di Federico Aliverti - 02 December 2013

Tragedia Romboni: non confondiamo responsabilità con fatalità

Tutte le gare dovrebbero avere standard di sicurezza eccezionali, specie quelle benefiche in onore di un ragazzo morto in moto a 24 anni. Invece alla festa per Simoncelli abbiamo perso anche Doriano: tutto l’ambiente ha qualche responsabilità

Tragedia romboni: non confondiamo responsabilità con fatalità

Doriano Romboni è il primo pilota che muore in seguito a una caduta durante una gara di Supermotard. Ed è anche l’unico sportivo che perde la vita esattamente come il collega che è stato chiamato ad onorare: la moto s’imbizzarrisce, il pilota tenta di domarla, la moto assume una traiettoria imprevedibile, il pilota viene investito mortalmente. Vado solo a memoria, sia chiaro, ma ho anche il terribile sospetto che Doriano sia stato il primo uomo ad andarsene in modo così beffardo durante lo svolgimento di una festa a scopo benefico. È normale che venga da dire che…

 

… “EVIDENTEMENTE ERA IL SUO GIORNO”

Già, ce le siamo dette in chissà quanti, queste cinque parole. Forse per l’istintivo fatalismo di fronte a una concatenazione di eventi così eccezionale, forse per la necessità di esorcizzare il lutto e il dolore. Forse anche perché non sappiamo o non vogliamo dirci quali sono le nostre colpe di fronte a una tragedia simile. Io credo che siamo tutti responsabili di quanto è accaduto, anche se la buona fede e l’accecante passione per questo sport possono valere - per quel poco che conta - come un’attenuante.

 

LE COLPE DEI MEDIA

I giornalisti non hanno denunciato fin dalla prima edizione del Sic Supermoto Day - e nella lista mi ci metto anche io, che ero là - che non si trattava semplicemente di una festa a scopo benefico né di una placida garetta in ricordo del Sic. Men che meno la si poteva spacciare per una bonaria rimpatriata tra giovani leve e vecchi leoni del manubrio. Nel paddock era nota a tutti la folle rincorsa di moltissimi piloti alla gomma speciale richiesta direttamente Oltralpe, alla moto preparata tassativamente dal reparto corse della Casa, ai numerosi test pre-gara manco fosse il Mondiale Supermoto. Un mio caro amico che di mestiere fa il fotografo e che ha visto le gare di tutti i Mondiali su tutte le piste del mondo, mi ha confidato che “la cattiveria agonistica vista in pista a Latina, manco alla 8 Ore di Suzuka la si vede”.

 

IL RISCHIO DELL’EX

Occorre anche avere il coraggio di ammettere che un ex campione che ha appeso il casco al chiodo da molti anni e si vede sorpassato da giovanotti di talento spesso non ragiona da ultra quarantenne o da ultra cinquantenne. Quasi sempre ragiona da campione, da pilota in attività. E istintivamente richiede al proprio fisico un rendimento (riflessi, equilibrio, ecc) che non ha più. Non è quello che dovrebbe accadere durante una festa, ma è ciò che capita a chiunque sia stato un pilota, e per il futuro forse è bene tenerne conto.

 

UN TERRIBILE PRECEDENTE

Nel 2008 succede qualcosa di analogo all’incidente di Doriano: Nestor Cabrera, durante la seconda manche del GP d’Austria di Supermoto, perde il controllo della sua Yamaha e, dopo un fuoripista, finisce in un punto del tracciato dove sopraggiunge una moto in senso contrario. L’impatto è micidiale, come le sue conseguenze: il pilota spagnolo è ancora oggi in stato vegetativo. Ebbene, anche grazie allo sfortunato incidente di Cabrera, è cosa nota a sia alla Federazione sia agli organizzatori sia agli addetti ai lavori che molti kartodromi, a differenza degli autodromi “da Mondiale”, hanno il gravissimo difetto di avere alcuni tratti di pista dove si gira in senso opposto troppo vicini tra di loro. Esistono apposite barriere per ridurre al minimo la possibilità di “salto di carreggiata”: come mai a Latina non c’erano queste barriere?

 

GLI ORGANIZZATORI E LA SICUREZZA

Di fronte alla morte e al pericolo, non esistono piloti di serie A e di serie B. Esistono, però, delle opportunità. Una di queste è il richiamo mediatico di un evento ufficiale della Fondazione Simoncelli che porta decine di campioni del mondo sotto i riflettori di TV, giornali, radio e siti internet. Possibile che nemmeno quando una gara genera un indotto a quattro zeri (forse cinque) siamo in grado di investire come si deve sulla sicurezza? Possibile che per la festa dedicata a un ragazzo che non c’è più non si metta sul campo di gara tutto ciò che è disponibile affinché le tragedie non si ripetano? Perché al Sic Supermoto Day molti piloti hanno lamentato una evidente carenza di protezioni? E perché, al momento dell’incidente, non c’era l’ambulanza con un rianimatore dotato, per esempio, di defibrillatore?

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