Comparativa naked media 1,2,3,4 cilindri
In città
IN CITTÀ La Duke 690 si rivela una cavalletta tra le auto in colonna:
più che a dribblare, l’austriaca invita a saltarle montando sul bagagliaio
e scendendo dal cofano… A ruota segue il Monster grazie a una maneggevolezza
eccezionale. Se la cava abbastanza bene anche l’inglese, che paga però
un raggio di sterzo molto ampio, inadatto a incunearsi negli spazi più
angusti. Chiude il gruppo la Z750 che trasferisce al pilota un senso di
pesantezza e ingombri generali, soprattutto del serbatoio. KTM ha un cambio
impreciso anche a causa della leva (comunque regolabile) posizionata molto
in alto. Ducati, ferma al semaforo scalda e scatta al verde con un piccolo
tentennamento a causa della frizione che “stacca” tardi, mentre il cambio
è piuttosto duro negli innesti. Non va meglio la Triumph, sempre a causa
di un cambio dalla corsa lunga e migliorabile negli innesti, ma la
maneggevolezza
della Street Triple e la vicinanza del piano di seduta a terra rendono
comunque confortevole il tragitto urbano. La Kawasaki recupera punti alle
avversarie perché può contare su un cambio e una trasmissione da lode,
oltre che su sospensioni che filtrano meglio di tutte buche e pavé.
Nel misto
NEL MISTO KTM mantiene il
vantaggio guadagnato in città solo a patto che la strada sia così tortuosa
da annodarsi su se stessa. Basta che l’ampiezza delle curve aumenti un
pizzico e subito la bicilindrica di Borgo Panigale raggiunge la Kappa e
sale in cattedra. Se poi il percorso misto alterna tratti veloci a tornanti
secchi, allora nessuna sa essere completa ed equilibrata quanto la tre
cilindri inglese. Devono diventare curvoni molto ampi inframmezzati da
lunghi rettilinei i tratti in cui anche la quattro cilindri giapponese
può farsi valere. Infatti la Z750 ondeggia più di tutte, causa sospensioni
da tarare, soprattutto sul veloce. Piacciono l’allungo del motore e la
solidità dell’avantreno. Non è da meno la Street Triple, che però rivela
una versatilità superiore alla giapponese adattandosi anche a strade più
lente e più guidate. Il suo tre cilindri è divertente, ma non basterebbe
a fare della Triumph una moto facile se non fosse incastonato in una ciclistica
davvero valida: stabilità sul veloce, rapidità nello stretto e velocità
nei cambi di direzione. Al bicilindrico italiano manca l’aiuto di qualche
CV. Sarà facile fare un balzo avanti nelle prestazioni, non certo nella
guidabilità straordinaria anche se non facile. Ducati, insomma, è fatta
per emozionare, ma la moto che è riuscita a stupirci è KTM. Manubrio dritto,
posizione alta da terra e fianchi strettissimi (Ducati è solo poco più
larga), la Duke 690 estremizza il concetto di nuda esaltando l’agilità
e il divertimento. Il motore è potente e generoso ai medi, con
un’erogazione
più lineare di quella Ducati. L’impianto frenante è ai massimi livelli.
In autostrada
IN AUTOSTRADA In queste
condizioni la Duke 690 perde un sacco di consensi. Vibra tanto a partire
da 120-130 km/h alle pedane, un po’ anche al manubrio. Le vibrazioni si
arrampicano anche fino agli specchietti e li scuotono pregiudicando la
visibilità posteriore. Sulla Ducati, forse più che sulla KTM, il manubrio
largo determina un effetto vela affaticante per le braccia. In compenso
fa 22 km con un litro di benzina a 130 km/h. Di Triumph si apprezza una
posizione di guida un po’ più riparata oltre alla possibilità di restare
tranquillamente in sesta marcia anche quando si effettua un sorpasso. Purtroppo
il consumo autostradale è superiore alla media (18,5 km/l). Fastidiose
le vibrazioni alle pedane e al manubrio. In autostrada la migliore è la
Z750 consuma poco, vibra meno e ripara di più.