di Federico Aliverti - 05 May 2019

Roman (Fantic): “Siamo un po’ Mini e un po’ Ferrari”

Abbiamo intervistato Mariano Roman, socio e amministratore delegato di Fantic Motor, che ci ha parlato del Marchio, della sua italianità, del futuro, dei veicoli elettrici, delle e-bike…

Mariano Roman, ex direttore tecnico di Aprilia e Moto Guzzi. Ha iniziato in Laverda e ha scritto alcune delle più belle pagine del motociclismo italiano: perché rimettersi in gioco a sessant’anni investendo risorse personali su Fantic? Chi conosce il Veneto e i suoi imprenditori riconosce tutta l’autenticità della risposta nelle parole di Mariano: “Voglio contribuire finché ne ho la forza allo sviluppo del mio territorio per lasciare alle generazioni future dei sogni da coltivare”.
Quant’è fiero dell’italianità di Fantic?
“Tantissimo. Fantic è una società di capitale italiano, fatta da imprenditori italiani e resterà sempre in Italia. Abbiamo avuto offerte anche da aziende cinesi, ma le abbiamo tutte cancellate perché lo spirito di Venetwork, la società a cui fanno capo i soci di Fantic, è nata proprio per sviluppare l’economia del territorio. Abbiamo 24 soci tra cui anche nomi importanti come Luca Marzotto, che è il socio di riferimento, oltre ad Alberto Baban, che è stato vicepresidente di Confindustria e Presidente nazionale di Piccola Industria, e Tiziano Busin, Presidente di Zerma e di Fantic”.
Anche lo sviluppo del prodotto viene curato internamente?
“Certo. Abbiamo una ventina di ingegneri al nostro interno: per un’azienda piccola come la nostra si tratta di un investimento molto importante. Guardiamo al futuro attraverso lo straordinario know-how italiano. Vogliamo anche creare una scuola di ingegneria in Fantic. Possiamo farlo perché da noi c’è gente validissima come Gaetano Cocco (ex Aprilia MotoGP, ndr) e un maestro dei collaudatori del calibro di Caio Pellizzon (sì, un vero maestro, ndr)”.
I risultati sembrano già darvi ragione…
“Quando siamo partiti nel 2014 con questa straordinaria avventura la società fatturava un po' meno di 1 milione di euro. Il primo anno abbiamo portato i ricavi a 5 milioni, il secondo a 10, il terzo a 15, nel 2018 abbiamo chiuso a 27 e per questo anno prevediamo un fatturato superiore a 40 milioni. L’obiettivo entro il 2022 è di arrivare oltre i 100 milioni”.
Non basta l’italianità per crescere così velocemente: qual è la ricetta?
“Abbiamo sviluppato sin dall’inizio la gamma off road, imprescindibile rispetto a un Marchio come Fantic, partendo da 50 e 125 cc per poi estenderla al 250. Poi ci siamo concentrati nella conversione dei motori a Euro 4 e sul brand Caballero, oggi in commercio in versione 125, 250 e 500 sia per il flat track sia in versione Scrambler e Rally. Tutto questo senza dimenticarci l’elettrico”.
In fatto di mobilità green, Fantic è concentrata solo sull’E-bike?
"Lavoriamo su due fronti della nuova mobilità. Il primo è la bici a pedalata assistita. Siamo partiti con lo sviluppo 3 anni fa della prima fat bike, poi abbiamo esteso la gamma con le hardtail in due configurazioni, la XF2 e la XF3, poi siamo passati alla XF1 full sospended; abbiamo sviluppato una nostra batteria per farla molto compatta e collocarla il più vicino possibile al baricentro, in modo da restituire una maggiore guidabilità. Siamo la Ferrari delle bici elettriche. Le vendite stanno andando molto bene, quest’anno è previsto il raddoppio del fatturato".

E l’altro fronte?
Beh, basta vedere cosa abbiamo presentato al Salone di Milano: l’Issimo e il Caballero E-Cab. Abbiamo sposato una motorizzazione da 11 kW con una batteria da 7,4 kWh, che dovrebbe permettere in condizioni economy un’autonomia di 100-150 km. Crediamo moltissimo nella mobilità elettrica, ma solo in chiave urbana”.
Quindi per le moto “vere” dobbiamo aspettarci motori endotermici ancora per tanti anni?
“Quest’anno spingeremo per far entrare il Caballero 125 nel cuore dei giovani, ma parallelamente svilupperemo moto anche con una cilindrata più grande, magari con più di un cilindro. Il Caballero bicilindrico potrebbe vedere la luce fra un paio d’anni, ma stiamo lavorando anche su una gamma 650 bicilindrica che sarà molto completa”.
Moto e bici, elettrico ed endotermico: come si organizza una produzione così diversificata?
“Siamo partiti differenziando gli stabilimenti. La sede operativa delle moto è a Quinto di Treviso, si tratta di più di 5.000 metri quadri e più di 4.000 di magazzino. Le bici invece le abbiamo trasferite in un nuovissimo stabilimento di 4.000 metri quadri a Santa Maria di Sala. La tecnologia che applichiamo a moto e bici elettriche è sostanzialmente la stessa, anche se la bici è una sfida ancora più difficile”.
Ci sta dicendo che fare una e-bike è più complesso che fare una moto elettrica?
Sì, lo è. La parte delle sospensioni è molto più sofisticata nelle bici perché qui occorre una reattività elevatissima. Rispetto alla moto c’è un software sia della batteria sia nel motore sia nel controllo del cruscotto del motore-batteria che è difficilissimo da sviluppare. Nella bici il sistema che ti supporta è una matrice a tre dimensioni che mette insieme la velocità, la frequenza di pedalata e la coppia che applichi ai pedali. Deve funzionare perfettamente in tutte le occasioni ed è lì che si sta lavorando”. Torniamo alle moto. Come saranno le Fantic del futuro?
“Guidabili, piacevoli, con un design personale. Avranno insomma una fortissima identità. Senza dimenticarsi di essere sempre più competitive nell’enduro e di costruire intorno a Caballero un mondo di riferimento”.

È più forte il marchio Fantic o Caballero?
“Se la giocano. Potremmo dire che Caballero sta a Fantic come Mini a BMW. Secondo una statistica che abbiamo fatto, il 30% conosce il Marchio Fantic e il 31% conosce il Marchio Caballero. In Italia oggi è più forte Caballero, all’estero è più conosciuto Fantic.
Quanto vale il mercato domestico per voi?
“Circa il 50%. Il nostro obbiettivo è avere il 30% del business in Italia e il 70% all'estero. Stiamo investendo molto sul mercato tedesco, francese, finlandese, spagnolo; sulle bici invece vogliamo spingere in modo molto più trasversale, praticamente in tutto il mondo. In America abbiamo aperto una nostra filiale, lì ci aspettiamo un grande sviluppo”.
Per diventare davvero “grandi”, a questo punto vi manca solo di produrre motori.
Produrre motori internamente è certo fantascienza. Oltre ai 50 e 125 costruiti da Minarelli-Yamaha, nella 250 e 500 abbiamo un rapporto particolare con Zongshen, colosso che produce circa 4 milioni di unità al quale si rivolgono importanti aziende italiane (per esempio Piaggio e Norton, ndr). Con Zongshen abbiamo un rapporto particolare perché li supportiamo nei test e nei collaudi. Ad esempio, il 250 è stato progettato da uno studio italiano, e per il 500 abbiamo chiesto di fare delle modifiche ai componenti”.
Avete progetti particolari per la rete distributiva?
È partito un progetto post vendita che vedrà la sua completa realizzazione a metà di quest’anno. Per questo abbiamo assunto un manager ex Aprilia molto importante e competente. Vorremmo avere un’eccellente relazione con i nostri concessionari, la rete si deve distinguere in modo da instaurare una relazione Fantic-rete che sia da partner e non da cliente-fornitore".
Come se la immagina Fantic fra vent’anni?
“La mia idea di Fantic è di creare un’azienda che sia innovativa a 360°. Nel modo di sviluppare i prodotti, in quello di concepire le moto, nella gestione del personale. Deve diventare un nuovo modo di fare azienda nel mondo della moto”

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