di Mario Ciaccia - 10 December 2018

Scimmiati per la Monkey

Sembra una moto senza senso, ma fa innamorare chiunque la guidi, qualsiasi gusto motociclistico abbia. Piccola, agile, divertente, incredibilmente parca nei consumi: una storia che dura da quasi 60 anni

Non siamo stupiti del fatto che Honda abbia ideato la Monkey, negli anni Sessanta. Era una moto giocattolo, molto raffinata, che si è evoluta come moto da barca o da camper, in un periodo in cui la moto pieghevole andava di moda. Ci stupisce che abbia continuato a farla fino ai giorni nostri, arrivando a presentarne una versione tutta nuova nel 2018, più grande ma pur sempre piccolissima, eppure non così tanto da poter finire nel baule di un’auto. Così com’è, adesso, sembrerebbe non avere senso. Ma allora… perché in redazione ce la litighiamo? Per chi scrive, il massimo sono le traversate di regioni selvagge in fuoristrada. Per il nostro direttore Federico Aliverti, invece, è girare in pista con una moto da duecento cavalli. Viviamo la moto in maniere opposte, eppure entrambi ci stiamo contendendo la Monkey per i nostri ritorni a casa. Non è solo piccola, è lenta, eppure io la giudico una delle moto più divertenti che abbia mai guidato. Una spiegazione può venire dal mondo delle biciclette: anche ne se possiedi una di alta gamma, da seimila euro, mountain-bike o corsa strada che sia, ammettilo: quando guidi una graziella, ti diverti. Entrambe, la graziella e la Monkey, hanno il fascino dell’immediatezza, della facilità, del non pensare a niente mentre le manovri, della lentezza che ti fa vivere meglio i posti mentre li attraversi e della rapidità nel cambiare direzione: mi è venuta la scimmia per la Monkey! Il piacere di guida deriva anche dall’elevata qualità con cui Honda ha confezionato questo gioiellino. Tutto è fluido, morbido, solido. Ti viene voglia di comprarne otto e andare a farci una vacanza di gruppo, con gli amici, dormendo dove capita e stando in giro due mesi. Ha una sella enorme e un serbatoio minuscolo, quando di solito è la prima ad essere più piccola del secondo...Più che una moto sembra una provocazione!

Eravamo preparati

In realtà eravamo sicuri che la moto ci sarebbe piaciuta, perché c’è un precedente, cioè la sorella Honda MSX, che negli Usa viene venduta col nome di Grom. Come motore, ciclistica, prestazioni siamo lì, a cambiare è l’estetica: quella è squadrata e prova a fare la moto normale, mentre la Monkey ci dà dentro con la fantasia. Nel 2013, quando la Grom è uscita, ci siamo fatti una risata: “Ma quanto è buffa, chi diavolo potrebbe comprarla?”. Abbiamo anche pensato che fosse lei, l’erede della Monkey, con un vestito sobrio. Nell’autunno del 2014, quando decidemmo di fare una 24 ore sulle Alpi in sella ad alcune 125 cc, nel gruppo mettemmo anche una MSX, tanto per ridere. C’era in programma la scalata notturna dello Stelvio e del Gavia e volevamo vedere come se la sarebbe cavata. Immaginavamo foto "flashate" di gente che spingeva la povera motina carente di ossigeno e cavalli. Invece la MSX ci lasciò di stucco. Il suo semplice monocilindrico ad aria, con due valvole e quattro marce, aveva un tiro ai bassi sorprendente per essere una 125 a quattro tempi. Forse era anche merito dello scarico con il collettore sottile e incredibilmente lungo (fa il giro dell’oca sotto al motore), ma in salita questa moto dava la birra alle altre 125 della 24 ore. Inoltre era sorprendentemente comoda, riusciva a trasportare un minimo di bagaglio, era divertentissima in curva, sufficientemente stabile in rettilineo, viaggiava senza problemi a 70 km/h e, insistendo col gas aperto e mettendosi "a uovo", arrivava ai 115 indicati. In più percorreva fino a 48 km con un litro di benzina, consumo pazzesco. La Monkey fa tutte queste cose, con tre miglioramenti – ha un’estetica simpaticissima, ha l’ABS anteriore, con piattaforma inerziale e consuma ancora meno: 55 km/litro nell’extraurbano con a bordo un pilota oversize – e un grosso peggioramento: la coppia di ammortizzatori posteriore è sottodimensionata persino per i 50 kg della nostra redattrice Paola Verani (va a pacco sui tombini e sugli avvallamenti asfaltati!) mentre, sulla Grom, c’è un mono ben sostenuto. Peccato che la "scimmia" sia cara: con 4.340 euro chiavi in mano supera di quasi 600 euro la MSX (che non ha la piattaforma IMU) e di 1.300 euro la stradale CB125F, che non ha l'ABS.

Non è la vecchia Monkey

Intanto è una 125 cc, mentre le precedenti erano da 50 cc. Poi ha le ruote da 12”, di sezione leggermente superiore a quelle della MSX e non ha nulla di ripiegabile. Il motore sembra quello di tante pit bike economiche cinesi… ed è vero: è la loro fonte di ispirazione primaria. Si tratta di un monocilindrico orizzontale a corsa lunga, semplicissimo, con testa monoalbero a due valvole e raffreddamento ad aria. Di moderno ha l’avviamento elettrico e l’alimentazione a iniezione elettronica. È lo stesso motore della MSX e del Super Cub, di recente presentato in versione rinnovata. Tiene appena un litro d’olio, dichiara poco meno di 10 CV a 7.000 giri ed è sorprendentemente piacevole da usare. Parte subito, è silenzioso ma ha un sound gradevole, cupo e profondo e, come dicevamo, nonostante le appena quattro marce ha un tiro ai bassi notevole per essere un 125 4T. Non bisogna sfrizionare ogni volta che si scende di giri e si vuole riprenderli senza scalare. Per questa prova è stato designato il sottoscritto, perché sono alto 1,84 m, peso 113 kg ed accentuo comicamente la sproporzione tra uomo e mezzo. Inoltre, come si evince dalla foto di apertura, mi sono prestato a fare finta di essere Bud Spencer in Altrimenti ci arrabbiamo, quando lui partecipa al duello cavalleresco in moto in sella a una Motozodiaco Tuareg 223, moto non proprio simile alla Monkey, ma qualcosa c’è, vero? Ebbene, nonostante io sembri un orso su una pit bike, in realtà quella moto non è così assurda come sembra e io ci ho coperto 300 km senza alcuna fatica. Guardate le misure: la sella è bassissima da terra, 778 mm, ma la distanza sella-pedane, per quanto ridotta, non è drammatica: 514 mm, contro i 487 del Benelli Leoncino, o i 450 mm della Yamaha Tricker. La sella è larghissima e molto imbottita, per cui si sta comodi per parecchie ore. I comandi sono tutti morbidi (la frizione sembra scollegata…) ma quelli a pedale hanno una qualità non all’altezza delle finiture della moto. L’avviamento è prontissimo. Il cambio ha la corsa lunga, bisogna accompagnare la leva col piede e non avere velleità da Doohan (era famoso, tra le altre cose, per la velocità con cui cambiava le marce), altrimenti si sfolla. Si inizia subito a guidare in città e si gode, letteralmente. Il top lo si raggiunge in mezzo agli ingorghi. Sembra di avere un angolo di sterzo infinito, in realtà non è così eclatante, ma l’interasse cortissimo della moto (un metro e sedici!) la fa girare in mezzo alle auto in un modo che potete solo sognarvi con qualsiasi altra moto o scooter. I freni sono potenti e l’ABS non è invasivo; la piattaforma inerziale IMU impedisce che la moto si ribalti in caso di staccata assassina. La strumentazione è tanto carina di notte (tutta a led, tonda, con soffusa luce blu) quanto illeggibile durante l’uso diurno: il numero che indica la velocità istantanea è bello grosso, ma è talmente poco contrastato che si capisce a fatica a quanto si sta andando. Le altre cifre, che sono piccole, vanno interpretate con la fantasia.

Consumi incredibili

Ho sempre considerato la mia Gilera Arcore 125 del 1979, con i suoi 38,4 km/litro un'estate sulla Via Emilia, una pietra miliare delle moto economiche e, fino ra, ho sempre fatto fatica a trovare moto così parche. La MSX, con il suo consumo medio di 43 km/litro con punte di 48, ci aveva lasciati di stucco ma Honda ha voluto annichilirci del tutto quando ci ha detto che, con la Monkey, la media generale è sui 67 km/l. Stiamo scherzando? Possibile? Non restava che provare. In città abbiamo fatto i 45 km/litro, che è un risultato eccezionale ma va detto: un po’ io peso tanto, un po’ l’ha usata Aliverti che non scende mai sotto i 25.000 giri, anche se la moto non supera i 7.000. Viene il dubbio che, con una coppia di ammortizzatori più robusta, si consumerebbe di meno. Non stiamo delirando: per non andare a fondo corsa, si continua a frenare e scalare marce di fronte a qualsiasi cosa - tombino, gobba di rallentamento, avvallamento - finendo per consumare di più. Paradossalmente, si va meno a pacco in sterrato perché, di base, si va molto più piano che su asfalto (20/30 km/h). Ma poi siamo andati fuori città, curiosi di verificare anche i consumi.

Certo, è una moto da città, però...

È fin troppo facile dire che la Monkey è una moto da città e basta, oppure che può prestarsi, al massimo, a qualche elaborazione estetica/meccanica. Viene relegata a moto prettamente cittadina perché è maneggevole, è lenta, non può andare in autostrada, non può caricare né i bagagli, né il passeggero (è omologata per uno: grosso difetto) e perché ha poca autonomia, avendo un serbatoio di sei litri. Ma perché, allora, quando l’ho provata fuori città mi sono divertito così tanto? Certo, il fatto che non si possa bagagliare è grave. Si riesce a mettere una borsa cilindrica dietro, ma ci sono pochi appigli. Oppure si va di zainone. Viene da sperare che rifacciano anche il fratellino Gorilla, altrettanto simpatico, ma con serbatoio grosso e doppio portapacchi. La meta iniziale è Como. Io vivo a Cisliano (MI) e devo percorrere 55 km, per arrivarci. La Monkey non può andare in autostrada: è il famoso limite delle 125! Quelli che, in autostrada, sono veloci e noiosi trasferimenti, qua diventano avventure in statale, con i paesini, i semafori, i sorpassi infiniti a gas aperto, gli errori, la necessità di orientarsi. Se non si ha fretta, è divertente viaggiare così. Anzi, per rendere la cosa ancora più divertente decido di non usare né mappa di carta né GPS, ma di orientarmi seguendo i cartelli indicatori: a seconda di ciò che leggo so se si trova sulla mia strada oppure no.

All’andata, però, c’è Marco Marini, il fotografo della prova, che mi aspetta a Como: lui ha preso l'autostrada, è arrivato troppo presto e mi informa della cosa con un messaggio su Whatsapp; questo fa evaporare il piacere dell’andare a spasso per la pianura, perché adesso mi devo sbrigare e mi sento soffocare, incastrato tra paesini e semafori. La fretta uccide le 125. Al ritorno, non avendo appuntamenti da rispettare, viaggiare leggendo i cartelli si rivela davvero divertente, anche quando mi ritrovo a Parabiago, che è fuori rotta. In queste condizioni, cioè ripartendo continuamente ai semafori, la motina ha un’accelerazione sufficiente a non farsi passare dalle auto e arriva ai 70 km/h abbastanza in fretta, come già faceva la MSX. Dopodiché aumenta lentamente ma inesorabilmente la sua velocità fino a superare i 100 indicati, ma ci vuole tanto spazio. Confrontata con la MSX, ha mezzo CV in meno alla ruota, per un peso a secco di 103 kg contro 98. Come velocità massima effettiva sono pari (103 km/h) e così in accelerazione (20"5 contro 20"8 per fare i 400 m da fermo), ma c’è un abisso a livello di ripresa: nei 400 m da 50 km/h, la MSX ha staccato un tempo di 18"1 mentre la Monkey, che a orecchio sembrava uguale, ce ne ha messi 22"6. Dai 70 km/h, però, sono quasi identiche. Ma la nuova consuma di meno. Tra Cisliano e Dongo, sempre con un pilota troppo pesante a bordo, percorre 55 km con un litro. Dopo Como risaliamo il lungolago sulla sponda ovest fino a Dongo e qui ci aspetta la salita mista asfalto/sterrato per il rifugio Il Giovo, a 1.700 m di quota. Al rientro a Milano, col buio, constatiamo quanto le luci siano efficaci in rettilineo, ma non in curva: è come se, piegando la moto per affrontare il tornante, il fascio luminoso venisse "affettato" da qualcosa nella parte esterna, per cui di colpo ci si trova al buio. Salendo, scendendo e tornando a Cisliano, la media è stata di 54 km/litro, nonostante la tratta sterrata. Fantastico. Lo ammetto, il dubbio che Aliverti me la soffi soltanto per spendere poco in benzina ce l’ho!

Il prezzo

La nuova Monkey 125 è già disponibile nel nostro Paese in due colorazioni: giallo "Banana Yellow/Ross White" e rosso "Pearl Nebula Red/Ross White". Il prezzo è di è 4.340 euro c.i.m.*

*:il prezzo “chiavi in mano” si ottiene aggiungendo al prezzo “franco concessionario” le spese per la messa in strada, che Motociclismo quantifica forfettariamente in 250 euro.

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