La Brutale 1000 Serie Oro accelera a suon di click
Una delle naked più potenti di sempre, la più costosa ed esclusiva e...la più cliccata al momento della prova! La MV Agusta Brutale 1000 Serie Oro è un superlativo assoluto su due ruote, forte di 208 CV, ali aerodinamiche e quattro scarichi in titanio che suonano una brutale sinfonia. Il nostro test ha attirato l'attenzione dei naviganti
L'abbiamo guidata in anteprima mondiale e la cosa ha fatto rizzare le antenne di moltissimi appassionati rendendo il test della MV Agusta Brutale 1000 Serie Oro il più letto di tutto il 2019. Vi raccontiamo quello che non sapete sulla naked di Schiranna.
Sarà per quel numero, 208, che precede la sigla CV, ma la nuova Brutale 1000 Serie Oro ha fatto parlare molto di sé. MV ci ha abituati in questi anni a stupire, puntando sempre più in alto in termini di performance e, di conseguenza, anche di costi. E questa Brutale estremizza tutti i concetti che stanno delineando le nuove moto varesine. Partiamo dai 43.000 euro di prezzo per questa Serie Oro che anticipa l’arrivo della versione base, il cui prezzo sarà comunque vicino a 36.000 euro. Dietro questa cifra c’è un mondo di ricerca della perfezione, di materiali pregiati, di prestazioni oltre il limite. E infatti il secondo numero da buttar giù è il 208, quello dei CV dichiarati per questo motore di 998 cc che tanto in comune ha con quello delle ultime F4.
L'abbiamo guidata in anteprima mondiale, qui sotto vi raccontiamo com’è fatta e come va…
Prestazioni pure
La potenza massima si raggiunge a 13.450 giri/min e l’allungo supera i 14.500 giri/min, motivo per il quale era necessaria una corsa corta, altrimenti la velocità media del pistone sarebbe salita pericolosamente. Il rapporto caratteristico è di 79x50,9 mm e la coppia massima erogata raggiunge 116 Nm a 9.300 giri/min, un buon valore, ma non eccezionale come quello della potenza, segno che i tecnici MV hanno puntato sulle prestazioni pure e sul clamore derivante dal quel “208 CV dichiarati”. Per rendere gestibile un mostro da 300 km/h privo di carenatura è stato necessario un lavoro di fino sull’aerodinamica dei vari componenti che, in mancanza di un cupolino, sono esposti al vento, come la strumentazione, il faro, ma non solo. Per la prima volta su una naked compaiono le ali: simulano esteticamente i due elementi laterali che mascherano il radiatore sulle altre Brutale, ma sono profondamente diversi. Qui hanno una vera funzione deportante che contribuisce a tener giù il muso della moto anche quando il rabbioso quattro in linea cerca di lanciarlo in verticale.
Ma è soprattutto il lavoro fatto sulla ciclistica il primo responsabile del comportamento dinamico della moto: non era proprio possibile partire dal telaio della vecchia Brutale, perché la forza del nuovo propulsore ha bisogno per essere gestita di millimetri o addirittura centimetri in più. Serve più stabilità, più interasse, più avancorsa; in pratica serve un telaio F4 più che uno da naked per tenere a bada questo mostro. E così è stato fatto, con in più l’adozione di sospensioni al top, le semiattive Öhlins: forcella Nix EC con steli da 43 mm e mono TTX. Per contenere il peso a secco in 186 kg (dato dichiarato) è stato fatto largo uso di carbonio, che troviamo nei cerchi, nei parafanghi, nei convogliatori dell’airbox, nella struttura della sella e nelle cover del motore che hanno funzione di limitazione del rumore della meccanica. Lo impone la Euro 4, normativa che la Brutale 1000 rispetta, ma che può essere aggirata, se si vuole utilizzare la moto in circuito, montando il kit fornito in dotazione. È composto tra le altre cose da centralina e scarichi in titanio SC Project, e porta la potenza a 212 CV. Le dimensioni generali sono maggiori di quelle a cui siamo abituati per le Brutale: la necessità di garantire una buona autonomia ha portato a un serbatoio da 19 litri e, inoltre, non si potevano certo rosicchiare centimetri cubi all’airbox, che doveva essere voluminoso per far respirare un motore così vorace. Ma la linea è ben armonizzata e giustamente si è deciso di rivedere totalmente anche il codino, sempre molto corto ma con un design estremo e originale, ben assecondato dai quattro terminali di scarico. Si è perso un qualcosa in termini di pulizia delle linee a favore di una linea che trasmette più aggressività, quasi fosse un dragster. Ora, però, saliamo in sella.
Come va
Comoda, accogliente e misurata, è una perfetta compagna per chi sta approcciando il mondo della moto e ha bisogno della massima facilità di guida e di prestazioni mai sopra le righe. Ah ah ah, certo, e come no! Signore e signori ecco una breve cronaca della presa di contatto col prototipo della Brutale 1000 Serie Oro, una di quelle esperienze che segnano una carriera motociclistica. Quando sbuca dal vano del furgone e scende la rampa guidata dalle mani degli uomini MV penso sia una delle cose su ruota più belle che io abbia mai visto. Persino in questa versione laboratorio, con particolari grezzi, scotch, parti di carrozzeria non definitive. Facile sentirsi piloti privilegiati in una situazione così: un incontro segreto in un luogo segreto per guidare in gran segreto la nuda più sconvolgente di sempre. Ci sarebbero gli estremi per sentirsi agitati pure se si trattasse di una entry-level. Invece, le corde vocali che si stanno sgranchendo con un tono a metà tra un concerto di musica classica e un live dei Metallica sono quelle di uno dei quattro-in-linea più arrabbiati di sempre. In una configurazione mai così potente, oltretutto. Il freddo taglia la faccia in due. Fortuna, penso, che questa bestia assetata di (o più precisamente del mio) sangue è infarcita di elettronica. A costo di fare la figura del pivello chiedo ai tecnici di mettere tutti i sistemi al massimo livello di allerta, qualcosa tipo il DEFCON 2 che i generali americani comunicano via radio nei film. Già mi vedo a cappottarmi indietro con l’unica colpa di aver ruotato il gas oltre la metà. “Mi raccomando, antiwheelie bello invasivo eh!”, chiedo. “Mi spiace, non è attivo. Sai, moto laboratorio…”. Azz. “Ok. Beh, senti, riguardo il controllo di trazione inizierei con un livello attentino, tipo il 18”. “Mi sa che ne dovrai fare a meno. Sai, moto laboratorio…”. Deglutisco sonoramente. “Ah, quasi dimenticavo, nemmeno l’ABS è attivo. Sai, moto laboratorio…”. Con una rapida occhiata valuto la distanza col più vicino muro di cinta e provo a costruire la trama di una scusa da dare in pasto al Direttore.
Con un buono scatto potrei in pochi secondi essere uccel di bosco e poi sopravvivere grazie agli insegnamenti di Bear Grylls. “È pronta! Tutta tua!”. Le sospensioni reagiscono al mio peso con totale indifferenza. La sella, alta, è una via di mezzo tra una… sella e il sottile strato di materiale antiscivolo delle moto da gara. I semimanubri invitano a protendere il busto come su nessuna naked, senza essere esigenti come quelli di una supersportiva. La leva della frizione richiede un certo sforzo, cosa che parla di molle chiamate a impaccare energicamente dischi che devono trasmettere forze enormi. La prima entra con un innesto corto e preciso. Ho a disposizione poco spazio: un paio di curve, una a destra e una a sinistra, e un semirettilineo che è più una curva ampia, dove distendere prima, seconda, e forse la terza. Nemmeno troppo ben asfaltato.
Dove sono i cordoli?
Fossi bendato direi di avere tra le gambe una moto da pista. Per la vita stretta, per le pedane alte, per la conformazione del codino che crea un provvidenziale (in accelerazione) sostegno per la bassa schiena, per la facilità con cui si possono appoggiare gli avambracci al serbatoio. Per l’assetto: sento ogni cosa passi sotto le ruote, anche il più piccolo dei sassolini. Si avverte esserci parecchio carico sulla ruota anteriore, cosa che rende un po’ pesante lo sterzo a bassa velocità. Difficile, in tutta onestà, aspettarsi qualcosa di diverso da una nuda progettata per superare i 300 km/h. Tanto più che al crescere del passo, la cosa si traduce in un’opportuna sensazione di rigore, alla quale la moto sposa una grande rapidità nello scendere in piega. Precisa e leggera, ecco com’è. Il motore è fuori da ogni logica e direi quindi perfettamente in linea con le aspettative legate a una nuda come questa. Nella prima metà del contagiri spinge come un “mille” incaz**to alla prese con un (quasi) peso piuma: moltissimo, insomma. Senza esagerare, la Brutale potrebbe essere usata per sempre e con grande soddisfazione con il limitatore a 7.000 giri/min.
Oltre questa soglia, Hulk e Flash si fondono in un supereroe di alluminio che fagocita aria e benzina e ha come unico scopo quello di azzerare le distanze con accelerazioni brutali e impetuose. Impossibile dare tutto gas: impossibile. Forse in quarta, in quinta. Di certo non fino alla terza. E di certo non senza l’aiuto dell’elettronica. Quella che ci si trova a gestire è una crescita esplosiva della spinta, che fa scivolare il sedere all'indietro, induce a stringere le gambe al serbatoio, suggerisce di allentare la presa sui semimanubri e di accucciarsi in avanti. E che puntualmente porta l’avantreno a sollevarsi come fosse passato su una mina anticarro. Condensate questa sequenza in un battito di ciglia e avrete un'idea di cosa vuol dire (provare a) tirare una marcia con questa naked. Gli stessi collaudatori MV, coi quali discuterò alcune impressioni, mi diranno che l'accelerazione di cui è in grado è tale da obbligarti su strada a spostare in avanti i tuoi riferimenti visivi. Non devi guardare cosa accade qualche metro più avanti ma osservare molto più in là, pena trovarti a 247 km/h di fronte a una curva da 60. È una moto spaventosa, senza alcun senso, emozionante come nient'altro e bella da far male. Una vera MV, insomma.