“La Moto2? Buona palestra, insegna a far girare la moto con il gas”
Pecco Bagnaia ha coltivato come tanti campioni il suo talento di guida in Spagna e in Romagna. Prima nel CEV con Alzamora e poi al Ranch di Valentino. Si direbbe un percorso sportivo come tanti, nel mondo della moto, se non fosse che Pecco Bagnaia da Chivasso è il primo pilota piemontese vincitore di un Mondiale. Quanta fatica mettersi in luce, quanto sconforto quando i risultati non arrivavano, quanta pena lasciare casa ancora giovanissimo per inseguire un sogno tutto da costruire. Sacrifici ripagati: oggi Pecco Bagnaia è Campione del Mondo Moto2 (unico italiano titolato nel 2018) in attesa dell’avventura MotoGP 2019 in sella alla Ducati "ex Petrucci".
A che punto del campionato hai pensato la prima volta di poter diventare campione?
“Nella prima parte di campionato sicuramente ho pensato che avrei dovuto lottare, la consapevolezza di poterci riuscire è arrivata solo in Austria”.
Qual è stato il peggior momento della stagione?
“Non c’è stato mai un momento brutto in questa stagione, abbiamo sempre lavorato bene. A Barcellona e al Sachsenring abbiamo avuto un po’ di sfortuna e i miei rivali hanno recuperato un sacco di punti, ma non li definirei momenti difficili”.
E il momento migliore, a parte la vittoria del titolo?
“Sicuramente la Thailandia. In quella gara abbiamo dato un bel colpo al campionato, e da lì in avanti Oliveira ha perso un po’ di concentrazione”.
Differenza tra la tua e la sua moto?
“La Kalex ha un avantreno pazzesco, ma la KTM ha più trazione quando dai gas. Quello che noi guadagniamo in ingresso curva lo perdiamo in uscita e viceversa, quindi c’è un certo equilibrio fra le due moto, anche se dipende dalle piste”.
Essendo la Moto2 sprovvista di elettronica, stiamo parlando di trazione meccanica?
“Certo. Il nostro traction control è nel polso destro…”.
La MotoGP è infarcita di elettronica: credi che la Moto2 sia la palestra migliore prima di arrivare in top class?
“Ci sarà molto da lavorare per imparare a gestire quelle potenze, ma in ogni caso il bello della Moto2 è che ti insegna a far girare il retrotreno con il gas, che è quello che poi ti serve per la MotoGP, quindi tutto sommato è una buona palestra”.
Cosa ti ricordi del tuo primo test MotoGP con la Ducati nel 2016?
“Che mi aveva spaventato quanto frenasse, il carbonio fa una differenza incredibile in staccata”.
Quanto è merito di Bagnaia, quanto dell’Academy e quanto di Calex nel raggiungimento del titolo?
“Direi 40% io, 30% la Academy e 30% la moto e il team”.
Si dice che il compagno di squadra sia il primo degli avversari, ma voi dell’Academy sembrate diversi.
“Noi utilizziamo la nostra amicizia, che è autentica, per stimolarci a vicenda, per migliorare e crescere”.
La MotoGP è una categoria che concede poche altre possibilità a chi non fa risultati in fretta: che effetto ti fa?
“Bisogna crescere e imparare a piccoli passi e in tempi rapidi, ma sento di avere tutto il tempo che serve grazie a Ducati e al mio nuovo team”.