di Mario Ciaccia - 25 August 2013

Libri di motociclismo... e non, parte 3

Terza e ultima puntata dei consigli di lettura di Mario Ciaccia. Come sempre, libri di carattere motociclistico, o quasi

Libri di motociclismo... e non, parte 3

Caspita, dopo avere svillaneggiato "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta", mi ricordo solo ora che avrei dovuto dargli un merito. È quando dice che, se la tua moto ha un problema, oppure presenta un difetto, un'anomalia, o fa un rumore sospetto... e poi smette di fare tutto questo e torna nornale, allora fregatene e va' avanti come se niente fosse. Da un punto di vista logico e razionale trovo che questa cosa sia una vera stronzata. Dal punto di vista della vita reale, della mia vita reale, la sottoscrivo in pieno. Ho letto 'sta cosa nel 1985 o giù di lì e da allora, quando la mia moto si mette a fare rumoracci, penso a quel passaggio del libro e tiro avanti sereno, finché non mi esplode il motore (cosa che ultimamente mi succede spesso).

Cambiando totalmente discorso, ma parlando sempre di libri, non posso non riportare un discorso che mi ha appena fatto Paola Verani: da quando abbiamo due figli (che sono nati molto giovani) le vacanze in moto non le facciamo più, ma stiamo facendo ciò che anni fa vedevo come una specie di morte da vivi, ovvero andare al mare con secchiello, paletta, ombrellone e pizza rossa nella borsa termica. E Paola sta portando avanti, in parallelo, la lettura di due libri molto interessanti, cioé "Open" di André Agassi e "Hanno tutti ragione" di Paolo Sorrentino. Il primo parla della vita di un numero uno del tennis, che svela al mondo che odia questo sport, che l'ha sempre odiato e che suo padre era un nazista (aiuto! Ho paura che mio figlio scriverà un libro analogo, ma sulle gite in bicicletta che gli faccio fare...). Il secondo è un delirio del migliore regista italiano, che scrive benissimo, lo sa e si crogiuola (quanto è bella 'sta parola, con la "u"!) nel riempire pagine e pagine con uno stile sublime, divertente e molto piacione. Nessuno sa descrivere come lui un'inversione a U o uno scambio di mani su cui compaiono anelli diversi. E Paola mi spiega: "In spiaggia porto Open, perché si legge veloce e fluido come Vanity Fair. Invece Sorrentino me lo studio per bene, quando ho messo a letto i bambini, dopo cena, perché è una lettura che va centellinata e meditata". Ha ragione e non ci avevo pensato: ci sono scrittori che ti catturano, ma solo se sei isolato dal resto del mondo (di recente ho letto "Le correzioni" di Jonathan Franzen e mi era impossibile leggerlo con altra gente intorno) e altri che ti pigliano sempre e ovunque (come il terribile "Villetta con piscina" di Herman Koch). Ma ora veniamo alla terza e ultima parte dei consigli letterari (a carattere motociclistico e non), cliccate ssui link per la prima parte e la seconda parte.

 

VERSO USHUAIA

di Lois Pryce

Il mio libro di viaggio in moto preferito. Lois è inglese e a me il suo umorismo inglese piace. Non se la tira ed è autoironica senza eccedere nella posa di chi si sottostima. Decide di prendersi l'aspettativa dal lavoro e di attraversare l'America dall'Alaska alla Terra del Fuoco, ma non scade nei soliti "alla scoperta di me stessa", "alla ricerca dei miei limiti", "lo faccio come missione umanitaria". No, lei semplicemente si vuole divertire e vedere il mondo. Come moto, non le frega nulla di impressionare chissà chi, ne prende una piccola (una Yamaha Serow 225, in pratica una piccola XT) perché sarà meno stressante di una grossa da maneggiare, posteggiare, rialzare dopo le cadute. E parte. E racconta il viaggio con semplicità, completamente priva di autocelebrazioni o pose da eroina. Tutto ciò rende il viaggio vero, genuino, vissuto, piacevole da seguire: viene naturale immedesimarsi in lei. Tra l'altro, ne capitano di cose divertenti a Lois, in questo viaggio infinito da nord a sud, da un freddo all'altro. E quanto sono umani i suoi attriti con Amanda, che si aggrega al viaggio, anche lei su una Serow, ma è insofferente per qualsiasi cosa, è odiosa, insopportabile... Viene ancora più naturale immedesimarsi in Lois e sperare che qualcosa di brutto accada ad Amanda.

Non ne resterete delusi.

 

LONG WAY ROUND

di Ewan McGregor e Charley Boorman

Mi sono trovato in mano questo libro prima ancora di vedere il film-documentario. L'ho visto e ho pensato: "Come attore, McGregor mi piace, ma l'umanità aveva bisogno di un libro dove lui racconta che viaggia in moto con la solita Adventure 1200, due 4x4 al seguito e una troupe televisiva che lo filma dall'inizio alla fine?". Mi sembrava il viaggio più finto dell'universo, agli antipodi rispetto a quello di Lois Pryce, con la sua piccola 225 e nessuna auto al seguito. Poi ho letto le prime pagine e mi hanno catturato. McGregor è onesto, fa sinceramente capire di essere un vero amante dei viaggi in moto e non sopporta di avere queste 4x4 che lo filmano dietro di sé, ma è conscio che un attore famoso come lui non poteva non ricavare un documentario da questa esperienza. Una volta che si accetta ciò, si scopre in McGregor una persona profonda, capace di raccontare bene un viaggio, specialmente dal punto di vista umano. Ci sono tanti incontri con persone interessanti, ma anche aneddoti divertenti e la conferma (almeno per me) che se vuoi viaggiare in fuoristrada sulle lunghissime distanze un bel mono da 650 è mille volte meglio di una vaccona da 1200 cc. Boorman, rispetto a McGregor, è molto più cazzone e sembra concepire il viaggio in moto come una lunghissima impennata, ma gli fa da ottima spalla. Ho divorato il libro, ho provato sincera amicizia e simpatia verso i due attori inglesi e mi sono gustato il loro film, la cui forza sono i siparietti botta e risposta tra loro due (del resto, il loro mestiere è recitare e la differenza con i comuni mortali si vede anche in un documentario a sfondo motociclistico come questo). Sicché promuovo sia il libro sia il film, ma lo sconsiglio caldamente ai fan di KTM.

 

VIAGGIO AI CONFINI DELL'OCCIDENTE

di Maurizio Crema

Nel 2005, quando io e Paola Verani decidemmo di andare a Istanbul via Albania, Macedonia e Bulgaria, ci rendemmo conto che non avevamo una sola informazione sull'Albania. Non esistevano guide turistiche, su internet non trovavo niente e non conoscevo una sola persona che ci fosse stata. Anzi, ogni volta che dicevo che volevo andarci, gli amici ridevano e mi davano del pirla: "Guarda che ti rapinano appena varchi il confine! E povera Paolina!". Ma noi eravamo curiosissimi. Nel 2004, andando in nave dalla Grecia a Venezia, eravamo rimasti a bocca aperta di fronte a delle magnifiche montagne che si ergevano direttamente dal mare, con spiagge bianchissime completamente deserte: né paesini, né alberghi, né bagnanti. Era la costa albanese, nel tratto poco a sud di Valona. In fondo, visto che nel 2002 ero stato in Congo al tempo della guerra civile, l'Albania ignota e preconcetta mi faceva molta meno paura. Mi stavo accingendo a un viaggio-salto nel buio, quando in libreria trovai questo piccolo libro, che è messo giù come racconto di viaggio ma che, di fatto, ha funzionato benissimo come guida turistica. Maurizio racconta il suo giro con dovizia di particolari e noi li abbiamo annotati tutti. Ma non avrei mai pensato di arrivare a Fier e trovare lo stesso mendicante descritto nel libro, ovvero un tipo senza gambe che, posato su una tavoletta a rotelle come nei fumetti di Jacovitti, chiedeva le elemosina direttamente dalla mezzeria della strada, rischiando la vita tutti i giorni. Il viaggio fu una meraviglia, nessuno ci rapinò, la gente era simpatica, i paesaggi interessanti e le cozze fritte buonissime. Otto anni dopo, cioè oggi, l'Albania non è più un tabù, ci va tanta gente e ci sono molte informazioni a riguardo.

 

IL DESERTO DEI TARTARI

di Dino Buzzati

Il testo ultraclassico degli amanti delle sterrate alpine. Anche se non parla esplicitamente di sterrate alpine. La trama è semplicissima: Drogo, un militare in carriera, da giovane viene mandato alla Fortezza Bastiani, che si trova in cima a un passo di montagna a una quota che ci piace collocare ad almeno duemila metri, ma potrebbero essere anche tremila. Ci si arriva con un percorso lungo e tortuoso, a cavallo, per sterrate e sentieri. Oltre il passo, la montagna precipita su un immenso deserto, dal quale si sa che arriverà un'orda di guerrieri. Quando? Non si sa. Drogo viene mandato su per combattere questi guerrieri, questa invasione barabarica, ma nella spasmodica attesa della gloria consumerà l'intera vita. E quanto è struggente l'idea di un'attesa infinita in un luogo inaccessibile, in cima a una montagna? Buzzati era veneto e amava le Dolomiti; c'è chi pensa che si sia ispirato a un qualche forte militare in zona Passo Rolle, ma se ami andare in fuoristrada in moto c'è un posto che fa venire in mente in maniera pazzesca la Fortezza Bastiani: il Monte Chaberton.

 

LE AVVENTURE DI HUCKLEBERRY FINN

di Mark Twain

Negli anni Settanta, a noi bambini veniva fatto leggere "Tom Sawyer" di Mark Twain. Erano le gustose avventure di un gruppo di pesti che finiscono nei guai dentro una miniera, ma ne escono come eroi. Poi basta, si passava a "Robinson Crusoe" di Daniel Defoe o ai "Ragazzi della via Pal" di Ferenc Molnár. Quasi nessuno leggeva il seguito di Tom Sayer, che erano le "Avventure di Huckleberry Finn". Quest'ultimo era il tamarro del paese, ma anche il ragazzino più libero e selvaggio. Le sue avventure, sostanzialmente, sono un viaggio sul Mississippi a bordo di una zattera. Credo che sia il migliore test per vedere se un bambino ha la malattia del fiuming: fatelo leggere a uno di 9 o 10 anni e poi lasciate che si sedimenti nel suo cervello. A me fece un effetto devastante, quel libro racconta in maniera divina la magia del viaggiare lungo i fiumi, da allora l'ho sempre provata e il Po è uno dei posti più magici che io conosca, lo metto sullo stesso piano del Sahara e della Patagonia. A rileggere quest'ultima frase sembra un poco 'na strunzata, ma la lascio, dai.

 

FIESTA

di Ernest Hemingway

Un altro libro che mi ha colpito per 'sta storia del fiuming. Un gruppo di americani intellettual-fancazzisti-ubriaconi, dalle personalità diversissime (infatti finiranno a cazzotti) e con tanto di femmina stuzzichina vanno da Parigi a Pamplona per la famosa festa di San Firmino, quella dove la gente si diverte a farsi caricare dai tori. Il libro me lo sono goduto per lo stile splendido di Hemingway, semplice e scorrevole come un cuscinetto a sfere, dove il dialogo a frasi mozze la fa da padrone, ma ho raggiunto i massimi livelli del piacere quando due di loro si tirano fuori dal lassismo e vanno a pescare su un fiume dei Pirenei. Mi sembrava uno di quei viaggi in moto a settembre, con il tuo migliore amico, l'aria frizzante della montagna e la luce tersa: i due che fanno un lungo viaggio per monti e valli, arrivano alla locanda, si svegliano presto, vanno al fiume, ci passano la giornata (mi pare che peschino trote), alla sera tornano alla locanda con l'appagamento di chi ha fatto un lungo giro in moto e sa che lo aspetta una bella cena in un posto rustico e ameno.

 

PISTES DU MAROC

di Jacques Gandini

Non conosco il francese, ma non fa niente. Le guide Gandini fanno sognare anche se non capisci cosa c'è scritto! Ci sono piste da delirio, corredate da foto e punti Gps. Sarebbe la tipica guida pratica, da consultare solo nel caso tu stia effettivamente andando in Marocco, ma la trovo un'ottima compagnia da seduta scatologica, perché non si sogna mai bene come sulla tazza. Ci sono diversi volumi. Il mio preferito è quello dell'Alto Atlante, con la foto di un passo alto oltre 2.500 m con tantissimi tornanti, tipo Stelvio. Ma sono in vacanza e non ho sottomano il libro, per dire come si chiama quel valico.

 

NESSUNO LO SAPRÀ

di Enrico Brizzi

Descrizione di un coast to coast da parte di uno scrittore italiano che ha avuto un inizio folgorante ma poi non s'è spento come successo ad altri, tipo Silvia Ballestra,  la scrittrice più divertente che abbia mai letto ("La guerra degli Antò", che capolavoro!). Mi sono divertito un sacco a leggere il cattivissimo "Bastogne", ma lui non si è fossilizzato su un genere e mi ha stupito con questo suo trekking gustosissimo da leggere e così reale nel descrivere il problema eterno delle fiacche ai piedi e della paura dei cani randagi. Confesso che m'è venuta voglia di rifare il suo giro in moto, ma forse sarebbe una profanazione. Poi, per non smentirsi, a metà trekking ci infila anche l'incursione a casa del professor Spichisi (Speak Easy!) per prendergli l'erba: e la poesia del trekking sfuma verso il grottesco, ma ci sta benissimo, anzi!

 

IN MOTO SULLE ALPI

di Harald Denzel

Questo libro è veramente mesto. Piccolo, scritto senza enfasi, descrive un centinaio di giri in moto sparpagliati per tutte le Alpi, dai canyon provenzali fino a Trieste. Eppure, pur essendo mestissimo, lo preferisco a tutti gli altri dedicati alle moto sulle Alpi, anche quelli patinati con foto bellissime. Come mai? Boh! Non lo so. Oltretutto, il mio è ulteriormente abbruttito da alcune pagine completamente bianche (si sono dimenticate di stamparle!) e dai segnacci in biro blu che mi ha fatto quel cafone di Federico Aliverti il giorno che andò sullo Stelvio. Tutte le volte che lo prendo in mano, penso "quanto è mesto" e poi me lo leggo per un'ora o due, rapito. Pur essendo dedicato alle moto da strada, parla di diversi sterrati. Di quello, micidiale, dello Chaberton non dice troppo male, mentre descrive il Parpaillon come un'impegnativa strada molto ghiaiosa, che fa venire l'ansia. Ho sempre riso a riguardo, perché le due volte che sono salito al tunnel del Parpa il fondo era sempre "autostradale" (nel senso che era uno sterrato scorrevolissimo) ma poi m'è capitato di fare gli sterrati del Dordona e del Campelli (entrambi in Bergamasca) in periodi diversi e sono rimasto a bocca aperta da come le nevicate possano devastare una strada: a ottobre è un biliardo di terra dura senza sassi, a luglio è il festival delle pietre smosse. Da dove diavolo arrivano, quelle pietre? Mi rendo conto che sto tergiversando, ma è solo perché non so spiegare il motivo per cui questo libro mi piaccia così tanto. Che il patinato sia nemico del mototurismo verace?

 

SALITE IN BICICLETTA

di Daniel Friebe e Pete Goding

Beh, questo è patinatissimo, ma è una meraviglia. Sarebbe lui il principe dei libri di moto sulle Alpi, ma in realtà è di bici e parla anche di Appennini, Pirenei, Vosgi, Fiandre... Molti motociclisti sono anche ciclisti e quasi tutti, anche quelli che non pedalano, amano i passi di montagna, per cui un libro come questo non lascia indifferente nessuno, anche se i testi sono incentrati sulle grandi imprese del ciclismo. I due giovani autori sono giornalisti da anni al seguito delle grandi corse a tappe, ma sono anche molto critici nei confronti del doping e non mancano di aggiungere, alle imprese epiche di Tizio e Caio, anche i loro eventuali coinvolgimenti con sostanze proibite. A me, che amo il ciclismo, i testi piacciono molto. Quello che colpisce, di questo volume, sono le foto: tutte opere d'arte... e senza ciclisti. Le strade, copertina a parte, sono tutte fotografate sole con se stesse, senza biciclette, auto, moto, esseri umani. Sembra il concorso "Interpreta il tale passo in una foto".

 

DIARIO DI UN CORPO

di Daniel Pennac

Avevo deciso di recensire trenta libri in tre settimane, infatti questo è il trentunesimo. Gli è che, due settimane fa, dopo avere scritto che avevo lasciato a mezzo ben tre opere di Pennac, roso dai rimorsi mi sono preso una di quelle tre e l'ho finita, per cui si merita di finire qui. Si tratta di un libro geniale, che non meritava di essere lasciato a mezzo. È il diario di un uomo che, dai 12 agli 88 anni, descrive tutto quello che  succede al suo corpo: sensazioni, piaceri, ferite, malattie, erezioni giovanili, erezioni senili, odori, umori. In alcuni punti viene da vomitare, specie quando parla delle avventure del suo naso: non leggetelo a ridosso dei pasti. Potrebbe sembrare un libro stupido e vomitevole, ma Pennac mica è un pirla. Intorno a quei fatti del corpo ci sono anche i fatti della vita, quindi la madre stronzissima, gli amichetti della campagna, la Resistenza, i primi amori, la donna della vita, gli studi, i figli, i nipoti, gli incidenti... Davvero, un gran bel libro. Volevo metterlo come trentunesimo, se lo meritava, ma... le moto? Che c'azzeccano le moto con questo libro? Alla fine, ho trovato il nesso ed è questo passaggio:

"Il numero di tizi con barba di tre giorni a quella cena di quarantenni! Strana epoca, però, la meno movimentata che ci sia, assicuratori, avvocati d'affari, banchieri, esperti di comunicazione, informatici, operatori di borsa, tutti stipendiati da un mondo virtuale, tutti sovrappeso, sedentari da sfondare il pavimento, il cervello zeppo di gergo ambientale, ma tutti con facce da avventurieri, reduci da chissà quale spedizione, appena tornati dal Ténéré o scesi dall'Annapurna, come minimo".

Lo scrive nel 1997, anno in cui le vere dual sport stavano già cedendo il passo a quelle che sarebbero diventate le moto da enduro più vendute: le 1200 da 240 kg, eccellenti per le grandi, avventurose traversate delle autostrade.

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