Test: Triumph Daytona 675 2009
Daytona 675 2009: caratteristiche
Cartagena (SPAGNA) 26 novembre 2008 - Dopo tre anni dalla sua prima
presentazione, la Daytona 675 si rinnova, ma senza stravolgimenti. In questo
periodo è sempre stata grandissima protagonista delle nostre comparative,
mostrado eccellenti doti dinamiche e motoristiche. Nonostante un blando
restyling estetico (cambiano cupolino, fari e plexiglas), si contano un
totale di 50 piccole modifiche che hanno migliorato la Daytona 675 là dove
prima prendeva punti dalle concorrenti giapponesi. Sotto le carene, il
motore (ora verniciato nero) riceve una testata tutta nuova e una nuova
mappatura dell’iniezione, mentre a livello di cambio, la prima marcia
è allungata. I numeri parlano chiaro: ci sono 3 CV in più (si passa da
125 a 128 CV), il motore allunga fino ai 13.900 giri (prima si fermava
a 13.500) e pesa ben 3 kg in meno. A livello ciclistico, le sospensioni
guadagnano la regolazione idraulica in compressione sia alle alte sia alle
basse velocità. Nuovi anche i dischi freno anteriori e le pinze, ora Nissin
Monoblocco. Disponibile da metà gennaio nei colori rosso o nero, costerà
11.350 euro chiavi in mano.
Come va su strada
Il motore è un portento, con un range di utilizzo molto ampio: già a 4.000
giri riprende anche con le marce lunghe senza tentennamenti e raggiunge
rapidamente il limitatore. Così, anche su percorsi molto tortuosi, si può
fare a meno di scalare in continuazione alla ricerca del rapporto più corto
per uscire dalle curve. Molto agile, è stabilissima nelle traiettorie.
Il nostro primo test su strada però (oltre 180 km di curve e tornanti),
ha messo in luce anche la scomodità della Daytona: compattissima e con
una posizione di guida molto caricata sui polsi, stanca presto il pilota.
Non aiuta la taratura rigida delle sospensioni: la scorrevolezza è ottima,
ma il setting non è certo votato al comfort. Da questo punto di vista prende
punti da alcune giapponesi, forse meno efficaci, ma con una migliore abitabilità
Come va in pista
Se su strada forcella e monoammortizzatore hanno stancato il nostro tester,
in pista le sospensioni si sono rivelate efficacissime anche con la taratura
di serie, ma sono diventate praticamente perfette dopo qualche lieve
aggiustamento
(pochi click di chiusura in compressione ed estensione). La moto segue
alla perfezione la traiettoria impostata chiudendo le curve senza alcuna
tendenza ad allargare anche in piena accelerazione. Quello che però sorprende
è il motore: il leggero incremento di potenza e il maggiore allungo fanno
sentire i loro benefici. Se prima la Daytona aveva “il fiato corto”
ai
regimi più elevati, ora allunga con vigore fino al limitatore. Guadagna
in alto, ma non perde ai medi regimi, dove il tre cilindri inglese prende
le distanze dai più tirati quadri cilindrici giapponesi, tirando fuori
dalle curve con una marcia in più. In staccata bastano due dita per ottenere
una risposta pronta e potente, ma sempre facilmente gestibile, anche su
strada.