Moto Guzzi V7 Classic 750: motore e ciclistica piacciono ma richiede ancora molte migliorie

Uno sguardo al passato per trovare uno sbocco al futuro. Nella sempre complicata vita della Moto Guzzi nasce un modello che guarda indietro per poter andare in avanti. Un paradosso? No, è che a Mandello si gioca questa importante carta della V7 in un momento difficile, con la fabbrica che deve essere sottoposta a “restauri” con la conseguenza di una produzione a ritmo ridotto e prevedibile spostamento di qualche linea di montaggio a Noale piuttosto che a Pontedera. Nonostante gli sforzi e i nuov

Caratterisitche






CARATTERISITCHE
Uno sguardo al passato per trovare uno sbocco al futuro. Nella sempre complicata vita della Moto Guzzi nasce un modello che guarda indietro per poter andare in avanti. Un paradosso? No, è che a Mandello si gioca questa importante carta della V7 in un momento difficile, con la fabbrica che deve essere sottoposta a “restauri” con la conseguenza di una produzione a ritmo ridotto e prevedibile spostamento di qualche linea di montaggio a Noale piuttosto che a Pontedera. Nonostante gli sforzi e i nuovi modelli, ancora oggi i numeri non tornano. Il 2007 si è chiuso con 3.041 immatricolazioni in Italia e - cosa preoccupante - è ancora la “vecchia” Nevada 750 ad essere il modello più venduto con 537 esemplari. Significa chiaramente che il prodotto Moto Guzzi fatica ad imporsi e che le novità lanciate a raffica in questi ultimi anni non stanno portando a casa risultati significativi. Non ci fa piacere leggere questi dati, anche perché la Moto Guzzi è un patrimonio che non va disperso in nessun modo. La V7 Classic esce in questo momento e l’operazione nostalgia ci piace, anche perché ci ricorda momenti felici. Oggi è difficile vedere nel suo futuro, sapere se avrà successo, però i presupposti per ottenere uno spazio sul mercato ci sono. A giudicare dai commenti che abbiamo raccolto durante questa prova, la V7 suscita ammirazione e voglia di acquisto nei motociclisti di lungo corso e il motivo è fin troppo chiaro. Chi ha oggi 40-50 anni ricorda fin bene i modelli della sua gioventù, quelli dai quali la Guzzi ha attinto a piene mani per rifare la V7. Il gusto classico, nei centauri “over”, fa sempre colpo. Meno sensibili i giovani, anche se ci sono le dovute eccezioni. Qualcuno, evidentemente esperto, dimostra gradimento, ma solleva il problema, più che della cilindrata ridotta, della contenuta potenza e domanda se non potevano farla col più prestante motore della Breva 850. L’impatto è comunque positivo, anche se questa V7 arriva sul mercato un po’ tardi. Di una moto in stile rétro se ne parlava già dieci anni fa, quando in Moto Guzzi si pensava di rifare, in chiave moderna, la V7 Special del ‘69. La precedenza è stata data ad altri modelli, è logico, e finalmente l’operazione ha preso il via un paio di anni fa.

Come è fatta






COME È FATTA
Al contrario della Triumph, che con la Bonneville ha ripreso il tema di un suo modello specifico, a Mandello hanno optato per un mix di elementi del passato, montati, a nostro avviso, con gran gusto. La V7 Classic non ha nulla della Special di 40 anni fa se non il colore, piuttosto si richiama all’altrettanto famosa V7 Sport del ‘71; il serbatoio - col motore l’elemento stilistico determinante in una naked - è la fotocopia di quello montato sulla vecchia sportiva, utilizzato in seguito anche per le belle 750 S, 750 S3 e 850 Le Mans. Gli altri elementi che compongono l’estetica della V7 Classic non sono riconducibili ad un modello, ma in generale ripropongono il look di quei primi anni 70, a cominciare dal faro tondo cromato fino al sellone lungo con stampata sul retro la Marca.
Per far nascere questa V7 si è partiti dalla Breva 750 alla quale si sono cambiate le sovrastrutture. Telaio, motore, freni e sospensioni sono i medesimi, cambiano solo i cerchi che qui sono a raggi, la misura della gomma anteriore ora da 100/90-18 anziché da 110/70-17 e l’impianto di scarico. Del serbatoio (da 17 litri) abbiamo detto, ma dobbiamo aggiungere che parafanghi e fiancatine sono inediti, così come i gruppi ottici. Il risultato è molto gradevole, privo di “eccessi”, elegante. Anche la cura costruttiva è buona e persino la moltitudine di cavi al manubrio è se non altro ordinata.

Come va il motore






COME VA IL MOTORE
Quando non si prova da tanto tempo una Guzzi, all’inizio si rimane un po’ perplessi. L’avviamento, benchè pronto, è rumoroso e la moto si “agita” sul cavalletto laterale (quello centrale, se sarà incluso tra gli optional, lo si potrà acquistare da settembre) con un movimento ondulatorio dovuto alla rotazione dell’albero a gomiti longitudinale; non è una bella sensazione, tanto che si salta subito in sella. Il bicilindrico a V di 748 cc va scaldato per qualche minuto e da freddo lo starter manuale si può togliere subito. Ma partire col motore freddo significa un innesto della prima marcia non sempre agevole, facili spegnimenti al primo stop e una ricerca del folle difficile. Una volta che il motore ha raggiunto la sua temperatura di esercizio, questi difettucci scompaiono. La posizione di guida è naturale; molto ben fatto il manubrio cromato, ampia la sella, ragionevolmente posizionate le pedane, anche del passeggero. Per toccar bene a terra con i piedi bisogna essere alti almeno 1.75 m e con questa statura non si tocca con le ginocchia nei cilindri. I più alti, invece, avranno le gambe un po’ troppo rannichiate con qualche indolenzimento sulle lunghe tratte. I comandi elettrici sono sottomano (ma di aspetto economico), l’acceleratore è morbidissimo al contrario della frizione che richiede un certo sforzo alla leva. La strumentazione, la cui grafica si rifà a quella della V7 Special di un tempo, offre i due elementi tondi (contagiri e tachimetro, quest’ultimo dallo scarto un po’ abbondante) con inserito un display per parte: sulla sinistra il contakm, sulla destra l’orologio e l’indicatore della temperatura ambientale: i tasti di selezione sono tuttavia duri. Visibilità eccellente anche per le sei spie di servizio. E già che parliamo di spie, c’è da dire che a Mandello sono trent’anni e forse più che ci litigano: storicamente era quella del folle a “dare i numeri”, oggi è quella della benzina che si accende e spegne a suo piacimento, anche se si è da poco fatto rifornimento. Il motore non è stato modificato rispetto alla Breva 750. Benchè non spunti valori di potenza straordinari (60 CV/litro) ha una bella erogazione, senza incertezze anche da bassissimo regime e seppur con i rapporti alti inseriti. Tirare le marce, rapportate tutte sul lungo, non serve più di tanto perché raggiunti i 6.250 giri la potenza cala repentinamente e cresce solo la rumorosità. Meglio sfruttare il motore dai 2.000 ai 5.000 giri, una range che permette di passare con prontezza da 11 a 35,5 CV e di avere una coppia costantemente attorno ai 4/5 kgm. Le vibrazioni interessano manopole e pedane con picchi fastidiosi: il primo attorno ai 3.800 giri, il secondo a circa 5.500 giri (che in quinta marcia corrispondono a circa 140 km/h indicati). La trasmissione è tipicamente Guzzi. La frizione monodisco a secco non è un mostro di modulabilità e richiede un po’ di “mestiere” quando ci si muove lenti nel traffico. Il cambio, rispetto al passato, è migliorato quanto a silenziosità di innesto, ma resta una abbondante escursione della leva. La precisione è buona, ma qualche volta, se non si agisce con la dovuta decisione, si rischia la sfollata.

Ciclistica






CICLISITCA
Ci è piaciuta la ciclistica. Il telaio ha già dimostrato sulle precedenti 750 ottime qualità. Ha misure corrette anche nella geometria di sterzo (cannotto inclinato di 27°30’ per un’avancorsa di 109 mm) e grazie all’interasse di 1.449 mm dona stabilità e anche maneggevolezza. Quest’ultima è ulteriormente migliorata rispetto alla Breva grazie alla gomma a spalla più alta e al cerchio anteriore da 18” anzichè da 17”. In città la V7 ha una agilità che verrebbe da paragonare a quella di uno scooter e in ciò giocano a favore l’ampio angolo di sterzata (32° per parte), il manubrio largo e la prontezza del motore ai bassi regimi. Sul misto la V7 si esalta, ben bilanciata, precisa e pronta ai cambiamenti di direzione. Le sospensioni (forcella Marzocchi da 40 mm e ammortizzatori Sachs), almeno finché il fondo è regolare non danno certo problemi. L’anteriore, in particolare, ha un’ottima taratura e sia in compressione sia in estensione si comporta molto bene, anche nella guida sportiva. Gli ammortizzatori non generano oscillazioni, ma la taratura in questo caso è eccessivamente rigida, anche allentando il precarico della molla; di sicuro non vanno facilmente a pacco, pure col passeggero, ma in caso di fondo irregolare causano saltellamenti poco gradevoli. La V7 è gratificante da guidare dove ci sono tante curve e pochi allunghi e con un po’ di esperienza ci si possono togliere delle soddisfazioni con angoli di piega di tutto rispetto.

Utilizzo urbano e prezzo






UTILIZZO URBANO E PREZZO
Dove la V7 è poco adatta è in autostrada: le vibrazioni, la sella dall’imbottitura granitica e la mancanza di un cupolino (che dovrebbe essere fornito, con le borse, in optional) stancano il pilota, mentre il passeggero ha una posizione sì ergonomica ma farà fatica a capire perché la sella sia così dura. Convincente la frenata, affidata ad un grosso disco anteriore con pinza Brembo a 4 pistoncini e a un disco posteriore con pinza a 2 pistoncini. All’avantreno la potenza è davvero ben modulabile e anche il disco posteriore, una volta tanto, ha del mordente. La sola avvertenza è quella di non pestare sul pedale perché altrimenti si arriva al facile bloccaggio della ruota. La nostra prova finisce. Si spegne il motore, ma la V7 non sembra voler riposarsi: l’ultima sorpresa è un lungo ticchettio; questione di dilatazione dei metalli, nulla di serio se non che a qualche maligno viene in mente un concerto di pentole... In conclusione, lungi dalla perfezione giapponese, alla V7 Classic si perdonano i difetti che abbiamo citato, ma solo se si resta affascinati dalle sue forme evocative, dal nome che porta con orgoglio sul serbatoio e da quelle sensazioni che questo motore a V trasversale sa, da sempre, trasmettere al pilota. Per tanti questo può bastare. E il prezzo, vi chiederete? 7.990 euro chiavi in mano (prezzo di lancio, poi salirà a 8.300) possono sembrare molti, ma vanno valutati correttamente. Alla stessa cifra e anche a meno si comprano eccellenti pluricilindriche con potenza doppia e dotazioni tecniche superiori ma il confronto - e quindi il posizionamento sul mercato - va su un altro livello, quello appunto delle moto rétro dove già ci sono la Triumph Bonneville (quella di maggior successo commerciale), la Ducati GT 1000 e l’H-D Sportster. Qui il prezzo esula dai contenuti tecnici e dalle prestazioni in assoluto e tiene conto soprattutto della storicità dei Marchi e dei modelli, del loro fascino. La V7 Classic, in pratica, va ad allinearsi alle dirette concorrenti, ma con l’handicap di una cilindrata leggermente inferiore. Il fascino dell’aquila saprà sopperire a questo? Lo speriamo.

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