di Paola Verani - 22 October 2013

Viaggi maledetti: sulle tracce di Peppino Profeta

Un film noir tratto da un triste fatto di cronaca, ambientato alle foci del Volturno, uno dei fiumi più importanti d’Italia (che troppi ignorano), ci ha fatto venir voglia (un po’ morbosa) di saltar in sella e indagare…

Viaggi maledetti: sulle tracce di peppino profeta

Capita in viaggio di soffermarsi a conversare piacevolmente con degli indigeni, i cosiddetti “locals”. Parlare con loro aiuta a calarsi nella realtà del luogo che stiamo visitando, conoscerlo meglio. Poi, però, dopo qualche minuto di gradevoli chiacchiere, capita di vedere il loro viso sorridente e rassicurante adombrarsi. Succede quando vengono a sapere che il tuo programma di viaggio non prevede vere attrattive turistiche, anzi le rifugge. “Ma come siete venuti fin qui e non andate a vedere...”. Vai a spiegare loro che il nostro compito è tentare di scovare luoghi non baciati dalla fama. È inutile. La conversazione è già compromessa. In uno dei nostri tour in Campania questa imbarazzante situazione si è ripetuta. Sera di maggio, ci troviamo in una bella villa di Posillipo per un matrimonio di una cara amica, e tra una mazzancolle e un pomodoro pachino (va di moda) facciamo l’errore di dire che l’indomani ci saremmo svegliati presto per seguire il corso del fiume Volturno, dalle sorgenti alla sua foce (qui la gallery del viaggio). “STATE DICENDO CHE NON ANDATE AD AMALFI, POSITANO, SORRENTO, CAPRI, ISCHIA,VIETRI...?!!!!!”, ci sentiamo rinfacciare con una certa violenza.

 

FRA CRONACA E GUSTO DELL’ORRIDO

Vagli a spiegare che lo spunto per questo itinerario ci è venuto da un film (che tra l’altro non ricorderemo per la splendida ambientazione). Stiamo parlando de ”L’imbalsamatore”, il più bel film, secondo il sindacabilissimo giudizio di chi scrive, circolato nelle sale italiane nel 2002. Una pellicola d’autore, come si dice a proposito di quelle che non regalano effetti speciali, né volti noti né trame spensierate. Quindi non incontrano il favore del grande pubblico. Quindi suscitano grande esaltazione (è il nostro caso) o disgusto. La storia, che non vi vogliamo svelare più di tanto, è ispirata a un fatto accaduto a Roma e noto come il caso del “nanetto della Stazione Termini”: un’imbalsamatore s’innamora del suo allievo, fino alla perdizione. Un noir all’italiana, dai risvolti abbastanza inquietanti, ma assolutamente intrigante. Ciò che rende il film imperdibile, però, è altro. Si chiama Ernesto Mahieux, un attore di teatro partenopeo che interpreta, magistralmente, il personaggio di Peppino Profeta. Tanto magistralmente da fare apparire tragedia (nel senso più classico del termine), quello che è uno squallidissimo caso di cronaca nera. Al regista, Matteo Garrone (che a noi piace quanto Paolo Sorrentino, anche se quest’ultimo negli ultimi anni è venuto fuori meglio), il merito di aver avergli dato tutto lo spazio necessario e di aver puntato sul fascino dell’orrido. Orrida è la trama, orridi sono i luoghi scelti per ambientare il film. Desolante, in particolare, lo spettacolo di “Villaggio Coppola”, l’ecomostro di Castel Volturno, costruito abusivamente più di trenta anni fa, inghiottendo una bellissima pineta. Luoghi che non hanno nulla di turistico. Sono dei “non luoghi”, dove l’uomo non dovrebbe vivere. E allora perché andarci? Perché esistono. Perché non bisogna conoscere solo ciò che di bello ha fatto l’uomo. Per accentuare l’effetto sorpresa dello scempio edilizio consigliamo, poi, di arrivarci seguendo il corso del fiume da cui prende il nome. Perché fa un certo effetto vedere come il Volturno nasce e come “muore”.

 

VOLTURNO: DALLA SORGENTE ALLA FOCE

Le sue sorgenti si trovano tra il paese di San Vincenzo e Rocchetta (non quella dell’acqua minerale), ai piedi dei Monti della Meta, in Molise, in un paesaggio arcadico dove la natura la fa da padrona. Dopo il primo tratto, torrentizio, il fiume procede lento, ricamando morbide anse nella pianura campana. Cerchiamo di seguirlo, passo passo, ma non è sempre facile: a volte la strada si allontana e allora lo perdiamo di vista. Facciamo vari e spesso vani, tentativi per raggiungere le sue rive, imboccando alcune delle innumerevoli sterrate che dipartono dalla Statale, e che fendono immense piantagioni di grano. In Primavera, questi campi hanno colore verde smeraldo, d’estate, c’immaginiamo, avranno il colore dell’oro. Sappiamo che le acque del Volturno, quando entrano nella piana alifana cominciano a degenerarsi. L’impressione di pace e natura incontaminata comunque rimane anche quando ci si allontana dalle sorgenti. I paesi che attraversiamo, dai nomi sconosciuti,  Baia, Latina (non quella della “bonifica”), Ruviano, Castel Campagnano, hanno un bell’aspetto, una loro dignità estetica, niente a che vedere con certi squallidi e disordinati centri abitati che deturpano molte zone limitrofe. Ma solo Caiazzo e Capua vantano una certa fama. La prima per l’incontro fra Vittorio Emanuele II e l’Eroe dei  due Mondi (precedente a quello di Teano), la seconda perché considerata l’ideale porta d’ingresso al regno Meridione, oltre che per la sua bellezza. Tra le due cittadine si trova il ponte dedicato ad Annibale, a ricordare il travagliato passato della cittadina: il condottiero appoggiò Capua, quando si ribellò allo strapotere di Roma. Ormai solo pochi chilometri ci separano dalla meta del nostro viaggio, Castel Volturno. Anche questa vanta una storia importante... non di eroi o di condottieri però, ma quella triste della speculazione edilizia.

 

L’ECOMOSTRO DI VILLAGGIO COPPOLA

È uno dei più famosi ecomostri d’Italia, il simbolo di trent’anni di speculazioni edilizia in Italia. I grattacieli di Castel Volturno, otto in origine, costruiti abusivamente dalla famiglia Coppola (1964), hanno deturpato venti ettari di area demaniale, soffocando la spiaggia di dune e una pineta. Affitati per 20 anni alla Marina degli Stati Uniti per ospitare le famiglie dei militari americani della Nato di stanza a Napoli e, in seguito alle famiglie dei terremotati, l’ecomostro che, nelle intenzione dei suoi ideatori doveva proporre abitazioni di lusso in stile Miami, andò incontro al degrado. Fino al 1980 il Comune di Castel Volturno, la magistratura e lo Stato, fecero orecchie da mercante di fronte alle decine di denunce. Poi, finalmente, nel ‘95, la procura di Santa Maria Capua Vetere, dispose una serie di sequestri, finché il ministro dell’Agricoltura decise che il quartiere tornasse allo Stato. Nel ‘98 l’area fu comissariata e s’inaugurò l’abbattimento (progressivo) delle torri, tutto a carico dei titolari. L’autore dell’esplosione del cementato è Danilo Coppe, soprannominato “Mr Dynamite”.

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