Special: McDeeb Supermono
Minimalismo
MINIMALISMO È questo il principio ispiratore della McDeeb Supermono,
la special di cui vi parliamo. Durante la sua costruzione sono stati tenuti
in considerazione alcuni paramentri essenziali: minimi dovevano essere
il peso, le dimensioni, la complessità costruttiva e, ovviamente, il motore.
Persino il budget per realizzarla è contenuto. Il tutto per dimostrare
che non sempre bisogna spendere troppo per avere una moto divertente e
facile da usare in pista. Partendo dalla moto che un appassionato marchigiano
aveva iniziato ad assemblare (telaio Cagiva Mito, motore Yamaha TT600 e
avantreno Suzuki GSX-R), lo staff della Classic Farm di Bienno (BS), ha
pensato di evolvere il progetto per renderla più performante, senza però
inoltrarsi in modifiche esagerate ma, anzi, esaltandone l’essenzialità
grazie a una serie di modifiche mirate.
Caratterisitche tecniche
CARATTERISTICHE TECNICHE Per il motore, il robusto monocilindrico
raffreddato
ad aria di estrazione fuoristradistica della Yamaha TT600, sono stati fatti
solo pochi cambiamenti: lavorazione dei condotti della testa, lieve aumento
del rapporto di compressione e alleggerimento degli organi in moto alterno.
Per ottimizzare il rendimento del propulsore in pista si è lavorato
principalmente
su aspirazione e scarico. I carburatori, privi di scatola filtro al momento
della prova, sono stati tarati con nuovi getti ma è prevista la costruzione
di un air-box su misura e di una paratia che eviti il risucchio dell’aria
surriscaldata proveniente dal gruppo termico. Lo scarico invece sfrutta
nuovi collettori che si allungano sotto il motore per poi raggrupparsi
in un silenziatore a sezione ovale in fibra di carbonio. Così preparato,
il monocilindrico ha erogato al nostro banco 37,21 CV a 6.250 giri, mentre
la coppia massima è di 4,91 kgm a 3.750 giri. Valori di poco superiori
a quelli del motore di serie, ma raggiunti a regimi più bassi. Caratteristica
di questo motore infatti, oltre al tasso elevatissimo di vibrazioni, è
il ridotto range di utilizzo, circoscrivibile tra i 2.500 e i 6.500 giri.
Fasciato dalle travi in alluminio del telaio Cagiva Mito, al propulsore
sono lasciati ben pochi sfoghi di raffreddamento anche dalla carena, sempre
della 125 varesina. Questo provoca un surriscaldamento precoce, nonostante
l’adozione di un radiatore dell’olio in posizione esposta
all’aria,
che alla lunga - soprattutto nell’utilizzo tirato in pista - genera un
malfunzionamento della frizione, che tende a “gonfiarsi”, rendendo
difficoltoso
anche l’uso del cambio, nonostante il comando a cavo sia morbido da tirare
e molto semplice da modulare in rilascio. Certamente una maggiore aerazione
della parte termica migliorerebbe la situazione. Altre modifiche? Avantreno
completo Suzuki GSX-R e codone monoposto in fibra di vetro di una Yamaha
YZF-R1, all’interno del quale è prevista la collocazione di un serbatoio
in alluminio per il recupero dei vapori del motore.
Prova in pista
PROVA IN PISTA È il momento di scendere in pista. Il circuito prescelto
è l’autodromo di Franciacorta (Rezzato - BS), dove si è corsa,
nell’ottobre
2007, l’ultima tappa del Trofeo Italiano Supermono. Il motore ha
un’erogazione
pulita e lineare ai bassi regimi, più impura nella zona alta del contagiri.
Esprime il meglio di sé ai bassi e medi regimi, dove si avverte l’entrata
in coppia e la spinta si fa più gratificante. In alto ci si aspetterebbe
una verve maggiore, ma bisogna tenere conto della rapportatura molto lunga
del modello da noi provato, che a Franciacorta penalizzava un po’ la
rapidità
a prendere giri e l’allungo. Note positive invece arrivano dalla
ciclistica:
il feeling è da vera moto da corsa, con la marcata sensazione che
l’avantreno
tenda a cadere all’interno. La McDeeb è immediata e precisa
nell’impostare
la curva, rapida nei cambi di direzione, ma ancora più rilevante è la stabilità
in piega, grazie anche agli ottimi pneumatici Michelin Power Race: a gomme
calde l’aderenza è eccellente. Le sospensioni assecondano la guida
sportiva.
La forcella affonda rapidamente nella prima parte della corsa, assorbendo
piccole asperità, ma subito dopo si dimostra molto ben frenata. Ben tarato
anche il ritorno, che comunque non innesca alleggerimenti perché la potenza
scaricata a terra non è affatto esagerata. Il posteriore è più rigido e
si affida ad un monoammortizzatore Bitubo, che si estende rapidamente e
in staccata assicura sempre il contatto con l’asfalto.
La staccata
LA STACCATA In staccata arriviamo cauti, perché l’impianto non
all’altezza
delle aspettative. Per rallentare decorosamente i 135,2 kg della moto bisogna
strizzare a fondo la leva, il cui azionamento è un po’ spugnoso, ma la
risposta è lineare. Considerando la bontà della componentistica, pensiamo
che la scarsa potenza sia attribuibile ad uno spurgo non perfetto
dell’impianto.
Tutto sommato l’effetto raddrizante in ingresso curva è modesto e questo
permette di entrare con i freni ancora tirati. Un’ultima nota: la corsa
all’essenzialità ha portato il preparatore della McDeeb a togliere tutto
il superfluo, strumentazione e leva del kick-starter compresi. Quindi è
essenziale un avviatore esterno, se si vogliono evitare lunghi e faticosi
avviamenti a spinta nel paddock.
Supermono Ducati
SUPERMONO DUCATI Prodotta in soli 66 esemplari, la Ducati Supermono
550 è un pezzo da collezione. Motociclismo l’ha provata sul fascicolo
10 1993. Il motore conservava la distribuzione desmodromica a 4 valvole
delle bicilindriche bolognesi, mentre i carter erano fusi in terra. Alesaggio
e corsa misuravano rispettivamente 100 e 70 mm, determinando un rapporto
superquadro, capace di elevati regimi di rotazione. Lo schema era quello
dei bicilindrici ma con il solo cilindro orizzontale: un equilibratore
dinamico con biella ausiliaria (in titanio) serviva a smorzare le vibrazioni.
L’alimentazione era affidata ad un sistema di iniezione elettronica Weber
con doppio iniettore. Al raffreddamento pensavano due radiatori: uno per
l’acqua e l’altro per l’olio. Il telaio conservava la
struttura a traliccio
in acciaio delle altre Ducati ma aveva un disegno più raccolto, dato il
minore ingombro del motore. Inclinazione del cannotto di sterzo di soli
23°, che determinava un’avancorsa di 92 mm, mentre l’interasse
misurava
1.360 mm. Raffinate le sospensioni: davanti era montata una Öhlins a steli
rovesciati da 41 mm, dietro il monoammortizzatore, sempre del marchio svedese,
lavorava su un forcellone in alluminio senza interposizione di leveraggi
progressivi. Venivano dichiarati 118 kg a secco, che salivano a 122 in
ordine di marcia. Facile da guidare, pur trattandosi di una moto pensata
esclusivamente per la pista, vantava eccellenti doti dinamiche grazie al
perfetto equilibrio di telaio e sospensioni. Rapida a scendere in piega,
fulminea nei cambi di direzione, la Supermono era anche eccezionalmente
stabile. Ottimi anche i freni: all’anteriore spiccava un doppio disco
flottante da 280 mm con pinze a 4 pistoncini e pompa radiale, tutto marchiato
Brembo.
Supermono stradali
SUPERMONO STRADALI Su strada, Gilera, Bimota e Yamaha si sono cimentate
in progetti concreti: Gilera con la Saturno Bialbero 500 (1988) che aveva
il nome della famosa mezzo litro di Arcore, Bimota con la Supermono motorizzata
BMW-Rotax 650, presentata a Colonia nel 1994 e Yamaha con la SZR 660, arrivata
l’anno dopo. Gilera nasce sulle richiesta del mercato giapponese che
voleva
una mono sportiva e molto italiana nel design: aveva il motore delle XRT
da fuoristrada e 40 CV. Bimota disponeva di una potenza di 48 CV a 6.500
giri, e un telaio in alluminio in tubi ovali. Fu prodotta in 376 esemplari
monoposto e 148 biposto. La Yamaha Super Single veniva costruita a Gerno
di Lesmo, nella sede italiana di Yamaha dove già si montava la sportiva
TZR 125 e dalla quale ereditava il telaio in alluminio. Il motore era quello,
raffreddato a liquido, della enduro XTZ660 che dava, alla ruota, 43,8 CV
a 6.400 giri.