Prova Comparativa: tre gradi di elaborazione della Honda CBR600RR
VERSIONE STANDARD
Abbiamo confrontato sul circuito di Monza tre declinazioni della Honda
CBR600RR: in versione standard, da trofeo (impegnata nella CBR600RR CUP)
e da Supersport (campionessa europea SS 2007). Come vanno e quanto costano?
La risposta è un “gioco al raddoppio”. La CBR preparata da SS costa
il
doppio (50.000 euro) di quella da trofeo (25.000 euro), che a sua volta
costa oltre due volte quella standard (11.965 euro). Inutile dire che le
prestazioni di queste moto sono proporzionali al loro prezzo.
VERSIONE STANDARD La CBR di serie con cui facciamo la prova non è
dotata
del C-ABS. È una moto già molto performante: la si può utilizzare con
soddisfazione
in pista senza alcuna modifica (a parte le gomme, ovvio). Nelle varianti
del circuito brianzolo emergono le doti di maneggevolezza che sono il punto
di forza di questa moto, e più in generale della famiglia CBR. In inserimento
e nei cambi di direzione sembra di guidare una 250. Buona anche la frenata,
potente e modulabile, anche se dopo alcuni giri la corsa della leva aumenta
un po’. Nelle staccate più violente, la forcella affonda abbastanza
velocemente
e, come il “mono”, necessiterebbe di un maggior sostegno per
spingere
davvero, nonostante le diverse regolazioni possibili. Nei curvoni veloci
l’ammortizzatore posteriore tende a sedersi, innescando un leggero
ondeggiamento.
Il motore ha un’erogazione molto lineare, ma la potenza massima non è
da record di categoria. In sesta, con i rapporti originali, non siamo riusciti
a superare i 14.800 giri sul rettilineo principale.
VERSIONE TROFEO
VERSIONE TROFEO Sulla versione
Trofeo, appena messa in moto il suono dello scarico racing fa già la differenza.
In sella notiamo subito la seduta più alta di 6-7 cm rispetto
all’originale,
che permette al pilota di spingere agevolmente sulle pedane, che sono più
alte e arretrate per consentire una luce a terra adatta alle corse; i manubri
sono simili agli originali, per altezza e inclinazione. Acceleriamo fuori
dalla pit-lane in seconda, e la ruota anteriore tende a staccarsi da terra:
si avverte immediatamente la potenza (e quindi l’accelerazione) maggiore
rispetto alla CBR standard, ma l’erogazione, ai bassi e medi regimi,
rimane
lineare. La ciclistica cambia in modo notevole: le cartucce forcella e
il mono, entrambi Mupo, la rendono molto più stabile e precisa… ma
ovviamente
inguidabile su strada. Si riesce a frenare all’ultimo senza scomporre
la moto e, soprattutto, il feeling con la gomma anteriore aumenta moltissimo:
diventa possibile tenere il freno tirato fino a quando la moto è già ben
piegata. La percorrenza di curva è più rapida rispetto alla moto originale,
infatti, con queste sospensioni, si entra più spediti senza che la moto
tenda ad allargare la traiettoria. Poi, in uscita di curva si apre il gas
molto prima e, più si ruota la manopola, più si nota che la moto tende
a raddrizzarsi dalla piega, permettendo così di accelerare ancora maggiormente,
senza correre il rischio di far scivolare la ruota posteriore. La frenata
non risente di nessun affaticamento neppure dopo molti giri: rimane sempre
potente e modulabile. Le doti di maneggevolezza, oltre che dalla ciclistica,
sono esaltate dal minor peso. Senza fari, frecce, carene, scarico originali,
ecc, la moto perde oltre 12 kg.
SUPERSPORT
SUPERSPORT Con la Supersport
il nostro tester Guglielmo Tarizzo ha vinto il Campionato Europeo nel 2007.
Due “sgasate” in folle che fanno schizzare velocemente il contagiri
verso
l’alto bastano per capire che si tratta di un motore completamente diverso
dai precedenti. Il regolamento Supersport permette ai preparatori di spremere
molto di più il cuore della Honda, rispetto a quanto consentito dalla CBR600RR
CUP, piuttosto limitativa, come la classe Stock del mondiale (STK600).
La posizione di guida, per la triangolazione sella-pedane-manubrio, è simile
a quella della Trofeo. La prima marcia molto lunga rende difficoltoso lo
spunto da fermo. Ma una volta fuori dalla pit-lane, non basta la rapportatura
distesa a tenere a bada un’esagerazione di CV: la ruota anteriore si
stacca
da terra in prima e in seconda, per poi sfiorare l’asfalto in terza.
L’inserimento
nella prima variante è rapido, efficace. Come precisione in ingresso e
percorrenza ricorda da vicino la versione da trofeo, infatti le due moto
montano le stesse sospensioni Mupo. Nel cambio di inclinazione però il
minor peso (162,2 kg contro 171,2) aumenta ancora la rapidità
dell’operazione.
In uscita di curva l’accelerazione è nettamente superiore, e di
conseguenza
bisogna utilizzare il gas con più attenzione perché è più facile far perdere
aderenza al posteriore. La rapportatura tipicamente “pistaiola”
(prima
lunga, le altre ravvicinate) ci permette di percorrere la variante dopo
il rettilineo principale in prima, riuscendo così ad uscire col motore
in tiro, senza riscontrare i problemi delle versioni precedenti (prima
troppo corta, seconda troppo lunga). A ogni cambiata, sempre rapidissima
grazie al cambio elettronico, il motore perde pochissime centinaia di giri,
e il regime ideale (15.800 giri, limitatore a 16.300 giri) è indicato da
un flash integrato nella strumentazione digitale IM molto ben visibile
in qualsiasi posizione il pilota si trovi. Nell’erogazione, rispetto ai
precedenti, sotto i 5.000 giri il motore è molto pigro, quasi al limite
dell’utilizzo. Dai 5.000 ai 9.000 spinge bene, anche se a sensazione non
come la “CUP”. È oltre questo regime che cambia passo: la spinta
diventa
rabbiosa, molto più simile a quella di un motore di 750 cc. Con la rapportatura
della sesta identica alla Trofeo, la Supersport raggiunge il limitatore
prima della fine del rettilineo, nonostante il taglio dell’accensione
arrivi 800 giri più in alto.