30 October 2007

La storia della giacca da turismo

L’abito probabilmente non fa il monaco, ma sicuramente fa il motociclista. Se c’è qualcosa, infatti, che identifica un centauro, questo è il suo abbigliamento, e più di tutto la giacca che indossa. Il materiale di cui è fatta, le sue imbottiture, le protezioni, il taglio, le finiture, ecc. possono raccontare molto di lui. Ci possono dire, per esempio, se è un macina-chilometri o un virtuoso della prestazione, uno sconsiderato o un timorato della strada, uno che guarda solo alla sostanza o un dan

L'abito del mototurista




L’abito
probabilmente non fa il monaco, ma sicuramente fa il motociclista. Se c’è qualcosa, infatti, che identifica un centauro, questo è il suo abbigliamento, e più di tutto la giacca che indossa. Il materiale di cui è fatta, le sue imbottiture, le protezioni, il taglio, le finiture, ecc. possono raccontare molto di lui. Ci possono dire, per esempio, se è un macina-chilometri o un virtuoso della prestazione, uno sconsiderato o un timorato della strada, uno che guarda solo alla sostanza o un dandy. Una cosa è certa, il più esposto alle insidie del meteo è il mototurista. A differenza delle altre tipologie di motociclisti, questi sa che la pioggia e il freddo, ma anche il caldo e l’insolazione, non sono e non saranno mai degli incidenti di percorso, ma al contrario, fedelissimi sodali. La storia della giacca da turismo ha coinvolto le aziende di abbigliamento in un lungo ed inesaurito lavoro per costruire addosso al motociclista viaggiatore un’armatura che lo isolasse e proteggesse dagli elementi naturali, oltre che dalle cadute, senza però che ciò significasse appesantirlo e ingombrarlo. La divisa del globe trotter è il risultato di un fine lavoro compromissorio: il capo più sicuro infatti difficilmente è il capo più confortevole, il capo più traspirante non è mai quello più impermeabile, e, ancora, il capo termico, spesso, non è il capo che valorizza di più le nostre forme. I tessuti di domani nasconderanno in spessori minimi l’esperienza maturata in anni e anni di esercizi di tramature, laminazioni e spalmature. Dal contenuto tecnico di quegli spessori e pure dal numero di “pellicole” che li compongono è possibile distinguere con precisione l’evo a cui appartiene una giacca, così come gli anelli di un tronco d’albero possono rivelarci l’età della pianta.

Come in aeronautica



DALL’IMPERMEABILE AL BOMBER DI PELLE


Niente è più fastidioso di un viaggio in moto con abbigliamento inadeguato. Sfogliando gli annali del mototurismo viene spontaneo chiedersi con che coraggio i nostri avi potessero affrontare raid anche molto lunghi con certe moto e certe strade, per di più con l’equipaggiamento che si ritrovavano: impermeabili di provenienza “equestre” in tela cerata, maglioni a collo alto in lana cruda, striminziti gilet di pelle, magari con una doppia fila di bottoni per chiusura, dato che la zip non era ancora stata inventata. Caratteristici degli anni ‘10 e ‘20, questi capi spariscono quando i motociclisti si accorgono di quel filo di parentela che lega la motocicletta all’aeroplano: in entrambi i casi l’uomo è esposto all’aria fredda, quindi perché non far proprio il più classico indumento degli aviatori, cioè il giubbotto in pelle foderato di pelliccia. Naturalmente si tratta di un capo costoso, non accessibile a tutti, ma rappresenta un passo importante nell’evoluzione verso la giacca da moto come la conosciamo oggi. Oltretutto la pelle ha indubbi vantaggi: ripara consentendo una minima traspirazione, offre protezione in caso di caduta, dura anni e si pulisce facilmente. Contro l’acqua, però, fa poco o nulla.

La cerata inglese



LA CERATA INGLESE


È da un Paese dal clima uggioso come l’Inghilterra che arriva l’invenzione che deve tenere asciutto il mototurista e risparmiargli il raffreddore
. Belstaff e Barbour, con le loro indimenticabili, e per alcuni ancora insostituibili, giacche in pesante cotone spalmato di grasso  sintetico a base di paraffina (che garantisce un'impermeabilità pressoché totale, anche dopo lunghi trasferimenti sotto la pioggia battente), segnano una svolta nella storia dell’abbigliamento del motociclista viaggiatore. Alcuni modelli sono imbottiti, ma è comunque d’obbligo col freddo indossare un maglione. Si rivelarono indistruttibili e anche molto pratici grazie ai quattro tasconi anteriori. L’altra faccia della medaglia è l’untuosità che resta tenacemente attaccata alle mani dopo aver chiuso cerniere, bottoni, cinture e fibbiette di cui i completi giacca pantalone sono piene per favorire la buona adattabilità alla taglia del pilota, la facile sporchevolezza, e un “aroma” non gradito a tutti che impregna i vestiti sottostanti. Eppure l’effetto “glassa”, che caratterizza i capi prodotti dalle citate aziende d’oltremanica, hanno contraddistinto molte generazioni di mototuristi. La pelle non verrà abbandonata, anzi, tutt’ora c’è chi la preferisce al tessuto, è indiscutibile però che il Wax Cotton abbia rappresentato il primo passo nella direzione di una concezione del comfort più moderna e più complessa, ovvero che contempli più funzioni (tenacità, traspirabilità, impermeabilità).

I tessuti sintetici



LA SCOPERTA DEI TESSUTI SINTETICI


Il primato del cotone viene messo in discussione relativamente tardi
, intorno agli anni ’70, quando si comincia ad utilizzare il nuovo tessuto sintetico inventato dalla azienda americana DuPont, il “Polimero 66”, conosciuto come nylon. Materiale che offre impermeabilità, leggerezza e tinte allegre e vivaci. Bruno Gioli, fondatore della Brema, fra i primi imprenditori italiani a combinare, sul finire degli anni Sessanta, cotone e fibra sintetica, dirà che l’era del monopolio nero, era ormai finita. E, in effetti, a giudicare dal successo che avrà, non solo presso i piloti di regolarità ma anche presso il pubblico di turisti, la giacca Six Days, (caratterizzata, come la nota Trialmaster di Belstaff, da quattro pratici tasconi frontali), proposta in tantissime colorazioni, dobbiamo dargli ragione. ll tessuto sintetico, intanto, aiuta a perfezionare i particolari: le cuciture vengono “nastrate”, cioè coperte all’interno del capo con fettucce adesive che fermano le infiltrazioni, colletti e maniche abbandonano i bottoni automatici in favore del velcro, che garantisce una migliore regolabilità individuale, e, grazie alle imbottiture staccabili, la giacca da moto diventa un capo portabile tutto l’anno, un’inseparabile compagna nei viaggi estivi ed invernali. Certo il nylon, e in generale tutta la famiglia dei tessuti cosiddetti ingegneristici, hanno il grosso limite di consentire una scarsa traspirazione, un problema che determina il raffreddamento corporeo sottraendo calore per la sudorazione. Il successo di questo tipo di materiali, di là a venire, sarà legato alla capacità di essere accoppiati a delle membrane in grado di renderle traspiranti e impermeabili. Come la Cordura, filo di nylon particolarmente resistente, che diventerà il twill specifico del mototurista.

Vestiti a cipolla



LA TECNICA DELLA STRATIFICAZIONE


Ci si avvicina a piccoli passi alla giacca da turismo come la intendiamo oggi, ma ancora si è lontani dal produrre l’“arma totale”, in grado di farci sentire a nostro agio in tutte le situazioni climatiche. Il salto di qualità avviene con la scoperta del Gore-Tex (1978), una membrana traspirante e impermeabile, acquisita dal settore due ruote dopo essere stata sperimentata con successo dagli alpinisti di quota 4000. È caratterizzata da micropori che consentono all’umidità corporea di uscire e impediscono all’acqua di entrare, risolvendo così definitivamente il problema della traspirazione e della impermeabilità. Da questo punto in poi la serietà di una giacca da turismo sarà data in buona parte dalla qualità della membrana utilizzata, e questa potrà essere accoppiata al tessuto esterno, oppure alla fodera interna estraibile. Alcune importanti aziende di abbigliamento da moto inventeranno delle proprie membrane. Come farà Spidi dando vita al tessuto H2Out, che sarà parte di tutti i suoi capi invernali. Fanno la loro comparsa anche leggere ma efficacissime imbottiture staccabili in pile. In generale s’impone la tecnica della stratificazione, detta anche layering o “Step in clothing” (Spidi), che consiste nel concepire la giacca come una successione di livelli, che poi non è che la nobilitazione del caro, vecchio sistema “a cipolla”. Il concetto di base è lo stesso: creare un sandwich di materiali. Solo che questo non si configura come un accumulo disordinato di strati, bensì come sistema integrato, scientifico, che accorpa i tessuti più a contatto con la pelle, con quelli che sopperiscono all’isolamento termico e, infine, quelli più esterni, che provvedono alla sicurezza. La più rappresentativa fra le giacche multistrato è la Ergo 365 della Spidi, un capo da diversi anni sul mercato ed espressamente rivolto al mototuristi. Il suo nome è programmatico, sta indicare infatti il numero di giorni in cui il capo potrebbe essere utilizzato in un anno. Si compone di strati interni che possono essere rimossi all’uopo: la citata membrana H2Out impermeabile e traspirante e l’imbottitura termica con tessuto alluminato.

Le giacche modulari


LA GIACCA SCOPPIA? Il tema della giacca modulare, naturalmente, è stato affrontato da tutte le aziende più importanti. Recentemente, però, il concetto di stratificazione si è evoluto al punto da provocare una sorta di corto circuito. Intendiamo dire che i vari livelli che compongono il sistema giacca hanno acquisito una tale importanza da meritare di essere sviluppati autonomamente. Dal 2004, per esempio, le più importanti griffe del settore ospitano  nei loro cataloghi una linea dedicata allo strato cosiddetto “next-to-skin”, ovvero la lingerie del motociclista (sottoguanti, maglie, pantacollant, calze, ecc.); Spidi ne propone addirittura tre, che rispondono ad altrettante situazioni ambientali: “Very cold”, per i climi molto rigidi, “Cold”, per i climi freddi e “Warm” per i climi temperati. Sono anche nati e cresciuti marchi specializzati nell’abbigliamento intimo, come l’azienda spagnola Bikers, che realizza un prodotto ottimo e anche molto imitato. “Sicuramente i capi a cipolla – ci ha detto il responsabile commerciale dell’azienda di Barcellona, Juan Ramon Sanmartino, in un’intervista pubblicata su Motociclisto di novembre 2004 - sono sempre più diffusi. Però credo che ciò che sta a contatto con la pelle, la protezione più intima , rimarrà comunque separato dall’esterno. È una questione di funzionalità (pensiamo al lavaggio, per esempio) e di confidenza con il capo”. L’underwear si può considerare una nuova frontiera, una delle più interessanti, dell’abbigliamento tecnico. In futuro dobbiamo pensare che la giacca totale non avrà più modo di esistere, perché sostituita da un sistema a livelli dotati di vita propria? Nel medio periodo, afferma Pietro Zanetti, responsabile prodotto della Spidi, la giacca multistrato rimarrà la miglior risposta alle esigenze del mototurista, la sola che permetta di combinare comfort, ergonomia, sicurezza: “Questi tre parametri a volte sono in contrasto fra di loro: più un prodotto è sicuro, meno è confortevole. I nostri sforzi vanno nella direzione di armonizzare al meglio questi aspetti, creando il giusto compromesso”. Insomma, l’underwear è un’importante integrazione al concetto di step-in-clothing, ma non la sua sostituzione. Della stessa opinione è Vittorio Cafaggi, responsabile relazioni esterne Dainese, il quale sostiene che l’impiego di abbigliamento intimo isolante (da condividere con altri sport come la bici e lo sci), rappresenta sì una strada per proteggersi contro le temperature più rigide, ma rimane comunque più pratica la giacca modulare.

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