Harley-Davidson Road King Classic contro Triumph Rocket III Touring
Grandi in tutto
GRANDI IN TUTTO Cromature che scintillano al sole, selle generose,
dimensioni imponenti ma soprattutto tanti, tanti centimetri cubi: addirittura
2.294 per la Triumph Rocket III, che in questa versione Touring affianca
la “base” rinunciando a 36 CV e al gommone da 240 per puntare sulla
versatilità.
Non a caso ha di serie il parabrezza e le borse laterali, oltre ad annoverare
una gamma accessori ricchissima. È con queste credenziali che la Triumph
sfida il mito Harley-Davidson e i suoi 105 anni, come quelli impressi sul
serbatoio della Road King Classic. Infatti quella protagonista della nostra
prova è l’edizione limitata per il 105° anno di vita del Marchio, e si
distingue per un’esclusiva colorazione bicolore, per una piastra numerata
sulla plancia e per fregi speciali su serbatoio, scatola filtro e coperchio
centralina. Tutta rinnovata, invece, la maxi di Hinckley, che ha in comune
con la Rocket III solo il fanale posteriore, gli specchietti e, soprattutto,
il motore. Il 3 cilindri longitudinale è il biglietto da visita più eloquente
di questa maxi-cruiser: il sacrificio di 31 CV “veri” ha generato
una
coppia ancora superiore al passato. Impressionante è l’effetto che si
prova quando si apre il gas: la spinta è sempre pronta e vigorosa, non
importano la velocità o il rapporto inserito. Classico e moderno allo stesso
tempo è invece il bicilindrico Twin Cam 96 da 1.584 cc; guadagna una dozzina
di CV rispetto al vecchio 88 e dispone anche di più sostanza ai bassi e
medi regimi.
Comfort
COMFORT Come su tutte le Harley-Davidson delle famiglie Touring e Dyna,
il bicilindrico a V di 45° è privo del contralbero anti-vibrazioni ed è
montato su supporti elastici: coreografico lo spettacolo dei 2 cilindri
che al minimo sembrano voler saltare fuori dal telaio da un momento
all’altro,
ma appena in marcia, le “good vibrations” scompaiono completamente,
lasciando
spazio all’inconfondibile tonalità di scarico e al comfort più assoluto.
Da subito la prima preoccupazione è la difficoltà che incontreremo nelle
manovre. In effetti il peso non è propriamente piuma e, se i quasi 340
kg della Road King sembrano tanti, spostare i 380 kg (!) della Triumph,
in certe situazioni, può diventare veramente problematico. L’americana,
oltre ad essere più snella, ha dalla sua una sella più bassa e profilata
che permette di appoggiare con più sicurezza i piedi a terra, rendendo
un po’ più agevoli queste operazioni. Accomodarsi sulla Road King Classic
è un piacere per gli occhi (la plancia è completa ed elegante) e per il
fondoschiena (la sella è morbida e accogliente). In pieno stile cruiser
la posizione di guida e la collocazione dei comandi a pedale; se alcuni
dettagli sono ben fatti come i due fari anteriori supplementari, alcune
finiture non sono all’altezza del blasone (e del prezzo). Gradevole il
primo impatto in sella alla Rocket: la sella è ampia e sontuosa al pari
di quella della rivale, la posizione di guida è rilassata e naturale, molto
caratterizzata dal grosso manubrio a corna di bue che, una volta impugnato,
dona una sensazione di completo controllo del mezzo. Davvero utile il computer
di bordo, che indica anche l’autonomia residua, ma anche se fidarsi è
bene, guardare nel serbatoio è meglio: le indicazioni non si sono rivelate
affatto precise, al punto che nel corso della nostra prova siamo rimasti
senza benzina (con 70 km di autonomia indicata, siamo rimasti a piedi);
provate a spingerla voi questa bestiona…
In marcia
IN MARCIA Nonostante la capacità dei serbatoi sostanzialmente uguale
(circa 20 liri), la H-D si giova di consumi più contenuti e percorre, con
un pieno di carburante, circa 100 km in più, fattore non di poco conto
per moto con questa vocazione. Come da previsioni, la città fa soffrire:
spesso costretti in coda dalle grosse dimensioni, sgusciare tra le macchine
risulta difficile soprattutto per la Triumph, mentre l’H-D, grazie alle
dimensioni più compatte e al maggior raggio di sterzo, è più agile; attenzione
però ai collettori di scarico perché sono molto vicini al polpaccio del
pilota e basta un disattenzione per trovarsi un rovente ricordo sulla pelle.
Tutta la fatica di manovrare in città viene però ripagata dagli sguardi
dei passanti: ad ogni semaforo sarete al centro dell’attenzione.
L’autostrada
è il luogo dove apprezziamo le doti di tourer: a 130 km/h entrambe offrono
un’ottima protezione grazie ai grandi parabrezza (a sgancio rapido).
Completamente
al riparo da fastidiose turbolenze, niente rovina il piacere di osservare
il paesaggio, tranne nell’eventualità che siate alti tra 1,75 e 1,80 m:
in quel caso la sommità di entrambi i parabrezza viene a trovarsi proprio
davanti agli occhi, e crea qualche fastidio nella visuale e nello scegliere
la corretta posizione in sella. I curvoni non fanno paura all’inglesona,
che segue le traiettorie scelte senza scomporsi, pregio che manca alla
Road King che deve essere seguita con attenzione per ogni centimetro di
asfalto, pena l’innescamento di ondeggiamenti. Il rovescio della medaglia
è che, mentre l’Harley assorbe perfettamente le imprecisioni
dell’asfalto,
il reparto sospensioni della Triumph è decisamente più sostenuto, e se
questo le assicura buone doti dinamiche, ogni buca viene trasmessa direttamente
a pilota e passeggero. Non ci sorprende che il cambio dell’H-D sia
rumoroso
e lento, ma ci è piaciuta la sesta marcia overdrive, che consente di viaggiare
in souplesse con un filo di gas in autostrada, magari approfittando del
Cruise Control (di serie), con cui si può impostare la velocità desiderata.
Unica nota dolente la frizione, un po’ dura e non molto modulabile.
Impeccabile
invece la trasmissione della Triumph: cambio preciso e silenzioso, frizione
modulabile e soprattutto un cardano che rasenta la perfezione.
Caratteri diversi
CARATTERI DIVERSI Più rigida di telaio e con sospensioni serie, la
Rocket non va in crisi quando si forza il ritmo e anzi, assistita da una
frenata potente e gestibile, invita ad andare allegri, e la dimensione
più umana del pneumatico posteriore (dal 240 della “standard” si
passa
al 180), consente una buona manovrabilità anche sul misto stretto. Di altra
indole è l’Harley che invita ad inserire la terza, a dimenticarsi il
cambio
e a prendere le cose con calma; la Road King va condotta con rotondità,
non solo perché le pedane strisciano presto sull’asfalto, ma anche perché
si capisce subito che è il modo giusto di guidarla. Complici le sospensioni
soft, i cambi di direzione vanno eseguiti con dolcezza e i freni, la cui
leva è troppo grossa e distante dalle manopole (riscaldate), sotto stress
si rivelano un po’ spugnosi e vanno strizzati a dovere. Due caratteri
ben diversi ma stessa missione: i viaggi in coppia, dove il comfort del
passeggero e la sfruttabilità delle borse diventano essenziali. Belle da
vedere e discretamente capienti (14 litri), le valigie della Rocket hanno
la serratura e una forma regolare e ben sfruttabile. Di serie sono presenti
le borse interne che permettono di asportare i bagagli senza essere costretti
a sganciarle, azione che comunque impegna pochi attimi. Non soddisfano
appieno invece le borse dell’H-D, sia perché prive di serrature, sia per
l’aspetto un po’ povero. Le due maxi si prendono cura del passeggero
con attenzione. Ben imbottita con uno strato di gel speciale, la sella
per il passeggero della Rocket è in linea con quanto promesso; le pedane
sono ben posizionate, peccato che si avvertano delle vibrazioni. Esente
da questo difetto, la Road King ha però la parte posteriore della sella
che tende a far scivolare il passeggero sul parafango, cosa che suggerisce
il montaggio di uno schienalino. Per acquistare questi gioielli, infine,
sono necessari 18.990 euro per l’inglese e 21.800 per l’americana.
Per
entrambe le possibilità di personalizzazione sono davvero infinite, quindi,
volendo, si può spendere molto di più.