a cura della redazione - 24 January 2017

Born in the USA

Prova Kawasaki KX250F 2017: siamo volati in California dove è stata sviluppata la nuova verdona da cross. Abbiamo messo alla frusta la MX2 di Akashi, trovandola migliorata sotto tutti gli aspetti; pur restando fedele alle sue conosciute caratteristiche

l'abbiamo... battezzata noi

Leggera, potente, stretta, filante

La prima verde che vedo in California è quella di Stewart; la KX250F con la quale disputò una sola gara del campionato National 2004 (a Glen Helen), stravincendola. La prima 250 4T marchiata Kawasaki era prodotta in collaborazione con Suzuki. Una storia lunga e piena di successi, quella della KX250F, che continua ancora oggi come testimoniano i risultati di Joe Savatgy nel National 2016. Una storia che lega le moto di Akashi al marchio Pro Circuit, che da diversi anni gestisce e sviluppa direttamente negli USA le KX-F. Una collaborazione che ha portato tanti titoli e uno sviluppo importante per il nostro settore. "La moto che costruisce i campioni", questo il motto Kawasaki, che fa capire quale cruciale importanza rivestano le piccole cilindrate. Ora manca solo una 125 per poter permettere ad un pilota di crescere nel segno delle verdone dalla 85 fino alla 450 cc. In USA la Kawasaki KX250F è la moto più di successo della sua categoria nell’ultima decade: questo è un dato significativo riguardo il suo potenziale. Per migliorare ancora Kawasaki presenta una 250 più leggera e potente, sulla scia della 450 (mostrata l’anno scorso), con cui condivide gran parte della ciclistica. La KX-F si presenta con una nuova ergonomia, è più stretta e filante, studiata per creare la miglior interazione possibile tra uomo e moto. Ma sono numerose anche le altre modifiche. 

Propulsore ottimizzato

Elettronica

Ciclistica

È stata ottimizzata la rigidità del telaio, ridotto l’ingombro (6 mm più stretto) e si è lavorato per ottenere un miglior feeling sull’anteriore. La forcella è la Showa SFF Type 2 con steli da 48 mm di diametro e molla sulla destra (precarico esterno) mentre l'idraulica che controlla l'ammortizzamento è nella parte sinistra. In generale è stata rivista la taratura e il trattamento dei materiali per ottenere una miglior progressione di funzionamento e in generale un superiore comfort nella guida. Anche il monoammortizzatore è Showa, rivisto ovviamente nella taratura, che lavora in combinazione con un nuovo forcellone e un ridisegnato leveraggio che permette una diversa progressione di lavoro. Sopra tutto abbiamo una ergonomia completamente ridisegnata rispetto al passato e studiata per facilitare al massimo la guida. Ricalca le forme già usate per la 450: bella alla vista e perfetta nel feeling. La moto risulta più stretta tra le gambe, nella parte centrale e anche come ingombro frontale. Le superfici di contatto con le gambe del pilota sono continue e ben realizzate per offrire sempre il massimo controllo. Il piano di seduta è ora più rettilineo grazie all’abbassamento delle estremità, soprattutto quella anteriore. Rimane la possibilità, importante, di adattare la triangolatura sella-pedane-manubrio, tramite diversi fori di fissaggio delle staffe portapedane e vari ancoraggi del manubrio prodotto da Renthal (piega 971). Il sistema di launch control è attivabile tramite un pulsante al manubrio: interviene sul motore ritardando il timing dell’iniezione, permettendo così di mantenere una linea più precisa quando il grip è sfavorevole. Lavora in prima e seconda marcia, ma si disattiva inserendo il terzo rapporto. Capitolo freni: il disco flottante anteriore marchiato Braking da 270 mm di diametro è la prima novità che ho notato sulla KX 250F 2017. Le gomme Dunlop, MX3S, marchiate ancora 32, con posteriore da 100/90 completano la dotazione di serie.

Bella da far frullare

Io ce l’avevo la prima KX250F, nel 2004 e devo dire che qualcosa è rimasto; qualcosa che ha a che fare proprio con la filosofia Kawa: un motore esplosivo e la sensazione di grande sicurezza sul posteriore che la moto sa trasmettere. In generale si può dire che è una moto che non ha paura degli smanettoni, delle buche, dei canali e della velocità. Una moto che trasmette al pilota tutto il suo potenziale, creato attingendo direttamente al reparto corse. Per questo ci hanno portato a Zaca Station a provarla. La location è di quelle non solo “giuste”, ma da favola. Una pista meno conosciuta di quelle del circus del National, privata, dove non ci si corre, ma ideale per i test a porte chiuse e per godersi veramente il motocross: roba da pelo dritto. Terreno sabbioso, tracciato che si sviluppa su diversi livelli, molto veloce; il meglio possibile. Kawasaki, poi, ci mette a disposizione una moto a testa e un meccanico ufficiale dedicato: mi sembra un sogno. Iniziamo a fare foto su un tratto pianeggiante, con appoggi che legano molto e salti semplici. Accidenti che motore! Potente e brillante, davvero un pronto gara. Sale di giri in un attimo, anzi esplode e fa un rumore che fa venire i capelli dritti. Anche troppo, ma ci dicono che queste moto montano lo scarico americano e che quello europeo sarà leggermente diverso e meno rumoroso. Meglio, perché così sembra una moto da supercross. Sembra come quando si toglie il db killer da uno scarico non di serie: il motore esplode, ma si svuota subito e, infatti, spesso mi trovo a decidere se impiccare la marcia o provare a metterne un’altra, col rischio di non agganciarla bene. Mi chiedo se terrebbe una marcia in più per non doverla innestare subito dopo il centro curva. Non trovo una soluzione e provo a farmi cambiare lo spinotto che determina la mappatura di accensione-iniezione. Provo quello nero (indicato per i terreni con poco grip), ma non mi trovo meglio. Provo allora a far mappare quella standard e trovo un compromesso migliore, ma cerco ancora più spinta a metà e con quello bianco (che tira fuori il massimo della potenza) trovo il giusto compromesso per la mia guida e la pista. Riesco ad usare una marcia in più sempre (la terza) e con un filo di frizione riesco a guidare molto più pulito e fluido, senza far urlare il motore. Sicuramente su questa pista il volano più pesante (optional a catalogo) renderebbe la moto perfetta. Ora apprezzo anche la buona spaziatura dei rapporti del cambio. 

"Mi sono divertito!"

La posizione di guida è ottima, le sovrastrutture perfette per ergonomia e la triangolatura sella-pedane-manubrio è buona. Per renderla più adatta alla mia guida arretro leggermente il manubrio, che mi sembrava alto e stretto al primo impatto. Dopo qualche giro controlliamo insieme al meccanico l’abbassamento della sospensione posteriore col pilota a bordo. Togliamo due giri di precarico della molla dell'ammortizzatore per trovare i 100 circa e riprovandola mi trovo molto più a mio agio. La moto si guida benissimo sul posteriore e il comfort è aumentato sensibilmente. Chiudo leggermente la forza di compressione e trovo il miglior compromesso possibile. Il feeling con l’anteriore, nonostante le ultime modifiche, non è ancora immediato; si ha la sensazione di avere la ruota davanti lontana e ho dovuto fare alcuni aggiustamenti per trovare il giusto bilanciamento. L’anteriore sta basso in staccata e in inserimento e nella prima parte di accelerazione in uscita di curva tende a chiudere un po’. Provo a precaricare di un giro la molla della forcella e a chiudere la compressione di qualche click. Ora la moto è leggermente meno agile, ma ho un miglior feeling generale. Credo che il problema sia legato ad una taratura delle sospensioni globalmente tenera. La moto garantisce un ottimo comfort e una grande godibilità ad andatura media, ma quando si inizia a spingere veramente crea un trasferimento di carico antero-posteriore significativo che è difficile da limitare. Grazie alle modifiche fatte sulla moto (sostanzialmente ho abbassato il posteriore e alzato l’anteriore indurendo entrambi, anche di idraulica) ho trovato un buon compromesso, ma mi accorgo che se forzo, accelerando più bruscamente e facendo curve più angolate e staccate più cattive, le sospensioni non reggono adeguatamente. Bisogna anche dire che di piste come questa non ce ne sono tante e che su terreni più duri il fenomeno sarebbe ridimensionato. Fatto sta, che nelle compressioni più violente sento le sospensioni lavorare troppo in basso in corrispondenza delle buche, con l’effetto classico della botta che riapre la sospensione e “lancia” in alto. In generale la nuova Kawa 250 ha un’ottima ergonomia e un piano di seduta della sella estremamente piatto. È stretta tra le gambe, agile e precisa, molto sicura nel veloce. In fase di “decollo” come in “atterraggio” sulle rampe dà molta confidenza e permette un buon margine. In aria è ottimamente manovrabile e permette di correggere nel migliore dei modi la traiettoria con i movimenti del corpo. Rimane solo un po' la sensazione di avere l'anteriore lontano, non “in mano”. Mangia le buche in salita con una facilità incredibile trasmettendo sempre una ottima spinta in avanti che garantisce un ottima progressione. Basta caricare bene il posteriore e si può affrontare qualunque ostacolo. I freni sono ottimi, potenti e precisi al millimetro, come, invece, non è la frizione: il gioco varia sotto sforzo e lo stacco è molto puntuale, ma queste sono caratteristiche tipiche della frizione con comando a filo. Il motore si avvia sempre molto bene e gli innesti del cambio sono molto morbidi e precisi. La gomma posteriore da 100/90 non mi piace sulla 250; ho sempre preferito la 110, perché dà molta più trazione, un feeling ancora più costante e maggior precisione in percorrenza. Devo dire, in definitiva, che mi è piaciuta molto la KX-F: mi sono divertito e il prezzo di 8.170,00 è accattivante quanto il suo look.

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