabilissime, per prestazioni e prezzo. Il confronto tra Brixton BX 125 X Felsberg, Hanway Scrambler 125, Mash Dirt Track 125 e Verve Moto Tracker 125

Guardate le facce dei nostri tester, in questo servizio. Sono volti divertiti, sguardi stupiti, labbra sorridenti. E non per “esigenze di copione”, ma perché ci stiamo divertendo davvero. Lo ammettiamo: prima di iniziare la comparativa di queste scrambler 125, qualcuno di noi aveva storto il naso. L’idea di girare in città e nella periferia con nemmeno 10 CV sotto il sedere non pareva l’opzione più allettante per una tiepida giornata invernale. Al rientro in redazione, la sera, sono stati invece proprio i più scettici di noi ad elargire i commenti più entusiastici. Il tema della prova è stato mettere a confronto delle ottavo di litro dallo stile vagamente vintage e che non costassero più di 3.500 euro chiavi in mano. La scelta si è ristretta a quattro modelli: Brixton BX 125 X Felsberg, Hanway Scrambler 125, Mash Dirt Track 125 e Verve Moto Tracker 125. Trait d’union è la tipologia di motore: monocilindrico raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero a due valvole e cambio a 5 rapporti. Sono "frullini" pacati, che fanno avvertire qualche vibrazione solo agli alti regimi (soprattutto la Hanway) e di certo non sono mostri di potenza, nemmeno per la categoria, che ammette un limite di 15 CV all'albero (e pertanto guidabili anche con la sola patente B): le protagoniste in prova erogano tra gli 8,5 e i 10 CV scarsi, quindi sul piano motoristico sono abbastanza simili, ma ciascuna ha tratti personali e caratteristiche ciclistiche ed estetiche che ne definiscono il carattere.

I due tester più spilungoni, in partenza, si litigano la Verve: aspetto da vera special, sella alta, sospensioni quasi da moto da enduro. La forcella presenta regolazioni (idraulica in estensione) in testa agli steli, su tappi anodizzati, e dietro ci sono forcellone in alluminio e monoammortizzatore con leveraggio, mentre tutte le concorrenti si affidano ad acciaio e due ammortizzatori. Certo è la più costosa del gruppo, ma i contenuti tecnici non mancano. Toccare terra con entrambi i piedi è concesso solo a chi è alto almeno 180 cm; le pedane ben distanziate e il manubrio dritto come quello di una cross invogliano a dare una sbirciata su Google Maps, alla ricerca del più vicino campetto per dare gas lontano dal traffico. La guida in piedi è perfetta e da seduti lo snello serbatoio (non arriva a 11 litri) si stringe bene tra le cosce. All’estremo opposto, per assetto ed ergonomia, c’è la Mash: bassa e compatta, è estremamente amichevole per chi è alle prime armi o di bassa statura. Il manubrio ampio, poi, in perfetto stile Dirt Track, restituisce una sensazione di pieno controllo. La sella ha un bel rivestimento e la porzione del passeggero è coperta da un guscio removibile. È però dura e le pedane vicine costringono le gambe ad una posizione un po’ rannicchiata. La sensazione di leggerezza è totale: una bicicletta col motore. La bilancia ci dice che meno pesante di lei (ma la differenza è minima, 1,5 kg) è la Hanway, anche lei bassa e amichevole. Ma l’abitabilità, su questa Scrambler, è meno sacrificata: il manubrio è un po’ più distante dal pilota, rispetto alla Mash, così come le pedane lo sono dalla sella. Si trova una posizione più naturale, a portata di piloti di tutte le stature. Infine la Brixton, pur senza essere imponente come la Verve, ha proporzioni da moto “grande”. Ed è la più comoda, con quella sella ampia come un divano e morbida come un pouf. Gambe giustamente flesse, manubrio distanziato in maniera perfetta, busto eretto: mette voglia di fare il pieno in quel serbatoione (il più capiente del gruppo) e partire per mete lontane. In più, la Felsberg – allestimento globetrotter sulla base della BX 125 X Scrambler – ha di serie un robusto portapacchi e staffe laterali a cui fissare delle borse. Completissima, paga però alla bilancia qualche chilo di troppo: con quasi 130 kg a secco rilevati dal nostro centro prove, è lei la più “cicciona” della comparativa.

Prima di partire, però, i tester si scambiano pareri estetici sulle moto. Perché, diciamocelo, se sei indirizzato ad acquistare una scrambler, per quanto economica essa sia, la vuoi attraente. La Brixton (è il nome di un quartiere di Londra) ammicca alle moto inglesi di un tempo, con proporzioni equilibrate e dettagli sfiziosi, come le guance del serbatoio in gomma con la sagoma della Union Jack, ma anche con il logo a X ripreso sui fianchetti, sul portapacchi e persino sulla chiave di avviamento. Bello anche il faro anteriore con luce di posizione stile angel-eye sul profilo esterno. Il resto delle luci (posteriore e indicatori di direzione) è tutto a LED, ma questo è un tratto comune delle moto in prova. Classico lo scarico a cono e controcono (l’unico non in acciaio inox) poco valorizzato però da una verniciatura nero opaca. La Hanway fa della pacatezza e della sobrietà il suo punto di forza. È semplice, ma non banale, con una bella linea bassa e allungata che ricorda certe moto da regolarità degli anni Settanta, una robusta forcella a steli rovesciati, fianchetti forati in alluminio, un scarico basso con silenziatore sinuoso e lucidato. La Mash è senza dubbio la più vistosa, con quella livrea bianca (ma c’è anche dorata!), sella rossa e cerchi oro. E il faretto sdoppiato che sbuca dalla tabella portanumero anteriore? Originale e aggressivo: ci piace. La Verve, col suo aspetto da special, attira lo sguardo non meno delle concorrenti, anzi. Le tabelle laterali e la palpebra sopra il faro gialle sono in metallo, mica in plastica, e donano un tocco indiscutibilmente rétro. Ma alla Tracker 125 bastano due sgasate per farsi notare: dal silenziatore che spunta alto accanto al codone esce un vocione da enduro professionale nemmeno troppo “tappata”. Bisogna ripeterlo due volte, ai curiosi passanti che domandano la cilindrata, che si tratta “solo” di una centoventicinque. Un borbottio al minimo che diventa grintoso boato ai medi e alti regimi; ma non basta questo a farla andare più veloce delle altre. Anzi, nonostante abbia praticamente la stessa potenza della Mash (9 CV tondi a 8.700 giri/min), la Verve ha la velocità di punta più bassa del gruppo e non è tra le migliori in accelerazione.

È invece proprio la Mash a guadagnarsi il primo posto in termini di velocità massima (l’unica a superare i 100 km/h veri) e la più rapida delle quattro sia in accelerazione, sia in ripresa. Un furetto, che scatta ai semafori e si infila svelta nel traffico. Il baricentro rasoterra e la ruota davanti da 17” (le altre optano per il 18”) la rendono un fulmine nei cambi di direzione e precisa in percorrenza. Di tutte, è quella in sella alla quale si “sente” meglio e maggiormente l’anteriore, ben piantato e chirurgico nelle svolte strette. Le sospensioni sono sostenute, ottime per tenere un bel ritmo nel misto, ma persino troppo rigide e poco confortevoli se dossi e pavé passano sotto le ruote. Difetti? Lo stacco della frizione perfettibile, poco modulabile. Duretto invece il comando della Verve: non tanto da provocare una tendinite, ma le altre hanno azionamenti più morbidi. La Tracker, così alta e con forcella e “mono” soffici, si comporta all’opposto della concorrente francese anche dinamicamente: richiede un minimo di impegno fisico in più per essere sbattuta di qua e di là (beninteso, stiamo parlando pur sempre di 120 kg, non di tre quintali!) e accusa un po’ di trasferimento di carico in frenata. L’anteriore poi sembra un po’ “galleggiare” e appare impreciso (forse anche per via delle gomme tassellate, vorremmo provarla con altri pneumatici) e non trasmette la fiducia della Mash. La Brixton è meno leggiadra delle competitor, ma ciò non significa che sia un elefante. Solo è più “morbida”e meno reattiva. Un comportamento determinato in parte dal peso generale, ma più verosimilmente dall’inerzia generata dalle ruote con cerchi in acciaio (le altre hanno tutte canali in alluminio). La maneggevolezza tuttavia è più che buona, il controllo è totale e, nonostante sospensioni mediamente soffici, non bascula troppo in accelerazione né in frenata. Le gomme, di disegno quasi trialistico, hanno una eccellente resa su asfalto e tanto grip anche in offroad. Sicurezza: ecco il termine che più si addice alla guida della Felsberg.

E la Hanway? Non brilla per particolari qualità, ma nemmeno ha grosse pecche. Ad essere pignoli, vorremmo una risposta meno secca dagli ammortizzatori: così il comfort su dossi e pavé è un po' compromesso. Agile in manovra, maneggevole in città, stabile quando si va un po’ più forte, fa dell’equilibrio generale la sua qualità migliore. Il motore è il meno potente del gruppo, ma anche quello che fornisce l’erogazione più rotonda e gustosa. Ed è pure il meno assetato: durante la nostra prova è l’unica ad aver percorso – mediamente – 40 km/litro, traguardo raggiunto dalle altre solo in modalità economy run. Chiudiamo l’analisi con la frenata, che è di tipo combinato per tutte. In pratica, azionando il pedale, si attiva anche la pinza anteriore. Il risultato è una decelerazione neutra ed efficace soprattutto per chi è alle prime armi. I più smaliziati, abituati a ripartire a piacere la frenata tra i due assi, troveranno forse un po’ invadente il sistema. Specialmente sulla Brixton: quando si sta pinzando con l’anteriore, se si tocca il posteriore per aggiustare la traiettoria o per decelerare in maniera più incisiva, si sente la leva a manubrio spingere contro le dita e la frenata si allunga, inevitabilmente: da 90 km/h la Felsberg impiega quasi 10 metri in più rispetto alla peggiore delle concorrenti, per fermarsi. Il nostro lavoro ci impone di essere critici e puntigliosi, con taccuino sempre in mano per appuntarsi pregi e difetti di ciascuna moto, raccogliendo le impressioni di tutti i tester coinvolti. Non mancano pecche, in queste stilose centoventicinque, e ve le abbiamo raccontate. Ma mentre le elenchiamo pensiamo anche che non siamo in sella a moto dalle prestazioni strabordanti e con prezzi d’acquisto tali da dover richiedere un finanziamento. Quindi, pur senza smussarne i difetti, li accogliamo con un altro spirito. Perché, alla fine, la leggerezza e la spensieratezza con cui ci divertiamo in sella a queste scrambler sovrastano ogni neo. Il tragitto casa-lavoro (o casa-liceo) diventa un gioco; la gita al lago si tramuta in avventura, il giro in centro è una sfida col traffico. Al rientro in redazione ci sono solo sorrisi, scambi di battute ilari, voglia di ripartire per una zingarata in mezzo ai campi. Che tanto il rischio di prendere una multa per eccesso di velocità è lontana come la Luna dalla Terra e la possibilità di rovinare una moto in una banale scivolata su uno sterrato è ancor più pallida. Pensiamo dunque ai sedicenni che vorranno distinguersi – senza dar fondo al conto in banca – in sella ad una di queste 125, ma anche a quei 30/40enni che cercano una moto seducente e poco impegnativa per muoversi in città. Fate la vostra scelta: qui c’è da divertirsi.

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