La storia della giacca da turismo
L'abito del mototurista
L’abito probabilmente non fa il monaco, ma sicuramente
fa il motociclista.
Se c’è qualcosa, infatti, che identifica un centauro, questo è il suo
abbigliamento, e più di tutto la giacca che indossa. Il materiale di cui
è fatta, le sue imbottiture, le protezioni, il taglio, le finiture, ecc.
possono raccontare molto di lui. Ci possono dire, per esempio, se è un
macina-chilometri o un virtuoso della prestazione, uno sconsiderato o un
timorato della strada, uno che guarda solo alla sostanza o un dandy. Una
cosa è certa, il più esposto alle insidie del meteo è il
mototurista.
A differenza delle altre tipologie di motociclisti,
questi sa
che la pioggia e il freddo, ma anche il caldo e
l’insolazione,
non sono e non saranno mai degli incidenti di percorso, ma al
contrario, fedelissimi sodali. La storia della giacca da
turismo ha coinvolto le aziende di abbigliamento in un lungo ed inesaurito
lavoro per costruire addosso al motociclista viaggiatore un’armatura che
lo isolasse e proteggesse dagli elementi naturali, oltre che dalle
cadute, senza però che ciò significasse appesantirlo e
ingombrarlo.
La divisa del globe trotter è il risultato di un fine lavoro compromissorio:
il capo più sicuro infatti difficilmente è il capo più confortevole, il
capo più traspirante non è mai quello più impermeabile, e, ancora, il capo
termico, spesso, non è il capo che valorizza di più le nostre forme. I
tessuti di domani nasconderanno in spessori minimi l’esperienza maturata
in anni e anni di esercizi di tramature, laminazioni e spalmature. Dal
contenuto tecnico di quegli spessori e pure dal numero di
“pellicole”
che li compongono è possibile distinguere con precisione l’evo a cui
appartiene
una giacca, così come gli anelli di un tronco d’albero possono rivelarci
l’età della pianta.
Come in aeronautica
DALL’IMPERMEABILE AL BOMBER DI PELLE
Niente è più fastidioso di un viaggio in moto con abbigliamento inadeguato.
Sfogliando gli annali del mototurismo viene spontaneo chiedersi con
che coraggio i nostri avi potessero affrontare raid anche molto lunghi
con certe moto e certe strade, per di più con
l’equipaggiamento
che si ritrovavano: impermeabili di provenienza
“equestre” in
tela cerata, maglioni a collo alto in lana cruda,
striminziti
gilet di pelle, magari con una doppia fila di bottoni per chiusura,
dato che la zip non era ancora stata inventata. Caratteristici degli anni
‘10 e ‘20, questi capi spariscono quando i motociclisti si
accorgono
di quel filo di parentela che lega la motocicletta all’aeroplano:
in entrambi i casi l’uomo è esposto all’aria fredda, quindi
perché
non far proprio il più classico indumento degli aviatori, cioè il
giubbotto in pelle foderato di pelliccia. Naturalmente si tratta di
un capo costoso, non accessibile a tutti, ma rappresenta un passo importante
nell’evoluzione verso la giacca da moto come la conosciamo oggi.
Oltretutto
la pelle ha indubbi vantaggi: ripara consentendo una minima traspirazione,
offre protezione in caso di caduta, dura anni e si pulisce facilmente.
Contro l’acqua, però, fa poco o nulla.
La cerata inglese
LA CERATA INGLESE
È da un Paese dal clima uggioso come l’Inghilterra che arriva
l’invenzione
che deve tenere asciutto il mototurista e risparmiargli il raffreddore.
Belstaff e Barbour, con le loro indimenticabili, e per alcuni
ancora
insostituibili, giacche in pesante cotone spalmato di grasso
sintetico
a base di paraffina (che garantisce un'impermeabilità pressoché totale,
anche dopo lunghi trasferimenti sotto la pioggia battente), segnano
una svolta nella storia dell’abbigliamento del motociclista
viaggiatore.
Alcuni modelli sono imbottiti, ma è comunque d’obbligo col freddo
indossare
un maglione. Si rivelarono indistruttibili e anche molto pratici grazie
ai quattro tasconi anteriori. L’altra faccia della medaglia è
l’untuosità
che resta tenacemente attaccata alle mani dopo aver chiuso cerniere, bottoni,
cinture e fibbiette di cui i completi giacca pantalone sono piene per favorire
la buona adattabilità alla taglia del pilota, la facile sporchevolezza,
e un “aroma” non gradito a tutti che impregna i vestiti sottostanti.
Eppure l’effetto “glassa”, che caratterizza i capi prodotti
dalle citate
aziende d’oltremanica, hanno contraddistinto molte generazioni di
mototuristi.
La pelle non verrà abbandonata, anzi, tutt’ora c’è chi la preferisce
al tessuto, è indiscutibile però che il Wax Cotton abbia rappresentato
il primo passo nella direzione di una concezione del comfort più moderna
e più complessa, ovvero che contempli più funzioni (tenacità, traspirabilità,
impermeabilità).
I tessuti sintetici
LA SCOPERTA DEI TESSUTI SINTETICI
Il primato del cotone viene messo in discussione relativamente tardi,
intorno agli anni ’70, quando si comincia ad
utilizzare il nuovo
tessuto sintetico inventato dalla azienda americana DuPont, il
“Polimero
66”, conosciuto come nylon. Materiale che offre
impermeabilità,
leggerezza e tinte allegre e vivaci. Bruno Gioli, fondatore
della Brema, fra i primi imprenditori italiani a combinare,
sul finire degli anni Sessanta, cotone e fibra sintetica, dirà che
l’era del monopolio nero, era ormai finita. E, in effetti, a giudicare
dal successo che avrà, non solo presso i piloti di regolarità ma anche
presso il pubblico di turisti, la giacca Six Days, (caratterizzata, come
la nota Trialmaster di Belstaff, da quattro pratici tasconi frontali),
proposta in tantissime colorazioni, dobbiamo dargli ragione. ll tessuto
sintetico, intanto, aiuta a perfezionare i particolari: le cuciture
vengono “nastrate”, cioè coperte all’interno del capo
con fettucce
adesive che fermano le infiltrazioni, colletti e maniche abbandonano
i bottoni automatici in favore del velcro, che garantisce una migliore
regolabilità individuale, e, grazie alle imbottiture staccabili,
la giacca da moto diventa un capo portabile tutto l’anno,
un’inseparabile
compagna nei viaggi estivi ed invernali. Certo il nylon, e in generale
tutta la famiglia dei tessuti cosiddetti ingegneristici, hanno
il grosso limite di consentire una scarsa traspirazione, un problema
che determina il raffreddamento corporeo sottraendo calore per la
sudorazione.
Il successo di questo tipo di materiali, di là a venire, sarà
legato alla capacità di essere accoppiati a delle membrane in grado di
renderle traspiranti e impermeabili. Come la Cordura, filo di
nylon particolarmente resistente, che diventerà il twill specifico del
mototurista.
Vestiti a cipolla
LA TECNICA DELLA STRATIFICAZIONE
Ci si avvicina a piccoli passi alla giacca da turismo come la intendiamo
oggi, ma ancora si è lontani dal produrre l’“arma totale”, in
grado
di farci sentire a nostro agio in tutte le situazioni climatiche. Il
salto di qualità avviene con la scoperta del Gore-Tex (1978),
una
membrana traspirante e impermeabile, acquisita dal settore due ruote
dopo essere stata sperimentata con successo dagli alpinisti di quota 4000.
È caratterizzata da micropori che consentono all’umidità corporea
di
uscire e impediscono all’acqua di entrare, risolvendo
così definitivamente
il problema della traspirazione e della impermeabilità. Da questo
punto in poi la serietà di una giacca da turismo sarà data in buona parte
dalla qualità della membrana utilizzata, e questa potrà essere accoppiata
al tessuto esterno, oppure alla fodera interna estraibile. Alcune importanti
aziende di abbigliamento da moto inventeranno delle proprie membrane.
Come farà Spidi dando vita al tessuto H2Out, che sarà parte di tutti
i suoi capi invernali. Fanno la loro comparsa anche leggere ma efficacissime
imbottiture staccabili in pile. In generale s’impone la tecnica
della stratificazione, detta anche layering o “Step in
clothing”
(Spidi), che consiste nel concepire la giacca come una successione
di livelli, che poi non è che la nobilitazione del caro, vecchio
sistema “a cipolla”. Il concetto di base è lo stesso: creare
un
sandwich di materiali. Solo che questo non si configura come un accumulo
disordinato di strati, bensì come sistema integrato, scientifico, che accorpa
i tessuti più a contatto con la pelle, con quelli che sopperiscono
all’isolamento
termico e, infine, quelli più esterni, che provvedono alla sicurezza. La
più rappresentativa fra le giacche multistrato è la Ergo 365 della Spidi,
un capo da diversi anni sul mercato ed espressamente rivolto al mototuristi.
Il suo nome è programmatico, sta indicare infatti il numero di giorni in
cui il capo potrebbe essere utilizzato in un anno. Si compone di strati
interni che possono essere rimossi all’uopo: la citata membrana H2Out
impermeabile e traspirante e l’imbottitura termica con tessuto alluminato.
Le giacche modulari
LA GIACCA SCOPPIA? Il tema della
giacca modulare, naturalmente, è stato affrontato da tutte le aziende più
importanti. Recentemente, però, il concetto di stratificazione
si
è evoluto al punto da provocare una sorta di corto circuito. Intendiamo
dire che i vari livelli che compongono il sistema giacca hanno acquisito
una tale importanza da meritare di essere sviluppati autonomamente.
Dal 2004, per esempio, le più importanti griffe del
settore ospitano
nei loro cataloghi una linea dedicata allo strato cosiddetto
“next-to-skin”,
ovvero la lingerie del motociclista (sottoguanti, maglie, pantacollant,
calze, ecc.); Spidi ne propone addirittura tre, che rispondono ad altrettante
situazioni ambientali: “Very cold”, per i climi molto rigidi,
“Cold”,
per i climi freddi e “Warm” per i climi temperati. Sono anche nati e
cresciuti marchi specializzati nell’abbigliamento intimo, come
l’azienda
spagnola Bikers, che realizza un prodotto ottimo e anche molto imitato.
“Sicuramente i capi a cipolla – ci ha detto il
responsabile commerciale
dell’azienda di Barcellona, Juan Ramon Sanmartino, in un’intervista
pubblicata
su Motociclisto di novembre 2004 - sono sempre più diffusi. Però credo
che ciò che sta a contatto con la pelle, la protezione più intima , rimarrà
comunque separato dall’esterno. È una questione di funzionalità (pensiamo
al lavaggio, per esempio) e di confidenza con il capo”.
L’underwear
si può considerare una nuova frontiera, una delle più interessanti,
dell’abbigliamento
tecnico. In futuro dobbiamo pensare che la giacca totale non avrà più modo
di esistere, perché sostituita da un sistema a livelli dotati di vita propria?
Nel medio periodo, afferma Pietro Zanetti, responsabile prodotto
della Spidi, la giacca multistrato rimarrà la miglior risposta alle
esigenze del mototurista, la sola che permetta di combinare comfort,
ergonomia, sicurezza: “Questi tre parametri a volte sono
in contrasto fra di loro: più un prodotto è sicuro, meno è confortevole.
I nostri sforzi vanno nella direzione di armonizzare al meglio questi aspetti,
creando il giusto compromesso”. Insomma, l’underwear è
un’importante
integrazione al concetto di step-in-clothing, ma non la sua
sostituzione.
Della stessa opinione è Vittorio Cafaggi, responsabile relazioni esterne
Dainese, il quale sostiene che l’impiego di abbigliamento intimo isolante
(da condividere con altri sport come la bici e lo sci), rappresenta sì
una strada per proteggersi contro le temperature più rigide, ma rimane
comunque più pratica la giacca modulare.