Epoca: Triumph Tiger Cub 200, il Tigrotto che ruggì in oltre 100.000 esemplari
La Baby Triumph
LA BABY TRIUMPH Nel 1951 Edward Turner, gran capo della Triumph,
annuncia
l’arrivo di quella che sarà una delle moto di Hinckley di maggior
successo,
una moto prodotta per oltre 16 anni e che totalizzerà ben 113.000 esemplari.
Rispondendo alle esigenze del mercato, la nuova piccola Triumph ha la cilindrata
di 150 cc, ma il suo motore non è un semplice 2 tempi, bensì un raffinato
monocilindrico 4 tempi inclinato in avanti con le valvole in testa disposte
a V. E, prima tra tutte le Triumph, ha il cambio in blocco. Si chiama T15
Terrier, ma la passione degli inglesi per i soprannomi la etichetta subito
come “Baby Triumph”. La stampa l’accoglie
favorevolmente, non
meno di quanto fa la clientela, che ha l’opportunità di vederla dal vivo
a Londra al Salone di Earls Court a novembre 1952. Con la sua nota abilità,
Turner non si è limitato a disegnare una versatile ed economica moto, ma
le ha donato un tocco di eleganza ed esclusività. Il disegno del serbatoio,
con le dovute proporzioni, è infatti lo stesso di quello delle desideratissime
bicilindriche, il faro è anch’esso racchiuso nell’inconfondibile
nacelle,
già elemento distintivo delle sorelle grandi, e il colore è quell’amaranto
lucente che ha fatto sognare migliaia di motociclisti quando comparve sulla
Speed Twin 500. Con 8,3 CV a 5.600 giri, la Terrier è in grado di superare
i 100 km/h, consumando poco, circa 1 litro per oltre 40 km, ed offrendo
un comfort di guida sufficiente.
Nasce la T20 Tiger Cub
NASCE LA T20 TIGER CUB Per nulla pago del successo, già durante il
1953 Turner sviluppa una maggiorazione della Terrier, portandone il motore
da 150 a 200 cc. La moto è battezzata T20 Tiger Cub, che significa
“Tigrotto”,
o cucciolo di tigre, e vuole colmare quel gap di potenza che alcuni hanno
lamentato sulla Terrier, e che resta comunque in produzione. Rispetto alla
Terrier, la Tiger Cub offre infatti 10 CV a 6.000 giri, ed è molto più
simile nel look alla Tiger 100 di 500 cc: verniciata nello stesso colore
azzurro chiaro metallizzato, ne ripropone infatti le sportive linee della
carrozzeria.
Il motore Tiger Cub
IL MOTORE TIGER CUB sfrutta comunque la stessa meccanica della Terrier,
ma alla cilindrata di 200 cc si è arrivati non solo per l’aumento
dell’alesaggio,
quanto anche della corsa, così da lasciare ancora ben bilanciato il
monocilindrico.
A tale bilanciamento contribuisce il massiccio albero motore scomponibile
dotato di pesanti volani e con la biella a testa chiusa che lavora su bronzine
sia sull’albero sia sullo spinotto del pistone. In effetti sono ben pochi
i cuscinetti a sfere usati su questo motore, probabilmente anche per contenere
le spese di produzione, perchè se ne trova uno a livello del banco di sinistra,
in corrispondenza della trasmissione primaria, ed un solo altro per
l’albero
del cambio che porta il pignone della trasmissione finale. Tutti gli altri
sono cuscinetti lisci, o bronzine, anche dal lato distribuzione
dell’albero
motore.
Come in precedenza testa e cilindro sono inclinati in avanti di 25°, entrambi
in alluminio e con la canna in ghisa, mentre il pistone porta 2 fasce e
un raschiaolio. La distribuzione si avvale di un albero a camme nel basamento
e comandato dall’albero motore, mentre sulla destra del cilindro si nota
il vistoso tubo che contiene le aste di comando per le valvole in testa.
Particolare l’accensione, con le puntine ed il ruttore alloggiati in un
contenitore in alluminio posizionato dietro al cilindro. Dal carter, un
alberello a coppie coniche ingranato sull’albero a camme sale fin dentro
il contenitore portando il moto al ruttore. Il generatore è invece calettato
sul prolungamento sinistro dell’albero motore, all’esterno del
pignone
della primaria.
La trasmissione primaria e la lubrificazione sono... noblesse oblige,
la prima a catena semplice, e la seconda a carter secco, con pompa a doppio
pistoncino e serbatoio sotto la sella. Un filtro a rete metallica è contenuto
nel basamento poco dopo la pompa dell’olio, ed è comodamente estraibile
per la pulizia grazie al tappo sotto al carter.
Il cambio ha 4 marce ed è in blocco, ma lubrificato da un apposito olio
non in comune con quello del motore. La frizione, a 3 dischi a bagno
d’olio,
è stata irrobustita rispetto a quella della Terrier, dove aveva dato qualche
problema di tenuta, mentre il basamento è ancora diviso in due metà non
simmetriche, ma con la linea di taglio spostata sulla sinistra. A sottolineare
la sportività di questa piccola macchina dalle notevoli prestazioni, la
marmitta è sistemata in posizione rialzata sul lato destro.
La ciclistica Tiger Cub
LA CICLISTICA TIGER CUB Per la ciclistica si prosegue col telaio
Terrier:
monoculla in tubo d’acciaio di grosse dimensioni con
l’insoddisfacente
sospensione a ruota guidata posteriore, e l’altrettanto modesta forcella
lubrificata a grasso anteriore. I freni sono entrambi tamburi laterali
da 135 mm. La moto è ben accessoriata: non manca una sufficiente strumentazione
con l’indicatore meccanico delle marce integrato nella nacelle,
ed un comodo sellone in luogo della singola sella della Terrier.
Modifiche tra il '55 ed il '59
MODIFICHE TRA IL IL '55 ED IL '59 Nel 1955 arrivano già le prime
modifiche:
la marmitta è riposizionata in basso sempre a destra, mentre alla fine
del 1956 esce di produzione la T15, anche se su alcuni mercati è possibile
ordinare la Tiger Cub con il motore da 150 cc della Terrier.
Nel 1957 la T20 riceve altre più sostanziali modifiche. Il motore ha il
volano appesantito, la frizione rinforzata e la bobina sotto la sella.
Il serbatoio dell’olio è più grande, con anche la pompa dell’olio
maggiorata,
la lamiera del serbatoio aumenta di spessore e la capacità sale ad 11,4
litri. L’intervento più radicale però è a livello ciclistico: il telaio
è ridisegnato nella parte posteriore dove si abbandona la sospensione a
ruota guidata per un forcellone oscillante con 2 ammortizzatori.
Nell’occasione,
le ruote passano alla misura di 3,25-16. Le prestazioni che il monocilindrico
è in grado di fornire sono davvero buone per l’epoca: 108 km/h e 42
km/litro,
dati confermati dalla prova della rivista inglese Motor Cycling.
Nel 1958 la catena della primaria passa da simplex a duplex, la frizione
è irrobustita e il carburatore passa da Amal a Zenith (17 mm) su tutte
le versioni, con il filtro aria avvitato sul corpo del carburatore per
la T20, mentre sulla fuoristrada l’aspirazione avviene da
un’apposita
cassetta del filtro sistemata vicino al serbatoio dell’olio.
Nel ‘59 è maggiorata l’alettatura di testa e cilindro, e, sul
modello
stradale, seguendo la linea delle Triumph di maggior cilindrata, viene
adottata un’ampia pannellatura in lamiera che avvolge la zona centrale
della moto, nascondendo in parte il serbatoio dell’olio e la ruota. Questa
vestizione viene scelta per aumentare la protettività in caso di mal tempo.
Sempre nel ‘59 debutta in Inghilterra la sportiva T20 S, già in vendita
negli USA dal ‘58 come S/A. Priva della pesante carrozzeria e della
nacelle,
con i rapporti del cambio ravvicinati, le ruote da 3.00-19 ant e 3.50-18
post, è accreditata di 14,5 CV e ben 128 km/h grazie al pistone con cupola
pronunciata che alza la compressione.
1960: best-seller
1960: BEST-SELLER Nel 1960 è introdotto il sistema di accensione E.T.S.
(Energy Transfer System). Due delle quattro bobine dell’alternatore
servono
a produrre l’energia elettrica (le altre forniscono la corrente per le
luci) che viene poi trasformata in alta tensione dalla bobina. Perché il
sistema funzioni bene, bisogna che i contatti siano perfettamente regolati
in modo da aprirsi nel momento esatto in cui c’è il picco di corrente.
Con il normale uso, ed abuso, la regolazione però si altera e ripristinarla
con la precisione richiesta è difficile. Per questo il sistema accusa spesso
malfunzionamenti, col risultato che la moto non parte o non offre le prestazioni
di cui è capace. Infine anche sulla T20 viene adottato il carburatore Amal
Monobloc, risolvendo i problemi che spesso derivavano dai tipi precedenti.
Frattanto in Inghilterra è introdotta la legge che limita a 250 cc la guida
delle moto per i neopatentati e la Cub, con le sue doti di estrema semplicità
ed economia, diventa rapidamente un best-seller.
Arriva la Scrambler
ARRIVA LA SCRAMBLER Nel 1961 arriva una pompa dell’olio più
potente
e nasce la T20 S/L, la versione scrambler con buone prestazioni grazie
al pistone ad alta compressione (9:1), carburatore Monobloc e potenza di
14,5 CV a 6.500 giri. Differenti anche i rapporti del cambio, mentre
l’estetica
propone il serbatoio bicolore col fregio Triumph cromato. Entrambi questi
modelli si affiancano alla T20 stradale, l’unica a montare ancora il
grembiule,
nonostante lo scarso gradimento.
Modifiche 62-63 e successo del 65 Il motore per le versioni ‘62 è
rinforzato
sostituendo la bronzina della testa di biella con un cuscinetto a sfere
e soprattutto eliminando l’accensione E.T.S, sostituita dal classico
sistema
con ruttore, batteria e bobina. Nascono comunque ancora nuovi modelli che
si alternano ai precedenti. Viene interrotta la produzione della T20 T,
mentre la T20 S/L diventa T20 S/S, in produzione fino al 1965, con il motore
da 14,5 CV di potenza massima. A febbraio sono presentate la T20 S/H da
strada, con manubrio e marmitta bassi, la TS20 Cub Scrambler, versione
off-road della precedente.
Il 1963 porta alcune modifiche a distribuzione, cambio e lubrificazione.
I coperchi delle punterie sono dotati di alettature per il raffreddamento
e il ruttore con le puntine è spostato all’interno del carter in posizione
più accessibile.
Nel 1965 si festeggia il 100.000 motore della serie Tiger Cub. Con il 1966
la razionalizzazione della produzione Triumph-BSA.