08 February 2007

Confronto: Ducati Multistrada 1100 S e Triumph Tiger 1050

Due Big-motard a confronto

Presentazione




Motociclismo
ha messo alla prova, confrontandole, Ducati Multistrada 1000S e la Triumph Tiger, due moto dalle origini storiche, nelle loro edizioni del 2006, mettendone in evidenza i cambiamenti e le migliorie apportati dalle rispettive case costruttrici.

Triumph Tiger nasce nel 1993. Segni distintivi: granturismo con aspetto da maxienduro stradalizzata. Caratteristiche: telaio mono… putrella – pardon, monotrave – d’acciaio, ruota anteriore da 19”, abitabilità perfetta anche in coppia e soprattutto quel formidabile tre cilindri divenuto un riferimento per il piacere di guida. Per contro, un peso notevole e un baricentro ad altezza imbarazzante. Sarebbe diventato un modello di successo fino ai giorni nostri, affinato (telaio perimetrale in alluminio) e potenziato (955 cc ad iniezione) nel tempo, sempre fedele al tre cilindri ma bisognoso, in ultimo, di una salutare ringiovanita. Fortunatamente, gli estetisti di Hinckley hanno operato con mano felice: la nuova Tiger mantiene solo parte dell’antica imponenza e ha perso del tutto l’aspetto della fuoristradista occasionale. 1.050 cc, ruote da 17”, cupolino aggressivo, linee tese e spigolose, coda corta e sfuggente, forcella rovesciata, pinze freno radiali… altro che endurona, questa Tiger
al primo colpo d’occhio promette faville sull’asfalto
. Della “vecchia” sono rimasti la posizione di guida rialzata e il riparo aerodinamico efficace, per ricordarci che il viaggio deve stancare il meno possibile e il traffico cittadino va affrontato pancia in dentro e petto in fuori, con le braccia larghe ma non troppo per sfruttare la massima maneggevolezza offerta.

Così, tra una considerazione e l’altra, viene spontaneo accostarla ad un’altra versatile maxi rialzata della serie niente enduro e tanto asfalto: la Ducati Multistrada, classe 2002, oggi nella sua recente evoluzione di 1.100 cc. La sua estetica nel complesso non è cambiata, ma la'azienda ha deciso di donarle alcuni dettagli di notevole interesse: sella più imbottita, silent-block al manubrio, cavalletto più stabile e nuovo indicatore di benzina. Ma il principale cambiamento consiste della nuova cilindrata del motore, che è passato da una cilindrata di un litro a 1100 cc.

Caratteristiche





In quanto a finiture e qualità costruttiva generale la Triumph sembra offrire qualcosa in più rispetto alla Ducati
per accoppiamenti, ponte di comando e cupolino. Entrambe le moto possono essere accessoriate in chiave turistica, grazie a valigie laterali, borse da serbatoio e, solo la Tiger, con manopole riscaldabili; l’inglese offre, tra altri numerosi accessori, anche il top case e il plexiglas più protettivo, la Multistrada può invece essere dotata di navigatore satellitare.

Per la strumentazione la scelta è simile
: sia Tiger che Multistrada adottano un grosso contagiri analogico affiancato da un display a cristalli liquidi che funge da computer di bordo con informazioni quali consumo medio, istantaneo (Tiger), autonomia, velocità media e massima, chilometraggi totale e parziali, orologio, oltre che temperatura del liquido di raffreddamento (temperatura dell’olio per la Ducati) e livello carburante. L’indicazione della velocità però nella Tiger è ricavata in una finestra all’interno dello stesso contagiri. Nel serbatoio da 20 litri, realizzato in unico stampo insieme alla sella, è stato introdotto uno specifico sensore per il rilevamento diretto del livello riserva. Questo è associato al tripfuel, un contachilometri che si attiva sul display al momento dell’accensione della spia gialla: un miglioramento importante rispetto alla precedente versione che procurava grandi incertezze sulla reale quantità di benzina a disposizione nel serbatoio. Ergonomici i comandi elettrici al manubrio così come le leve che sono regolabili su tutte e due le moto.

Un appunto va fatto agli specchi retrovisori. Ampi e ben posizionati quelli della Tiger che però deformano molto l’immagine. Migliori in questo senso quelli della Ducati che integrano gli indicatori di direzione: necessiterebbero però di una forma più regolare per aumentare il campo visivo. Sono disponibili a richiesta degli specchi retrovisori della linea Ducati Performance di forma più allungata e regolare con indicatori di direzione a LED.

Scendendo in qualche dettaglio tecnico sulla Multistrada si apprezza il bel forcellone  monobraccio; nella Tiger spiccano le pinze dei dischi anteriori ad attacco radiale e il grosso terminale di scarico molto ben inserito nella linea della fiancata: peccato che questo imponga una valigia laterale di capacità ridotta, così come nei modelli precedenti. Molto professionale la ciclistica della Multistrada 1100S che esibisce forcella da 43 mm e monoammortizzatore Ohlins totalmente regolabili, quest’ultimo con il comodo comando idraulico a distanza del precarico della molla. Il “mono” della Tiger è regolabile nel precarico della molla e nell’estensione idraulica; la forcella è una Showa, sempre da 43 mm, completamente regolabile.

Come vanno





GUIDABILITA'
In sella alla Tiger ci si sente subito a proprio agio mitigando l’immagine di “infossatura” che si ha alla prima occhiata della sella. Il piano di seduta è ad altezza vivibile (83,5 cm). A richiesta si possono avere una sella ancor più morbida, una sella più bassa e anche una più alta, all’insegna della massima adattabilità alle diverse stature ed esigenze. Le pedane sono leggermente rialzate ed arretrate e le ginocchia trovano comodamente gli incavi del serbatoio. La Tiger non ha propriamente un vitino di vespa e la larghezza del serbatoio e la sua gibbosità ci ricordano l’imponenza del motore sottostante. Assetto diverso per la Multistrada, in cui ci si sistema con il busto più eretto quasi a caricare il manubrio come su una grossa supermotard; ottimamente posizionate le pedane che però si rivelano abbastanza scivolose per la mancanza di un supporto in gomma, obbligatorio su una moto di queste caratteristiche. La sella è a 85 cm dal suolo: la maggiore altezza è compensata dai fianchi più stretti che consentono di toccare terra con le gambe più aderenti alla moto. Per tutte e due l’ampio angolo di sterzo (la Multistrada fu definita la prima Ducati che gira…) facilita manovre e marcia nel traffico. La maneggevolezza accomuna queste due sportive in assetto rialzato (o turistiche ipervitaminizzate?) poiché la posizione in sella consente un pieno controllo delle moto in ogni condizione. Anche se è la Multistrada a dare una più immediata sensazione di agilità. E qui entrano in gioco i motori.

MOTORE
Il rumore del tre cilindri è qualcosa di difficile da descrivere: una tonalità roca, piena, esaltante al salire dei giri. Questo della Tiger rimane uno dei motori più gustosi e appaganti nell’utilizzo: togliere un po’ di potenza all’esuberanza della Speed Triple per privilegiare ancora di più la fluidità dell’erogazione è stata sicuramente una mossa vincente. Ci si muove senza problemi in sesta marcia a 1.000 giri e si riprende con vigore senza esitazioni fino al limitatore posto a quota 10.500, abbondantemente nella zona rossa del contagiri. Oltre i 4.000 giri cominciano a comparire vibrazioni ad alta frequenza al manubrio, serbatoio e sella, che crescono al crescere dei giri diventando un po’ fastidiose sulle lunghe percorrenze. Non ci sono pause o spinte nella schiena: la Tiger accelera come una grossa turbina e sembra dare il meglio a qualsiasi regime con qualsiasi marcia innestata. Un motore del genere è di grande aiuto nella guida disimpegnata  e nella marcia cittadina, dove l’uso del cambio può essere ridotto al minimo. Il desmodromico a doppia accensione, cresciuto a 1.078 cc, ha subito modifiche importanti con il preciso scopo di migliorare ancor di più l’erogazione e rientrare nella normativa Euro 3. Il risultato è un motore che gira più rotondo, vibra meno e consente di ridurre i costi di gestione del 50% grazie al nuovo piano di manutenzione che raddoppia (da 6 a 12.000) il chilometraggio tra gli interventi programmati. Il bicilindrico vibra visceralmente, ma mai in modo fastidioso: il manubrio è ora montato su silent-block per aumentare il comfort di marcia. La risposta all’acceleratore è esemplare per prontezza e vigore: difficile tenere la ruota anteriore a terra se si esagera appena un poco con il gas. Anche in questo caso la spinta è piena da 2.000 giri fino al limitatore che taglia a 8.300 di strumento. Questo immortale propulsore sembra un lontanissimo parente di quello che equipaggiava la prima generazione dei Monster tanta è la sua disponibilità a girare anche a bassi regimi senza scuotimenti.

PROVA
Ed ora, via alle danze. Perché con queste moto, quando la strada comincia a muoversi in un bel misto, di danza si tratta. La Tiger ispira confidenza immediata, ma non dà pruriti ai polsi caldi. Via via che si procede, si capisce di poter osare di più. Basta prendere confi denza con l’anteriore che, dato l’assetto di guida, sembra un po’ lontano dalle mani (tipo Yamaha TDM), ma è una sensazione di breve durata: c’è una gran tenuta, un appoggio sicuro dei Michelin Pilot Road di serie. Ottimo il lavoro delle sospensioni. La taratura di serie vuole privilegiare il comfort: la forcella è scorrevole anche per piccole asperità mentre il monoammortizzatore è un po’ meno sollecito nel fi ltrare avvallamenti ripetuti. Funziona ottimamente con il passeggero, che, se è di statura medio-bassa, gode anche di una buona posizione delle gambe e un ottimo appiglio alle maniglie laterali: l’unico difetto è che, per la posizione della sella, tende a scivolare contro il pilota. Nella guida più decisa si deve ricorrere ad un maggior freno idraulico all’anteriore per evitare che la forcella affondi troppo repentinamente nelle staccate “cattive”. Qualche neo va segnalato a proposito del cambio, piuttosto duro nell’uso sportivo e con escursione lunga del pedale: le Triumph ci hanno abituato da sempre che è destinato ad ammorbidirsi con l’uso. La frizione svolge senza particolari acuti il suo dovere. Per i freni abbiamo due valutazioni distinte. Per quanto riguarda la quantità, niente da dire: c’è potenza frenante in esubero, soprattutto al posteriore. Per quanto riguarda invece la qualità della frenata, questa meriterebbe maggiore modulabilità: la prima parte di corsa della leva non produce effetto decelerante; premendo leggermente di più la potenza arriva quasi tutta insieme. Nella guida disimpegnata, più che in quella sportiva (dove si pinza forte), questa scarsa modulabilità disturba un po’. La Multistrada invita fin da subito a fare -passateci il termine – gli “stupidi”: gomiti larghi, braccia caricate sul manubrio, sospensioni impeccabili, un cambio preciso e veloce negli innesti, una frizione efficace ma che speravamo un po’ più morbida alla leva, ecco che ci si prepara a “mordere” con l’anteriore la corda della prima curva. Ma non è proprio così. A dispetto di questa esuberanza e di questo assetto da grossa motard, la Multistrada non è immediata come sembra. O almeno, non lo è per una guida ritmica e fluida quanto la Tiger. Ci vuole un po’ di strada per capirla in pieno e per pennellare a dovere curva e controcurva. Capita di correggere spesso una traiettoria che si vorrebbe più tonda e che invece la Ducati ti costringe a correggere di freno o di gas. È bella quanto nervosa, il telaio perdona quasi tutto e il motore c’è sempre per uscire a fionda dalle curve (0,4 kgm di coppia più della Tiger ben 2.500 giri prima). Quando ce l’hai in mano son dolori per tutti. Anche se è più impegnativa da portare al limite rispetto alla Tiger. Per tutte e due un plauso alla stabilità ad alte andature: sia Triumph che Ducati filano dritte come fusi senza risentire di eventuali sconnessioni dell’asfalto. Buona anche la protezione aerodinamica con un vantaggio alla Tiger. Due moto gustose, divertenti, maneggevoli, versatili e con consumi contenuti. Camminando forte la Multistrada fa valere la superiorità complessiva dei freni – perfetti per potenza e modulabilità – e delle sospensioni. Pensando però all’impiego casa-ufficio, alla vacanza in moto e alla tirata domenicale con gli amici, la Tiger gioca carte migliori. Senza dimenticare che nei trofei in pista organizzati dalla Triumph quest’anno ci sarà posto anche per lei.

Consigli di viaggio





Un fine settimana in tour
Per la prova di Ducati Multistrada e Triumph Tiger abbiamo fatto un giro nell’entroterra di Cannes. Partendo da Milano, ci sono 330 km di autostrada, poi si esce e si continua in direzione Grasse, molto bella e famosa per i profumi. Da lì si può voltare a destra per Vence e il tortuoso e molto divertente Col du Vence, che crea un bel giro ad anello. Se non ci siete mai stati è un’ottima soluzione per fare un po’ di moto nel week-end, anche d’inverno.

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