a cura della redazione - 25 April 2019

“MV Agusta deve tornare a essere la Ferrari delle due ruote”

Abbiamo intervistato Giovanni Castiglioni, Presidente di MV Agusta, per parlare del futuro del marchio varesino, di mercato e della rinascita di Cagiva

In occasione del test della Brutale 1000 Serie Oro (cliccate qui per sapere come va) abbiamo visitato l’azienda e parlato con Giovanni Castiglioni, Presidente di MV Agusta. Ecco come ha risposto alle nostre domande.

Com'è andato il 2018?
“È stato un anno complesso. Nel 2016 abbiamo deciso di ripensare la strategia, anzi, di più, abbiamo deciso il riposizionare questa società, il suo prodotto. Brutale 1000 e Superveloce sono il simbolo di come si sia rivisitata MV. Il portafoglio ordini per il 2019 è superiore alle aspettative e quindi direi che abbiamo centrato il riposizionamento”.

Dopo una lunga serie di edizioni speciali fa piacere vedere due nuove moto. La sensazione è comunque che MV si stia spostando verso modelli esclusivi.
“Abbiamo analizzato il mercato e visto che non c’è nulla sopra una certa fascia di prezzo, dove ti aspetti una certa attenzione ai dettagli e alle performance. Nella fascia premium ci sono tutti, tedeschi, austriaci, italiani, giapponesi: tutte moto di alto livello. Una KTM Adventure, una Ducati Multistrada o una BMW GS sono l'equivalente nel mondo moto di una Porsche Cayenne, di una Audi Q7 o di una Volkswagen Tuareg. MV si è riposizionata in una fascia più alta, una nicchia di mercato dove però c'è una vasta clientela”.

Qual è stato il percorso che vi ha portato a dire che MV dev'essere un brand oltre il premium?
“Presi l’azienda da Harley-Davidson nel 2010, quando il mercato globale era in crisi e avevamo in gamma solo due modelli, F4 e Brutale, datati e con bassa possibilità di successo. L’acquisto non fu dettato tanto da un fattore finanziario quanto umano: mi spiaceva che questa società finisse male. Ho voluto portare a termine il progetto tre cilindri per consentire a MV di andare avanti in un momento in cui le moto da 20.000 euro in su non si vendevano più, l’opposto di quello che avviene oggi. Dal 2010 al 2015 abbiamo portato la società da due a venti modelli. Alcuni azzeccati, come Dragster, Brutale e F3, altri meno come Rivale e Stradale. Ma siamo passati da 2.000 a oltre 10.000 moto”.

Poi cosa è successo?
“Lì è entrata Mercedes. 10.000 moto nel segmento sport non sono poche, ma l'azienda comunque era cresciuta meno rispetto alle aspettative legate a investimenti che erano stati elevati. Abbiamo avuto un imbuto sulla distribuzione, sui dealer e sul finanziamento al cliente finale, tutte cose importanti quando crescono i numeri. E iniziavamo a scontrarci con concorrenti che sono tutte multinazionali. Mercedes è stato il partner strategico per ampliare la rete vendita e finanziare attraverso Mercedes Bank i nostri dealer e clienti”.

Perché non ha funzionato?
“Per noi, loro erano una priorità. Per loro, noi eravamo una cosa in più. È normale perché la dimensione è molto diversa. Ma questo ci ha fatto riflettere. Abbiamo capito che per avere un ruolo importante sul mercato, MV doveva tornare quella che era quando è nata, la Ferrari delle due ruote”.

Da fuori il divorzio con Mercedes è stato visto come un passo falso.
“Criticare è sempre facile: tutti vogliono l’italianità, ma poi siamo i primi a criticare le nostre aziende. La realtà è che la quantità di aziende italiane finite in mano straniera è enorme. Nel nostro settore tutte. Non c’è un solo marchio privato, forse solo Triumph. Siamo ripartiti chiedendoci come mantenere MV italiana e la risposta è stata il riposizionamento. C'è chi dice che costiamo troppo, non è vero. Il nostro range va da 13.000 a 200.000 euro, ma il core business è tra i 20.000 e i 40.000 euro. Ci sono tante persone che possono permettersi una MV”.

Oltre il premium c'è il lusso. Quanto è importante il concessionario?
“Molto, abbiamo prodotti straordinari e quelli che usciranno saranno ancora migliori, ma dobbiamo lavorare sulla rete vendita. Ormai il cliente non vuole più il solo prodotto; è disposto anche a pagare di più a patto che il servizio sia all'altezza del brand”.

Rete vendita e assistenza è dove MV ha sempre faticato.
“È vero. Oggi per noi l’attenzione è massima sulla ristrutturazione dei dealer, che vuol dire meno concessionari ma migliori, ai quali diamo un bacino di potenziali utenti molto maggiore. Poi abbiamo finalmente fondato MV Financial Service che finanzierà la rete MV e i clienti. Inizieremo con Italia, Germania, Francia e UK”.

Era il progetto che avevate con Mercedes. Avete un nuovo partner?
“Abbiamo stretto un accordo con FCA Bank, la banca di Fiat Chrysler”.

Come vi ha aiutati il nuovo partner Black Ocean, la società del CEO Timur Sardarov?
“Black Ocean è intervenuta nel momento in cui abbiamo deciso di ristrutturare la società, dove avevamo un problema strategico mascherato da problema finanziario. O meglio: cambiando strategia abbiamo dovuto ripensare alla parte finanziaria. Siamo un’azienda che faceva 10.000 moto e puntava a farne 20.000 e che invece ha deciso di farne 5.000. È completamente diverso. E poi abbiamo dovuto ristrutturare il nostro debito e la famiglia Sardarov e la loro Black Ocean mi hanno supportato in questa operazione”.

Oltre che dal punto di vista finanziario, Black Ocean come può essere utile?
“Black Ocean si occupa di business differenti dal nostro, ma in quello che sarà il progetto Cagiva, per esempio, ha portato un ottimo input a livello di start up”.

Quando rinascerà Cagiva?
“Lo stiamo ripensando molto bene. Inizialmente pensavamo di fare moto di piccola cilindrata accessibili a tutti, ma non è la taglia di questa azienda. Per fare 200, 300 mila pezzi ed essere competitivi dovremmo legarci a un partner asiatico... no: MV deve fare i gioielli”.

Quindi in quale direzione andrete?
“Abbiamo pensato a un mezzo di trasporto mass product che possa sposarsi con le esigenze dei giovani. Che non vogliono neanche più comprare, per loro non è importante possedere. Quindi il nostro sarà più un servizio”.

Può spiegarci meglio?
“Stiamo sviluppando un prodotto ma soprattutto l’infrastruttura che permettera alle persone di utilizzare questa moto in ogni parte del mondo, possedendola o no. Questo richiede più tempo perché non è il nostro business principale, non siamo una tech company”.

Dal via vai di prototipi elettrici in azienda ci sembra di capire che Cagiva potrà rinascere come veicolo green per lo sharing nelle grandi metropoli, ndr. Quando vedremo qualcosa di concreto?
“Considero fattibile presentare progetto e parte del prodotto a EICMA 2019”.

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