Guida all'acquisto: Triumph Bonneville
Come nasce
La Triumph Bonneville venne presentata
nel 1959 con la cilindrata di 650 cc e rimase in produzione fino al 1988.
Presto divenne un mito per le sue brillanti prestazioni e per essere il
simbolo di una generazione ribelle che si può collocare tra l’inizio e
la fine degli Anni Sessanta. Poi, nel 1983, fu la Triumph stessa a chiudere
lo storico stabilimento di Meriden per insanabili dissesti finanziari.
La costruzione della Bonneville proseguì però fino al 1988 grazie a Les
Harris (Racing Spares) di Newton Abbot.
Quell anno, dopo 300.000 esemplari prodotti in totale dal ‘59, sembrava
proprio che per la “Bonnie” fosse giunta la fine. Ma nel 1991 la
Triumph
rinasceva nel nuovo stabilimento di Hinckley grazie a idee e capitali freschi
che portavano nel 1992 ad azzeccate e moderne motociclette. Queste, però,
a parte la nomenclatura di qualcuna di esse, poco o nulla avevano a che
spartire col passato. Fu nel fatidico anno 2000 che venne annunciata e
concretizzata la nuova Bonneville, al contrario di quanto fatto fino a
quel momento, una vera e propria operazione di revival, nel senso che si
avvicina davvero nella fisionomia al modello originale degli anni Sessanta.
Naturalmente le similitudini si fermano qui, nel senso che i progettisti
non hanno conservato nulla se non in parte il concetto teorico di come
era costruita la vecchia Bonneville.
Com'è fatta
Gli studi per la progettazione ed i collaudi
durano a lungo e portano ad un prodotto che reincarna certamente i caratteri
genetici dell’antenata, ma in chiave assolutamente moderna. Il motore
è salito a quasi 800 cc di cilindrata conservando la struttura di bicilindrico
parallelo frontemarcia che è un vero e proprio segno di appartenenza per
i britannici.
È raffreddato ad aria, il che non significa “vecchio” perchè, e
questa
moto lo dimostra, questo schema trova molti apprezzati vantaggi proprio
nella sua semplicità, naturalmente quando ben progettato come nel nostro
caso. Ottimale in questo senso l’idea di montare il radiatore
dell’olio,
mimetizzandolo in modo da nasconderlo alla vista, ma essenziale per un
buono e duraturo effetto lubrificante.
Le quattro valvole per cilindro con doppio albero a camme in testa, i due
contralberi antivibrazione che neutralizzano la naturale propensione a
vibrare del bicilindrico a 360°, i 4 supporti di banco ed i carter tagliati
orizzontalmente, sono solo i principali tra le varie “bellezze”
interne
di questo motore. Che quindi non deve ingannare con le sue forme armoniche,
morbide e così bonarie, perchè le prestazioni ci sono, certo non paragonabili
ad un motore plurifrazionato di analoga cilindrata, ma più che sufficienti
a divertirsi con l’aggiunta di uno stile inimitabile.
Come va
La T100 ed i costi