I segreti del motore Ottovalvole Moto Guzzi
Guzzi si rinnova
Moto Guzzi mette mano ai propri motori e sforna il l'8V. Ad un’analisi
esterna, buttando l’occhio sui carter non si direbbe essere cambiato alcun
che. Se poi si approfondisce l’analisi del vestito sotto cui si cela il
contenuto tecnico del nuovo prorpulsore, spostando lo sguardo verso la
testa, allora si intuisce che qualcosa è cambiato. Si legge il nome
“quattro
valvole”, che introduce la grande novità: il motore è inedito, progettato
da zero, pronto per regalare nuove emozioni al Guzzista. Il progetto è
basato sull’introduzione delle quattro valvole per cilindro, che la Casa
di Mandello sul Lario aveva adottato fin dalla sua prima moto del 1921
ma mai utilizzato con convinzione in grande serie e che oggi riprende decisa
per allinearsi alla produzione delle giapponesi, sulle quali è utilizzato
da trent’anni, della Ducati, per cui è un’adozione ventennale e
della
BMW, giunta al quindicesimo anniversario delle quattro valvole sul boxer.
Costruzione Ottovalvole
A discapito del disegno esterno che pare identico a quello del 2V (lo è
per scelta), già la parte interna dei carter cambia del tutto. La conchiglia
8V è nettamente più densa di nervature e possiede differenti passaggi per
l’olio, che concorre al raffreddamento (di fatto ad aria+olio).
L’albero
motore deriva da un grezzo Guzzi standard, ma è stato rivisto per ottenere
una rigidezza dieci volte maggiore, adatta a sopportare le sollecitazione
del V8. I pistoni sono l’unico componente non progettato appositamente
per la 8V, ma sono, invece, ripresi dal motore 850 2V. I pistoni Asso hanno
mantelli corti e riporto antigrippaggio per ridurre gli attriti; la camera
di scoppio è stata ricavata parzialmente nel cielo pistone al fine di ridurre
l’ingombro verticale delle teste e, soprattutto, di ricavare un tratto
verticale dei condotti di aspirazione più lungo. I cilindri hanno riporto
in carburo di silicio, una tecnologia che la Guzzi ha adottato da tempo.
Lo schema della distribuzione è completamente nuovo e piuttosto originale.
Si tratta di uno schema monoalbero, con asse a camme in testa, ma posizionato
di fianco (fianco esterno della testa – foto 3 - 4 - 16 della gallery)
al castello valvole anziché sopra, sempre nell’ottica di ridurne
l’ingombro.
Al posto della catena del 2V, è stata adottata una pregevole cascata di
ingranaggi con doppia funzione: una coppia di ingranaggi tra albero motore
e asse a cammes per la distribuzione, e una coppia tra albero motore e
pompa dell’olio per i circuiti di lubrificazione e di raffreddamento.
La testa è il punto focale del nuovo motore. L’incremento di potenza
comporta
infatti un incremento di calore da smaltire, e non in assenza di raffreddamento
a liquido si è potenziata la funzione dell’olio. La camera, molto compatta
per agevolare la dissipazione, è circondata da una camera anulare simile
a quella di un motore raffreddato a liquido, ma attraversata da olio che
arriva dal radiatore. Grazie al disegno della distribuzione, la testa 4V
ha ingombri inferiori alla 2V.
La pompa olio è trocoidale (nome derivato dalla forma - trocoide -
dell’ingranaggio,
che ha la funzione di premere l’olio nella pompa); bisognerebbe parlare
però di “pompe olio”, dal momento che ve ne sono due identiche
trocoidali,
che lavorano in parallelo per due circuiti indipendenti e svolgono le funzioni
di lubrificazione e raffreddamento del propulsore.
La frizione non è più bidisco ma monodisco, con parastrappi integrato anziché
collocato nel cambio. Rispetto alla vecchia bidisco ha diversi vantaggi:
è più progressiva e meno rumorosa in attacco, meno costosa e viene fornita
preassemblata ed equilibrata. In fase di montaggio industriale si risparmia
la delicata operazione di equlibratura.
L’elettronica è condivisa col 2V, dove è già decisamente evoluta: si
tratta
della Magneti Marelli 5I, che gestisce tutto attraverso una linea CAN e
demanda al cruscotto la gestione delle sicurezze (dai check all’impianto
di iniezione al blocco avviamento con stampella estratta).