di Mario Ciaccia - 26 January 2019

Benelli TRK 502 X vs SWM Superdual T

Due medie cilindrate da turismo on-off, caratterizzate da buone dotazioni di base: sono l'altra via per chi vuole affrontare un certo tipo di viaggi, su strada e su sterrato, senza dover spendere le importanti cifre richieste per le maxienduro. Sono anche più semplici e intuitive; peccato che pesino tanto

La Benelli TRK e la SWM Superdual sono due moto da viaggio, destinate tanto all’asfalto quanto allo sterrato, che propongono l’inusuale (per gli standard moderni) cubatura di mezzo. Non inneggiano all’avventura come succedeva negli anni Ottanta, ma oggi hanno anche più senso di esistere. 35 anni fa, quando la moda della regolarità era finita e stava iniziando quella della Dakar, l’avventura la faceva da padrone. Con moto come la Yamaha Ténéré 600 o la Honda Africa Twin c’era veramente gente che partiva da casa e attraversava il Sahara, ma era una nicchia. Tuttavia, erano le moto più vendute d’Italia. Il fascino di questi mezzi non era in ciò che ti facevano fare, ma in quello che sapevi avresti potuto fare. Era normale vedere uno stuolo di endurone col serbatoio da venti o trenta litri davanti a locali fighetti come il Cavour di Milano, con gente che prendeva l’aperitivo discutendo se il modo migliore per attraversare il Sahara fosse passando per Tamanrasset o per la Bidon V. Nessuno di loro ci sarebbe andato, ma era bello solo stare lì a parlarne, con la Ténéré che ti aspettava sul marciapiede. Poi i tempi sono cambiati. La grande traversata africana, senza mezzi di appoggio e piena di rischi, ha lasciato il posto al viaggio organizzato, dove le dune vengono raggiunte in aereo e si utilizzano monocilindriche racing a noleggio. Niente più avventura, solo divertimento. In realtà, nonostante i timori legati al terrorismo, ancora oggi è possibile compiere traversate africane senza assistenza, come abbiamo visto sul numero di ottobre 2018 (Western Sahara con le Honda Africa Twin).

Meno avventure, più cavalcate

I viaggiatori di lungo corso si sono spostati verso est (Pamir, Mongolia) ma è nato un fenomeno che mancava totalmente negli anni Ottanta, ovvero quello delle maratone italiane per bicilindriche. Anche negli anni 80 c’erano tanti sterrati scorrevoli, ma non c’era l’abitudine di andarseli a cercare con le moto grosse. Era troppo il rischio di finire impantanati con una moto da 200 kg. Le cavalcate organizzate erano poche e limitate alle monocilindriche racing, come la Valli Orobiche o il Moto Trip. Invece, oggi c’è il boom delle manifestazioni dedicate alle maxienduro, dove chi partecipa ha la garanzia di poter fare un bel percorso senza doverlo cercare, rischiando di finire nei guai: Hardalpitour, Transitalia, Italian Challenge, Trento-Trieste, Pavia-Sanremo, Eroica, Classico, Morenica, Imponente, Rally dell’Umbria, Gargano Adventure, Fotorally, Bisonti e tante altre. Quindi oggi non si va più al bar a parlare della Bidon V, ma ci sono concrete possibilità di divertirsi con queste moto e ciò spiega il crescente interesse da parte delle Case nel proporre bicilindriche più leggere e fuoristradistiche, come la Yamaha Ténéré 700 o le KTM 790. Parti dacasa, leghi qualche bagaglio, fai l’autostrada comodo, arrivi alla meta, trovi gli amici che incontri sempre in queste occasioni, ceni con loro gustando specialità locali e, il giorno dopo, ti fai questi 200/250 km di sterrati, molto divertenti, vedendo paesaggi spettacolari. Due medie cilindrate come la Benelli e la SWM cascano a fagiolo per fare queste cose e sono la coraggiosa alternativa alle maxienduro, che stanno crescendo in cilindrate, prestazioni, peso, prezzo, complicazioni meccaniche ed elettroniche. La SWM ripropone il concept che tanto andava di moda in passato (il mono da 600 cc con serbatoione), mentre la pesarese riporta in vita una categoria che faceva grandi numeri con la Honda Transalp 600, ma che era rappresentata da altre bicilindriche di media cilindrata come la Kawasaki KLE500, le Moto Morini 500 Camel/Coguar e la Laverda OR 600 Atlas. Di entrambe abbiamo provato le versioni con i cerchi da 19" e 17", ma la Benelli esiste anche con il 17" anteriore e la SWM con l'accoppiata 21"-18". La TRK (sia base sia X) sta diventando un caso perché, con quasi 1.900 pezzi, occupa il quarto posto delle vendite tra le crossover nei primi 9 mesi del 2018, alle spalle di BMW R 1200 GS (5.400 esemplari tra base e Adventure), Honda Africa Twin (3.050) e Yamaha Tracer 900 (2.400). Costa 6.200 euro chiavi in mano e permette di fare le stesse cose che la maggior parte dei proprietari fanno con le BMW R 1200 GS: spostarsi a 130 km/h in autostrada con passeggero e bagagli, percorrere strade di montagna asfaltate, viaggiare attraverso l’Europa, avventurarsi in sterrati panoramici. Dal punto di vista estetico le somiglia pure (ha anche qualcosa della Ducati Multistrada) e ha un motore con la stessa sequenza degli scoppi, anche se con quasi un terzo della potenza. Quanto alla SWM, le vendite sono molto meno eclatanti: poche decine di pezzi, probabilmente per la diffidenza che molti hanno verso i motori monocilindrici, accusati di vibrare troppo e di avere pochi cavalli. Ed è un peccato, perché questo motore non solo va benissimo, ma è anche una goduria da usare.

L'ultimo 360° rimasto sul mercato

Ma anche il 500 cc di Pesaro è nelle nostre grazie. Le due moto hanno vocazioni simili, che esprimono con due motori completamente diversi a livello di sensazioni. Da una parte il grosso, vivo monocilindrico che pulsa come un cuore e dall'altra il bicilindrico in linea fasato a 360°, pieno ed elastico, col quale è bello uscire dalle curve a 2.000 giri, centellinando il gas, con quel rumore cupo. Quindi queste moto hanno motori diversi... ma un difetto comune: pesano troppo, specie la bicilindrica. Con 232 kg a secco si perdono buona parte dei vantaggi di avere una cilindrata di 500 cc, dato che a quei livelli arrivano alcune 1200. La TRK-X sfrutta un telaio a traliccio in tubi tondi d’acciaio, che ospita un motore con testata bialbero a 4 valvole per cilindro capace di 39 CV alla ruota a 8.200 giri. Le sospensioni hanno appena 150 mm di corsa per ruota, i cerchi sono da 19”-17” a raggi e il serbatoio tiene ben 20 litri effettivi. I freni sfruttano un doppio disco anteriore da 320 mm, con ABS disinseribile posteriormente. La Superdual ha un grosso mono verticale, con testata monoalbero a 4 valvole dipinta di rosso (è sempre un piacere guardarla). Telaio a culla chiusa in acciaio e anche qui cerchi da 19”-17”, ma con sospensioni dalla corsa ben maggiore, 210 mm all’anteriore e 220 al posteriore. Il serbatoio contiene 16 litri (2 meno del dichiarato) e l’impianto frenante prevede un solo disco all’avantreno, da 300 mm, con ABS anche qui escludibile posteriormente. Neanche in questo caso siamo contenti del peso, 188 kg a secco con i telaietti ma senza borse, perché la Superdual deriva dalla RS650R, una monocilindrica spartana che pesava 144 kg e che, purtroppo, è uscita di produzione. La cura per renderla più turistica ha comportato l’adozione di cupolino, serbatoione, sella più comoda e imbottita, scarico sottomotore, tubi di protezione, telaietti vari e portapacchi, freni potenziati e con ABS, un’operazione da ben 44 kg. La SWM della nostra prova è nella versione GT Pack, ovvero con il kit di borse laterali ma, per metterla sullo stesso piano della Benelli, l'abbiamo provata anche senza.

A bordo, sensazioni opposte

La TRK ha una posizione di guida che, sulle prime, mette a disagio, pur essendo comoda. La sella non è particolarmente alta, ma è larga tra i fianchi, per cui si tocca terra meno agevolmente di quello che ci si aspetterebbe. Il manubrio è alto, stretto e viene indietro, aumentando la sensazione di non percepire la ruota anteriore. Le pedane sono alte e avanzate. Si avverte subito il baricentro molto alto. Il serbatoio si allarga sopra le gambe, dando una insospettata protezione dalla pioggia, ma incrementando la sensazione di essere su una moto non maneggevolissima. Su asfalto nessun problema, ma in sterrato richiede un periodo di assuefazione. La SWM è tutto il contrario: fin da subito la si percepisce più bassa di sella e baricentro, più leggera e più amichevole, come naturale per una monocilindrica nei confronti di una bi. Si siede molto più vicini al cannotto di sterzo e si ha la sensazione di una ruota anteriore ben presente. Rispetto all’enduristica RS, la sorella turistica sembra una motard, per come si percepisce la ruota anteriore e per la reattività dello sterzo. Anche qui bisogna prendere la mano, perché inizialmente la moto sembra troppo nervosa. Ogni volta che saltiamo dall’una all’altra, insomma, restiamo spiazzati da quanto siano diverse. La nostra prova è iniziata con un giro tra Langhe e Monferrato ed è proseguita partecipando a Il Classico di Radda in Chianti, cavalcata per bicilindriche lunga 250 km attraverso una delle più belle e selvagge zone della Toscana, con colline molto alte ricoperte di boschi dove si nascondono ville spettacolari (ne parleremo sul numero di gennaio/febbraio 2019 di Motociclismo FUORIstrada).

Una molto nervosa, l'altra pacata

In città entrambe le moto vanno bene, per erogazione dei motori (non strappano neanche viaggiando con un filo di gas) e raggio di sterzo. La Benelli ha un angolo leggermente superiore, mentre la SWM è più svelta tra le auto. In autostrada entrambe consentono di coprire centinaia di km in poco tempo stando comodi, ma la Benelli è migliore perché vibra meno, ha la sella più comoda (anche per l’eventuale passeggero) e protegge meglio dall’aria. Si tengono agevolmente i 140 km/h indicati (cui corrispondono, più o meno, 130 km/h effettivi). Sulla Benelli, a 140 indicati, corrispondono ben 7.600 giri di strumento, contro i 6.000 della SWM. Nonostante giri in alto, a questa velocità la pesarese consuma leggermente di meno, 19,5 km/litro contro 18,9. Nelle tratte successive, misto asfalto/fuoristrada, la TRK arriverà a percorrere 24 km/litro, contro i 22 della Superdual. Gli ultimi 40 km di statale per arrivare a Radda si sono svolti di notte, per cui abbiamo apprezzato l’impianto luminoso della SWM, che ha un buon abbagliante abbinato a faretti supplementari di serie che permettono di illuminare meglio i primi metri davanti alla ruota, cosa utile in fuoristrada, dove si va piano e si scruta con molta attenzione il fondo. La Benelli fa un’ottima luce in rettilineo, ma non in curva. Già nelle Langhe avevamo avuto modo di conoscere le profonde differenze tra le due moto, sia su asfalto, sia in sterrato. La SWM sembra una motardona non solo in confronto alla sorella RS, ma anche alla Benelli. Questa, di per sé, è piacevole se la si lascia scorrere, senza cambiare bruscamente direzione, mantenendo sempre il motore ai medi regimi e contrastando la tendenza ad allargare. La posizione rialzata e l’erogazione fluida permettono di gustarsi il paesaggio.

Passando alla SWM, sulle prime si critica il nervosismo dello sterzo, poi si prende la mano e ci si rende conto che siamo su un altro pianeta. Non si prendono queste moto per fare le gare, chiaramente, ma è fisiologico essere più veloci con la moto brianzola, anche senza averne l’intenzione. Quanto al fuoristrada, verrebbe da pensare che la SWM massacri la Benelli, ma non è sempre così. La Superdual va decisamente meglio nella maggior parte delle situazioni, per i soliti motivi che abbiamo detto finora. Cioè, finché la sterrata è scorrevole non ci sono problemi con nessuna delle due. Hanno sospensioni morbide ed erogazioni fluide, ma il Classico alternava a sterrate facilissime tratti più enduristici, con enormi pozze fangose, salite ripide con ghiaia alta e una stupenda salita a gradini tondeggianti. Qui la Benelli non c’è piaciuta molto. Mentre la SWM trasmetteva sicurezza e tranquillità tipiche delle monocilindriche con DNA fuoristradistico, la TRK metteva a disagio, oltre ai motivi detti prima, a causa delle maggiori difficoltà nel toccare terra, del parabrezza che impone di guardare di lato e della forcella che va continuamente "a pacco": siamo caduti spesso con la TRK (senza rompere nulla, grazie ai tubi di protezione molto sporgenti, che vanta solo lei) e solo una volta con la SWM. Inoltre, quest'ultima ha più trazione (in entrambi i casi le moto erano dotate di gomme stradali Metzeler Tourance, senza tasselli) e un’erogazione molto più corposa ai bassi regimi. L'altra è dolcissima, ma le manca quella coppia che permette di affrontare certe salite, in fuoristrada, con un filo di gas, mantenendo un ottimo controllo della trazione, come invece è possibile con la Superdual, o con un’altra bicilindrica in linea a 360°, la BMW F 800 GS che, evidentemente, gode di quei 300 cc in più. Eppure ci sono delle situazioni in cui la bicilindrica pesarese ha la meglio. La prima riguarda la luce a terra, che è di 220 mm contro 180 mm. La SWM ha sospensioni con molta meno corsa, ma un motore più sviluppato in altezza. Quei 4 cm di differenza rispetto alla Benelli fan sì che, in alcuni passaggi, con la Superdual ci si pianti, mentre la pesarese passa. L’altro vantaggio a favore di questa è la frenata: non solo è più potente, ma ha anche un ABS molto meno invasivo (non si può escludere, davanti, su nessuna delle due). Inoltre, sulla SWM, il comodo tasto che permette di escludere l’ABS posteriormente ha smesso di funzionare.

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