Milano-Macugnaga: una “sparata” in direzione del versante Est del Monte Rosa, per sfuggire alla calura della città

Se in città ci sono 35 gradi e la cappa, dove andare a cercare un po’ di refrigerio, considerando che i laghi sono affollatissimi ed il mare vuol dire farsi delle gran code in autostrada persino in moto? Noi ci siamo diretti verso una vecchia vallata piemontese, poco frequentata dal turismo di massa nella stagione sciistica e tantomeno in quella estiva: la Valleanzasca che dopo una strada di 29 km scavata nella roccia culmina a Macugnaga, dove si parcheggia la moto e si sale al Monte Moro in fun

Fresca passione




FRESCA PASSIONE
Se a Milano ci sono 35 gradi e una cappa che mette l’affanno, dove volete andare a cercare un po’ di refrigerio. Ai Laghi? Saranno anche vicini ma sembra di essere alle casse dell’Ikea. Il mare? Nemmeno se ci obbligano: fatto in giornata ha lo stesso fascino di una seduta dal dentista. In ufficio, con il manettino dell’aria condizionata posizionato sul massimo? Originale, ma meglio lasciarlo a chi l’ha proposto. Non c’è niente da fare, la montagna vince a mani basse. Ci piacevano i monti già da piccoli e alcune letture avvincenti hanno contribuito ad inculcarci una passione irrefrenabile verso di essi. Immaginate il fascino che possono esercitare su un ragazzino già invaghito le imprese di uomini che cercano i loro limiti in pantaloni alla zuava e maglione di lana, che raggiungono le pareti in treno e bici, che scalano in inverno e in solitaria una via mai tentata, che mentono sulle intenzioni per non farsi soffiare una prima dall’avversario austriaco. Amiamo dunque la montagna, quella vera, glabra, fatta di roccia e ghiaccio, quella che ogni cima e parete ha un nome e molte storie. Questo preambolo per spiegare il perché della decisione iniziale. La scelta definitiva della località invece ha motivazioni meno romantiche ma sufficienti: erano un po’ di anni che non andavamo a Macugnaga, da lì si ha l’inquadratura più impressionante del Monte Rosa.

Valle Anzasca




VALLE ANZASCA
Contrariamente a quanto vuole l’approccio zen, molto di moda oggi, la finalità del nostro viaggio era dunque la meta, e la moto il mezzo per raggiungerla. Ovvio, godendo anche del trasferimento. A questo proposito vi consigliamo di abbandonare l’autostrada A24 ad Arona e prendere la statale dell’Alto Vergante, panoramica e piacevole, un mai monotono saliscendi tra boschi di castagni, fino a Carpugnino. Qui si deve decidere se rientrare in autostrada e infilarsi in Val d’Ossola oppure scendere a Stresa e costeggiare il lago Maggiore sino a fondo Toce, soluzione irritante nei week-end estivi. Noi siamo rientrati, ma solo per raggiungere Ornavasso e svicolare sulla statale pedemontana, dove ci si può permettere di trotterellare tranquilli attraverso campi coltivati e antichi borghi rurali dalle case in pietra, seguendo il corso del fiume Toce. La prima vallata che si apre ad ovest è la Valle Anzasca - dal nome del torrente Anza che la percorre -, e già al suo imbocco si scorgono sullo fondo le cime innevate del gruppo del Rosa. Siamo a poco più di 240 metri di altitudine da qui ci sono 29 km da percorrere per guadagnare i 1.327 metri di Macugnaga. La strada è piuttosto stretta e nei primi chilometri guadagna quota in fretta, correndo tra ripide pareti di roccia. Col passare delle curve, però, la valle si apre e la strada diventa più godibile.

Calasca Castiglione




CALASCA CASTIGLIONE
Il primo incontro urbano è il comune di Calasca Castiglione, che merita una sosta e una divagazione. La prima per visitare il piccolo santuario della Gurva (a Molini), la seconda per salire all’imponente parrocchiale di S. Antonio Abate (ad Antrogna), indicata come “cattedrale tra i monti”. Dopo Calasca si incontrano altri paesini prima di raggiungere il fondo della valle, ma non è il caso di tergiversare. Meglio limitarsi a farsi sorprendere dalla vista del Monte Rosa che di tanto in tanto è offerta dall’uscita di una curva.

Macugnaga




MACUGNAGA
Arrivati a Macugnaga (Makanà, in lingua walser) la cosa che subito si apprezza è la sintonia delle sue costruzioni con l’ambiente in cui è inserita. Forse la Parete Est del Rosa incute soggezione anche agli architetti, che non osano farle affronti! Alcuni documenti risalenti all’anno 999 la menzionano come “alpe”, ma si può dire che Macugnaga sia nata come paese verso la metà del 1300 quando, accanto alle baite e alle stalle in larice della più grossa frazione, il “Dorf”, fu costruita la Chiesa Vecchia. Sia alcune baite del Dorf (restaurate con gusto e abitate), sia la chiesetta (ampliata e completata nel 1580 con un campanile e circondata da un piccolo e suggestivo cimitero dedicato agli alpinisti), sono ancora lì dove nacquero; è tuttora in vita anche l’enorme tiglio (uno dei più vecchi d’Europa, ma da tre secoli senza punta) intorno a cui nell’antichità si teneva un’importante fiera annuale. Una volta a Macugnaga, ci siamo diretti senza indugi verso la partenza della funivia nella frazione di Staffa: trattandosi di un’escursione giornaliera avevamo infatti deciso di salire a Monte Moro per guardare negli occhi il Monte Rosa e ossigenare i polmoni. Una volta in vetta, la polenta e brasato al rifugio sono state inevitabili e la pennica postprandiale, sdraiati come lucertole sui caldi sassoni, il degno epilogo; la discesa a valle (3 ore e mezza di cammino con gli stivali da moto ai piedi) l’immeritato contrappasso di una giornata in relax, quando abbiamo realizzato che il momento di riposo si era protratto a tal punto da andare oltre l’orario di chiusura della funivia per la discesa.

Storia dei Walser




SORIA DEI WALSER
I paesi e i monti della Valle Anzasca sono disseminati di abitazioni e di popolazioni Walser. Intorno all’anno Mille un gruppo di Alemanni provenienti da Nord giunse nella vallata superiore del Goms, allora la colonia più elevata di tutte le colonie alpine. Non si sa con esattezza cosa abbia spinto questi pastori, allevatori di bestiame e montanari ad abbandonare, poco tempo dopo, l’Alto Vallese per insediarsi in altre valli: i numerosi bambini che causavano un eccesso di popolazione, le catastrofi naturali o le variazioni climatiche, la peste o semplicemente il desiderio di avventura.

Ecco come i “Walliser” divennero “Walser”. Questa colonizzazione favorì un consolidamento dei diritti feudali, un’espansione di terreno coltivabile e l’aumento della popolazione così come il controllo e il mantenimento dei passi alpini. Come ricompensa per questa attività colonizzatrice a difficili condizioni i Walser ottennero diversi diritti e libertà a quell`epoca esclusivi: la piena libertà personale, il diritto alla formazione di propri comuni giudiziari e il diritto del libero affitto ereditario con il quale i coloni ricevevano il possesso perpetuo delle terre. Nel 12° e 13° secolo il clima relativamente mite favorì le migrazioni dei Walser. I loro sentieri portavano a Nord nell’Oberland bernese, ad ovest nel Chablais francese ma soprattutto a Sud, negli alpeggi italiani più elevati, nel Pomatt e nelle valli meridionali del Monte Rosa a Gressoney, Alagna, Rimella e Macugnaga, Rima e Ornavasso. Quasi subito i gruppi dei coloni di lingua tedesca migrarono a ondate successive verso est per insediarsi a Rätien (Rezia), nell’Oberland grigionese, nel Rheinland (Val di Reno) e nella valle del “Landwasser” presso Davos.

Dei primi gruppi di coloni alcuni si spostarono nelle valli vicine. Quando i Walser nel 13° e 14° secolo giunsero nella loro nuova patria, le superfici edificabili e coltivabili erano già occupate dagli abitanti residenti da molto tempo, in maggioranza Romani. Così ai Walser non rimanevano che le regioni montagnose e inospitali, spesso al di sopra dei 1.500 m. Qui era poco il terreno pianeggiante, idoneo alla nascita di un paese. Vivendo a questa altitudine ed essendo i Walser in gran parte allevatori di bestiame, erano costretti a costruire le loro case isolate come singole fattorie disperse sulle montagne; questo per avere molto terreno attorno alla casa che permettesse loro la raccolta di fieno sufficiente per nutrire il bestiame. Dove la situazione topografica non permetteva una tale espansione, come a Rima, Bosco Gurin o nel Rheinwald, sorgevano villaggi chiusi.

Le condizioni ambientali costrinsero la gente a costruire solide abitazioni, adatte al difficile ambiente dell’alta montagna. Predominante negli edifici è il legno, ma “la casa walser” in verità non esiste affatto, dato che quest’ultima può mutare con il mutare dell`insediamento. Così possiamo dire che esistono diverse tipologie di costruzioni walser per cui erano principalmente usati materiali disponibili nei dintorni. La casa delle colonie costruita a Sud del Monte Rosa, soprattutto a Gressoney o Alagna, è una casa con minore disponibilità di spazio. Sotto lo stesso tetto ci sono uomini, animali, stalle, cucine e granai. La casa che incontriamo nei Grigioni e nel Vorarlberg invece ha gli edifici agricoli separati dall’abitazione. La superficie abitabile, in legno e generalmente disposta verso valle, comprende la “Stube” - il salotto - e le stanze, mentre la cucina in pietra è addossata sul retro.

Bloc Notes




Bloc Notes

       
DOVE MANGIARE

La polenta è d’obbligo se no che razza di gita in montagna sarebbe. Noi l’abbiamo mangiata accompagnata da un brasatino al rifugio città di Marnate, a Monte Moro, ma se volete restare in paese potete sedervi alla Taverna del Rosa, di fronte alla partenza della funivia, tel. 0324/65289. In paese c’è comunque un’ampia scelta di locali nei quali gustare i piatti tipici della valle. Se poi si vuole prolungare il piacere, basta portarsi a casa un po’ di formaggi e salumi svaligiando uno de  tanti negozi di alimentari che si incontrano sulla strada.

DOVE DORMIRE

Questa è una gita che si può benissimo effettuare in giornata. La cosa migliore sarebbe però preventivare un week end per potersi permettere almeno una delle infinite escursioni che partono da Macugnaga. In questo caso, a patto di non decidere di muoversi nel pieno della stagione estiva, quando la popolazione della località triplica e gli alberghi traboccano, si può trovare un sistemazione che spazia dall’albergo a tre stelle (con pensione completa a partire da 40 euro al giorno) al campeggio. Una soluzione alternativa e pittoresca può essere il rifugio: si rinuncia a un po’ di comfort ma la ricompensa in termini di pathos vale il “sacrificio”.

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