Prova comparativa custom entry level
LE PROTAGONISTE
LE PROTAGONISTE Abbiamo messo a confronto Harley-Davidson 883 Iron,
Kawasaki VN900 e Yamaha Midnight Star 950, tre custom con cui ci siamo
diretti da Milano verso il mare. Sono tre entry-level nel mondo custom
e cruiser. La 883 è l’icona e la più venduta del segmento: 8.500 euro
con sella monoposto, pieno di benzina e l’iscrizione gratuita per un anno
all’H.O.G. (Harley Owners Group). La VN900 la tallona da vicino: nella
classifica delle più vendute della categoria è al secondo posto e costa
8.390 euro. La Midnight Star (9.390 euro) è la novità. Chissà se riuscirà
ad insidiare il primato delle altre due. Sul lungomare, con le loro cromature
scintillanti tirate a lucido, erano ammiratissime. L’Harley, con il motore
tutto nero, il serbatoio e i parafanghi opachi, mette ancora più in risalto
i dettagli cromati. Delle tre è la più aggressiva, così semplice e compatta.
La VN900 Special. È la più custom del gruppo, con la sua gomma anteriore
smilza montata su un cerchio da 21”. Peccato solo per il manubrio: foggia
e finitura appaiono un po’ povere rispetto alle altre due moto. La Yamaha
è una cruiser vera: con quella sella che sembra una poltrona e le forme
abbondanti, è elegante, curata in tanti particolari (i riser e la
strumentazione,
ad esempio, sono proprio belli). Certi componenti, come la pompa del freno
posteriore con serbatoio separato, sono disordinati, ma nel complesso la
linea è proprio azzeccata.
IN CITTÀ
IN CITTÀ Manovrare da fermi queste moto non è un gran problema: le
selle sono basse e si tocca facilmente a terra. Ma l’interasse,
soprattutto
di Kawasaki e Yamaha, non si può certo dire contenuto: nel traffico la
Harley, con quote ciclistiche più compatte, si prende qualche vantaggio.
Salvo poi far soffrire per le sospensioni dall’escursione ridotta al
minimo
(e la sella dura) che fanno sentire tutti i tombini e il pavé nella schiena.
Per non parlare del calore che emana il motore. Tutte e tre scaldano parecchio
nella marcia in città, ma l’americana è quella che “cuoce”
più di tutte
le cosce: il cilindro posteriore è a pochi centimetri dalla sella e
d’estate
non c’è scampo.
IN AUTOSTRADA
IN AUTOSTRADA L’aria che lambisce le alette di raffreddamento
riporta
la temperatura a livelli accettabili. Anche le vibrazioni, incise nel DNA
di ogni custom che si rispetti sono un aspetto quasi sconosciuto a queste
moto. Si manifestano appena oltre i 130 km/h indicati alle pedane (Harley
e Yamaha) e alla sella (Kawasaki), ma sempre in maniera poco fastidiosa.
Viaggiare a questa velocità però diventa affaticante dopo molti chilometri
per la totale assenza di riparo aerodinamico. La posizione in sella della
Harley, più simile a quella di una naked, con le pedane arretrate e il
manubrio più stretto, aiuta a contrastare la pressione dell’aria sul
petto.
La Yamaha, con il manubrio assai largo e vicino contribuisce all’opposto
ad aumentare l’effetto vela. In più il serbatoio, molto ampio, è difficile
da stringere tra le ginocchia, ragione per cui anche le gambe si stancano
presto, investite come sono dall’aria della corsa. Un po’ meglio, ma
non molto, in sella alla Kawsaki, il cui serbatoio a goccia è un po’ più
ospitale per le gambe, ma le pedane molto avanzate non sono l’ideale per
i lunghi tragitti. Le braccia invece sono abbastanza distese ad agguantare
le manopole: in autostrada non si soffre troppo.
NEI PERCORSI EXTRAURBANI
NEI PERCORSI EXTRAURBANI Lasciata l’autostrada, iniziano le
curve.
Le pedane troppo basse della Yamaha strisciano e scintillano ad ogni piega.
La custom di Iwata resta indietro: lunga e pesante (più di tutte con 267
kg a secco), richiede impegno quando la strada gira stretta. Dove la curva
è più ampia, invece, fila via dolce, se si scelgono traiettorie morbide.
In discesa i freni si comportano egregiamente e non mostrano segni di
affaticamento,
sufficientemente potenti e assai modulabili. La forcella scorre bene e
sostiene discretamente, così come la sospensione posteriore. Un poco più
rigide (soprattutto il posteriore), ma non secche come quelle di Harley,
le sospensioni della Kawasaki, che sfoggia un ottimo impianto frenante:
il disco singolo anteriore è più che sufficiente per arrestarsi in poco
spazio. Il posteriore arriva anche a bloccare, se adeguatamente sollecitato.
Sottotono invece la frenata della 883, che accusa, dopo ripetute pinzate
in discesa, segni di affaticamento con la leva che allunga parecchio la
sua corsa. Tuttavia nel misto, le quote relativamente agili consentono
alla americana di lasciarsi alle spalle le concorrenti senza troppo impegno.
Quando la strada si distende la 950 fa valere la maggior cubatura, con
l’erogazione che è la più corposa sin dai più bassi regimi, pur parlando
sempre di potenze piuttosto limitate. Oltre due quintali e mezzo non sono
affatto pochi da portare a spasso, ma la schiena vigorosa del bicilindrico
di Iwata fa affrontare anche i tratti più guidati e tortuosi con un filo
di gas senza usare troppo il cambio.