di Fabio Meloni - 03 December 2018

Sfida naked: 4 contro 3 (contro due)

Abbiamo messo a confronto la CB1000R+ con la Speed Triple RS e organizzato per ognuna una sfida ad hoc: la Honda mostrerà se ha qualità che vanno oltre le prestazioni contro la più comoda delle nude, la BMW R 1200 R; Triumph farà vedere di cos'è capace tra i cordoli in un testa a testa con l'Aprilia Tuono V4

La sfida

Nella categoria delle maxinaked tornano sulla scena due moto che definire grossi calibri è eufemistico: la Honda CB1000R+ e la Triumph Speed Triple RS. Dopo i rispettivi test è il momento del faccia a faccia, ma il peso specifico di questo duello è tale da meritare un approfondimento ulteriore. D’altra parte parliamo di nude che hanno mire persino più ambiziose dell’offrire una memorabile esperienza di guida su strada. La CB1000R raccoglie il testimone lasciato da una moto che mescolava con maestria unica nella categoria prestazioni e facilità di guida, e dovrà dimostrare di essere all’altezza della sua antenata; da parte sua, la Speed RS dovrà far vedere di avere un’attitudine alla pista che si sostanzia in qualcosa più della semplice presenza di sospensioni e freni da urlo. Il testa a testa è quindi solo una parte (sostanziosa) di ciò che aspetta le protagoniste, che avranno poi una sfida dedicata ognuna. Il confronto con la BMW R 1200 R, la maxinaked più eclettica del mercato, evidenzierà se e quanto Honda sarà riuscita a mescolare performance e buone maniere, mentre il duello su strada e tra i cordoli con l’icona dell’efficacia, l’Aprilia Tuono V4 RR, certificherà quanto sia credibile la Triumph nel ruolo di nuda strada-pista. Ma andiamo con ordine.

Siediti e ti dirò come sei

La CB1000R e la Speed RS sono nude di indole sportiva con lo stesso identico peso (201 kg a vuoto rilevati dal nostro centro prove), la stessa fenomenale efficacia in accelerazione (una frazione più di 3 secondi per andare da 0 a 100 km/h, 10,7” per percorrere 400 metri con partenza da fermo) e una potenza massima molto simile (129 CV alla ruota la Honda, 136 la Triumph); eppure non potrebbero essere più diverse, a partire dalla posizione che invitano ad assumere in sella - la quale, vista in un contesto più ampio, dice molto sul loro carattere. La CB ha un manubrio alto che porta a guidare con la schiena dritta e lo sguardo lontano, e tra le gambe è ben più snella di quanto ci si aspetterebbe da una quattro cilindri. Le sospensioni reagiscono al peso del pilota affondando in modo percettibile e le pedane sono posizionate in modo da lasciare un certo agio alle gambe. La voce del motore, al minimo, è civile ed educata, e lo sterzo si manovra col minimo sforzo. Un chiaro invito a guidare in modo spensierato. La Speed ha un manubrio più basso che porta ad assumere una posizione più… bellicosa. La schiena inclinata in avanti - pur, va detto, senza esagerazione - porta ad avere un maggior peso sui polsi e invita, naturalmente, a mantenere uno sguardo concentrato più sulle traiettorie che su altro. La posizione delle pedane parla di pieghe grintose e invita a guidare coi piedi “puntati” e il ginocchio fuori, e il serbatoio è una presenza ben più consistente rispetto a quanto accade sulla “jap”. Non tanto per la larghezza tra le gambe, superiore a quella della CB, ma non per questo sconveniente. Più per lo sviluppo in altezza e in larghezza nella parte superiore agli svasi per le ginocchia. Un altro inequivocabile indizio di sportività, perché va a vantaggio del contatto moto - pilota quando ci si sporge all’interno della traiettoria e si cercano appigli con coscia e braccio. La sella è ampia e confortevole, mentre le sospensioni accolgono con indifferenza il peso del pilota - una sensazione che conosce bene chi è abituato a moto fatte per andare davvero forte. Lo sterzo richiede un certo sforzo per essere manovrato da fermi, quasi sul cannotto di sterzo gravasse un peso tale da schiacciare la gomma sull’asfalto. Il tre cilindri prende vita con un ruggito cattivo che calamita l'attenzione delle persone che si trovano nei dintorni.

L'equilibrista

In movimento la CB conferma di avere come missione di vita quella di offrire il massimo del godimento col minimo dell’impegno. La sensazione è quella di una moto leggera - molto leggera - e dotata di un equilibrio innato, che indovina le intenzioni del pilota ancor più che assecondarle e chiede, come cenno per inclinarsi in curva o per rialzarsi da una piega, soltanto minime variazioni di pressione sulle sue estremità: manubrio, sella, pedane. Al resto pensa lei: a inclinarsi fluidamente e con prontezza, a disegnare una traiettoria azzeccata senza chiedere la minima azione sullo sterzo, a fornire in ogni istante una concreta sensazione di aderenza. Non c’è maxinaked più a suo agio in città; e non c’è maxinaked che riesca a mescolare, come lei, facilità ed efficacia. È quanto di più vicino esista all’ideale incrocio tra una KTM 690 Duke e una CBR1000RR. C’è quindi una grande reattività tra le curve: cambi di direzione immediati, rapidi ingressi in curva. E anche una godibilissima efficacia nel disegnare traiettorie strette. Diversamente da quanto accade con molte moto sportive, la CB - forse per la distribuzione del peso leggermente sbilanciata verso l’asse posteriore, forse per il baricentro basso, forse per il posizionamento del pilota rispetto al corpo della moto - sembra poter contare, nella fase di inserimento in curva, su di una grande quantità di carico sul retrotreno, cosa che permette di sfruttare maggiormente (e con effetti positivi) il freno posteriore.

Tutti sappiamo quanto sia importante per controllare la traiettoria in inserimento e percorrenza; così come sappiamo che, più incliniamo la moto, meno potremo fare affidamento sul suo supporto. Con lei, questo accade in misura minore. Il freno posteriore offre un grande contributo alla frenata a moto dritta - cosa che, peraltro, permette di limitare i trasferimenti di carico, ovvero il beccheggio - e può essere utilizzato senza complimenti anche in curva, offrendo al pilota una possibilità quasi “supermotardesca” di improvvisare le traiettorie, gradevolissima nello stretto. La CB mantiene un buon equilibrio anche al crescere della velocità - e per “crescere della velocità” intendiamo quei curvoni che fai col ginocchio in fuori, in quarta, col motore nella zona alta del contagiri: sterzo neutro, buona precisione nel mantenere la traiettoria. È tuttavia abbastanza chiaro che il meglio di sé lo dia a velocità più ragionevoli e su percorsi tortuosi. Per inciso, l’ultima cosa che ci viene in mente è di fargliene una colpa. Ci limitiamo a osservare che oltre alla posizione di guida più rilassata che aggressiva di cui abbiamo detto, le sospensioni hanno una taratura di compromesso tra comfort, maneggevolezza e precisione, e le Bridgestone S21 di primo equipaggiamento non si fanno notare per una spiccata sensazione di grip.

Ma anche al netto di questi aspetti, resta pur sempre tra le maxinaked più efficaci sul mercato. Una moto molto veloce, insomma. Molto. Il motore non è muscoloso come il quattro-in-linea della BMW S 1000 R o quello della Yamaha MT-10 ma, d’altra parte, dire che la cosa sia motivo di delusione alla guida sarebbe come affermare che una Porsche 911 Turbo abbia prestazioni modeste su strada perché inferiori a quelle di una 911 GT2 RS. In verità troviamo che abbia le carte in regola per soddisfare qualunque aspettativa. Permette per esempio di viaggiare in sesta sotto i 40 km/h e di riprendere velocità con decisione. Ha, ai medi, una spinta sufficiente a tenere un buon passo. E nella zona alta del contagiri ha né più né meno quello che ci si aspetta da un “millone” da 130 CV alla ruota: un sound rabbioso e soprattutto un’accelerazione formidabile. Quel tipo di grinta che ti obbliga a stringere con forza la moto, che trasforma tutto ciò che hai attorno in confuse macchie di colore e che ti fa apprezzare come non mai, al momento di frenare, la presenza di un impianto potente e correttamente modulabile quale è quello della CB. A tutto questo bisogna aggiungere un cambio elettronico bidirezionale ben funzionante: una ciliegia rossa candita posata con cura su un’invitante torta di morbida panna.

Sportiva DOC

La Triumph non ha, nello stretto, il guizzo della Honda, a dimostrazione di come il peso di una moto influenzi solo in parte il suo comportamento. Per compiere qualunque azione bisogna vincere una forza di inerzia (poco) più intensa, che si tratti di iniziare una piega o di cambiare direzione. Va detto che la postura in sella invita a muoversi sulla moto come si farebbe con una sportiva, inclinando il busto verso l’interno della traiettoria e spostando il sedere da un lato all’altro della sella per velocizzare i movimenti. Così facendo si riesce a tenere il passo felino della quattro-inlinea jap, anche se al prezzo di un maggior impegno fisico - e di una certa invidia verso il suo rilassatissimo pilota. Basta però che le curve si facciano un po’ più ampie perché la situazione cambi. Emerge che la sua oleosa fluidità nei movimenti è sintomo di una ciclistica meravigliosamente stabile. La Speed ha quel tipo di seducente precisione che ti porta a insistere in pieghe decise e velocità di percorrenza più affini a una road race, che a una… road e basta. Non parliamo soltanto di una concreta sensazione di sicurezza, ma di una moto che, nei fatti, è all’altezza di andature (per un contesto stradale) folli.

Le Supercorsa SP, più che correre sull’asfalto, sembrano incollarsi al suolo come quelle manine di gomma che si trovavano anni fa nei pacchetti di patatine fritte; e sospensioni e freni sono impeccabili. Mentre lo scriviamo vorremmo lo pronunciaste con questa enfasi: im-pec-ca-bili. Da parte sua, il tre cilindri non dimostra particolare impegno nel tentativo di riportare il pilota a più miti consigli. Macché. È anzi quanto di più esaltante potrebbe mai capitarvi sotto mano. Nel contesto di una guida… spigliata, conquista con medi regimi straripanti di coppia, che nulla hanno da invidiare a quelli di una bicilindrica. La sensazione di spinta è proprio quella: immediata, poderosa - ma senza le profonde vibrazioni a bassa frequenza. In generale piace qualunque sia il modo in cui viene utilizzato. Dà soddisfazioni andando a spasso, con bassi regimi energici e una fluidità di erogazione paragonabile a quella di un quattro cilindri, almeno quanto riesce a far battere il cuore del più incallito degli smanettoni nella parte alta del contagiri, dove un urlo roco e profondo si mescola a una forza assoluta.

Portami fuori

Il fatto che una moto tanto sportiva non spicchi per il comfort probabilmente non sorprenderà, ma bisogna riconoscere alla Speed una certa, concreta attenzione nei confronti del pilota. Le buche si sentono più che sulla CB e il carico sui polsi, alla lunga, un po’ li indolenzisce; è anche indubbio che in città arrivi più calore alle gambe e che si sia meno agili in manovra, per lo sterzo - come detto - più "pesante" e per il raggio di sterzata maggiore. D’altra parte, almeno nel contesto di una classica giornata (o di un classico week-end, quale è stato il nostro) tra le curve, sono difetti che hanno un’importanza relativa. Ben più consistente, invece, è l’impatto positivo di una sella davvero comoda, di vibrazioni fievoli a qualunque regime e del cruise control, utile soprattutto in autostrada.

Honda vs BMW: comfort e prestazioni

Pur forte di un bicilindrico da 125 CV e 124 Nm all’albero, capace di lanciarla da 0 a 100 km/h in 3,5” e di farle raggiungere i 230 km/h (dati rilevati), la R 1200 R non ha mai fatto delle prestazioni il suo punto di forza, preferendo attestarsi, tra le nude di grande cilindrata, come la più adatta a viaggiare e la più comoda (e pratica) nell’utilizzo di tutti i giorni. Nella comparativa di cui abbiamo parlato nella prima parte dell'articolo, la CB1000R, da buona Honda, aveva ben figurato proprio per la disponibilità ad adattarsi alle varie situazioni, col plus di una grande maneggevolezza e di un motore dall’erogazione entusiasmante. Inevitabile quindi chiedersi se anche la nuova versione sia qualcosa più di una moto velocissima. La si può considerare come una valida, attraente alternativa alla bicilindrica BMW, immaginando un utilizzo che non sia soltanto la sparata domenicale? Per molti versi, sì. La ciclistica è equilibrata tanto quanto quella della R 1200 R, col vantaggio di un peso molto inferiore (201 kg contro 224) e di una maneggevolezza nemmeno paragonabile. Mettiamo nel bilancio anche una frizione “morbida” e ben modulabile e un ottimo raggio di sterzata ed ecco che nel traffico la CB sfugge alla R 1200 R quasi fosse un SH300 alle prese con un C 650 Sport. Inoltre le sospensioni garantiscono un buon comfort.

Non si viaggia sul velluto come con le unità semiattive tedesche, ma nemmeno ci si sente fuori luogo su pavé e rotaie del tram. La posizione di guida è persino migliore, sia tra le curve, sia in vista di una lunga giornata di guida. Sulla BMW il manubrio è stranamente lontano dalla sella (quasi che la triangolazione fosse disegnata su piloti molto alti e robusti), mentre sulla Honda lo si trova esattamente dove lo si vuole, a vantaggio tanto del feeling quanto del comfort. La nuda tedesca, tuttavia, resta un punto di riferimento in ottica turistica. Difficile fare una colpa alla CB1000R per la protezione aerodinamica da… naked (semmai è sorprendente come la R 1200 R, pur senza carenatura, riesca a offrire un così buon riparo), mentre è innegabile che da lei ci si sarebbe potuti aspettare di meglio in termini di “schiena” e vibrazioni. Nulla, intendiamoci, che incida in modo significativo sul divertimento di guida e sul comfort. Parliamo di una moto sempre grintosa che a velocità autostradale (o comunque da metà contagiri in avanti) vibra in modo avvertibile ma sopportabile. È però un dato di fatto che la “vecchia” CB1000R avesse un motore più robusto ai bassi e ai medi. La versione 2018 ha guadagnato ben 20 CV (141,8 all’albero contro 122,1), ma tra 3.000 e 6.000 giri/min ha uno svantaggio di coppia che va da 1 kgm a 1,5 kgm (non poco). L’effetto è che ha un’accelerazione migliore (10,7” sui 400 metri contro 11”), ma peggiora in ripresa nonostante i rapporti più corti e il peso inferiore di 6 kg (12,3” sui 400 metri contro 11,9”).

Triumph vs Aprilia: una è fast, l'altra furious

Da che mondo è mondo - e da che… Tuono è Tuono -, quando ci si interroga su quale sia la miglior moto per divertirsi su strada e andare forte in pista, si finisce inevitabilmente per tirare in ballo lei, la sorella scarenata della supersportiva di Noale. Non per questo i Costruttori concorrenti di Aprilia restano con le mani in mano, sfornando proposte sempre più performanti. Pensiamo per esempio alla velocissima BMW S 1000 R, capace di arrivare a soli 7 decimi di secondo dal best lap della Tuono V4 Factory al Cremona Circuit (Motociclismo 08/2016), alla mostruosa KTM 1290 Super Duke R e ai suoi 173,5 CV e 146 Nm all’albero, o alla super equilibrata Yamaha MT-10 SP, seconda classificata nella comparativa del 2017 (su Motociclismo di novembre). L'ultima arrivata tra le nude che promettono grande efficacia su strada e tra i cordoli è la Speed RS, per cui, oggi, è lei ad avere la chance di impensierire Sua Maestà Aprilia. Iniziamo subito col dire che, obiettivamente, crediamo abbia ben poco da invidiare alla nuda italiana, su strada. La ciclistica è davvero un riferimento per precisione, e il motore, nel confronto col fenomenale V4, non sfigura. Rispetto all’unità della “vecchia” Speed RS, il tre cilindri ha fatto un passo avanti consistente, con la potenza massima all’albero che passa da 133,3 a 150,0 CV e la coppia cha sale da 109,7 Nm a 116,1 Nm. Grazie anche al peso minore (201,5 kg contro 209,2 kg), ora la Speed raggiunge i 400 metri con partenza da fermo in 10,7” contro i precedenti 11,1” e migliora nella ripresa (in sesta da 50 km/h su 400 metri) fermando il cronometro su 11,7” invece che 12,1”. Migliora anche la velocità massima: da 243 km/h a 250 km/h.

La Tuono V4 RR pesa 203,4 kg, copre i 400 metri in 10,5”, fa segnare 11,3” in ripresa e raggiunge i 263 km/h di velocità massima. Parliamo insomma di valori vicini, che nei fatti si traducono in una Speed che impenna senza fatica pure in terza, che in uscita di curva non vi farà mai e poi mai sentire la necessità di… qualcosa in più, e che ha una “voce” tanto bella da non far rimpiangere quella, strepitosa, della nuda italiana. Non stiamo dicendo che sia veloce come la Tuono: in una gara in salita - ma anche in una gara in pianura, o in discesa - l’Aprilia vincerebbe senza problemi. Quello che vogliamo sia chiaro è che per arrivare a sfruttare quel tanto di efficacia in più che ha (data da un motore ancora più veloce e da una ciclistica ancora più sportiva) bisogna guidare in modo sconsiderato. Ad andature anche molto... decise, la Speed è una moto fantastica. E più comoda della Tuono. Avrete intuito che la supremazia in pista della bestia di Noale non è in discussione. D’altra parte parliamo di una moto (strettamente) derivata da una tra le supersportive più efficaci di sempre a confronto con una nuda progettata per la strada - che fa del suo meglio per andare forte tra i cordoli. Semplicemente, la Tuono è più veloce in rettilineo (la differenza in accelerazione si fa tanto più marcata quanto più la velocità cresce), più rapida a scendere in piega e ad andare alla corda, più abile nel disegnare traiettorie efficaci; che ha una posizione di guida perfetta per "spingere" e che è dotata di un’elettronica più performante. Al Cremona Circuit questo vale una differenza di quasi 3” al giro, senza nemmeno aver scomodato la versione top di gamma, la Factory.

Se però spostiamo l’attenzione sul gusto di guida - ovvero sull’avere o meno quella splendida sensazione di aver trascorso una giornata impegnativa e soddisfacente quando, la sera, si torna a casa al volante del furgone, stanchi e sudati - la differenza tra le due si assottiglia. Perché il fatto che la Speed sia bella da guidare, non si discute. Fondamentalmente, tutto funziona nel modo giusto: l’avantreno è sempre preciso e “solido”, e a una stabilità rassicurante anche agli angoli di piega accentuati si somma una piacevole rapidità nei cambi di direzione repentini. Il motore, poi, spinge forte; abbastanza da avere la meglio sulle “seicento” carenate, per capirci. L'aspetto migliore è che le sue reazioni restano misurate e coerenti anche quando spingi più che puoi. Il merito, oltre che alla ciclistica “sana” e ben bilanciata è, da un lato, di sospensioni e freni superlativi (si può forzare in qualunque situazione avendo sempre un ottimo feeling e un assetto che resta ben controllato) e dall’altro di una risposta al gas dolce che permettere di accelerare già dal punto di corda. Il controllo di trazione è meno permissivo ed elastico rispetto a quello (super regolabile) di Aprilia, ma perlomeno è pronto a intervenire all’occorrenza. Nell’ambito del divertimento “pistaiolo”, la Speed ha due soli limiti: una posizione di guida migliorabile (il manubrio è troppo vicino al busto e porta a guidare un po’ rannicchiati e a muoversi in modo un po’ innaturale, ovvero a fare più fatica del dovuto) e l’assenza del cambio elettronico bidirezionale. Se non altro, a questo si può porre facilmente rimedio: Triumph lo offre come optional a 370 euro.

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