Toscana - Viaggio sulle rive dell'Arno

Viaggio alla conoscenza delle bellezze dell'Arno, un viaggio tutto toscano dal Monte Falterona alla foce a Marina di Pisa

Arno e dintorni

Per mezza Toscana si spazia un fiumicel che nasce in Falterona e cento miglia di corso nol sazia...


ARNO E DINTORNI Così Dante descrive l’Arno nel canto XIV del Purgatorio. Capacità ispiratorie a parte, un aspetto che caratterizza l’Arno è la sua totale “toscanità”. Nasce infatti dalle propaggini del Monte Falterona, a circa 1.600 metri di quota, tra Casentino e Mugello, e dopo aver solcato per ben 240 chilometri la regione, attraversandone anche il capoluogo, sfocia nel Tirreno, a Marina di Pisa. La nostra esplorazione prende il via dalla sorgente di Capo d’Arno, raggiungibile solamente dopo aver parcheggiato la moto e con un paio d’ore di buon cammino. Qui alla sorgente, una targa del Cai di Firenze riporta i versi di Dante. Per incrociarlo di nuovo bisogna scendere fino alla Statale 310 del Casentino dove, in prossimità del valico di Croce a Mori, ha già assunto le sembianze di torrente di montagna, grazie all’apporto delle acque di altri ruscelli. La strada, molto tranquilla, scende alla volta di Stia, dominata da due bei castelli che si fronteggiano sulle opposte rive del fiume: a sinistra, Castel Porciano, che le memorie storiche fanno risalire all’anno Mille. Si narra che anche Dante vi si recò più volte per far pressione sui Conti Guidi, influente famiglia casentinese. Più in alto, sul versante opposto a qualche chilometro dal paese, il castello di Romena; uno stretto viale di cipressi cela in parte alla vista le tre torri, i resti delle mura e di due antiche porte, una delle quali con ponte levatoio.

 

 

Pratovecchio-Incisa

TONDE COLLINE, STRADINE DI CAMPAGNA  E TRACCE ROMANE Si scende rapidamente a Pratovecchio, dove il fiume ha ormai raggiunto una portata consistente, tanto che in passato esisteva un porto, utilizzato per il trasporto del legname del Casentino alla volta di Firenze e dei cantieri di Pisa. Proseguendo sulla Statale 310 si taglia la piana di Campaldino, resa famosa dalla battaglia del 1289 tra Guelfi e Ghibellini, che vide schierati oltre ventimila uomini, e si giunge a Poppi. Una breve deviazione attraversando il vecchio ponte, per salire sul colle dove sorge il borgo con il castello, molto ben conservato. Dalle sue mura la vista spazia sulla piana, una scacchiera di appezzamenti agricoli che ancora oggi sono irrigati con l’acqua dell’Arno. Le montagne si sono ormai addolcite, trasformate in tonde colline declinanti nell’ampia piana discendente verso Arezzo. Noi però deviamo verso Borgo a Govi, per seguire il fiume che svolta con decisione a ovest. Lo attraversiamo a Ponte a Buriano e raggiungiamo Castiglion Fibocchi. Ci muoviamo su un dedalo di stradine di campagna che tracciano disegni sulle ondulazioni del Chianti; passiamo Laterina, Monticello e Terranova Bracciolini, costeggiando poi la trafficatissima A1 fino alle porte di Incisa Valdarno, paese legato a Francesco Petrarca. Qui il poeta trascorse la sua giovinezza, rischiando persino la vita proprio nel guadare l’Arno a cavallo. Concedetevi una divagazione e cercate le rovine del ponte di Annibale: a nord del centro abitato, in prossimità di un vecchio mulino diroccato, raggiungibile tramite una sterrata priva di indicazioni, si possono ancora ammirare i resti del bellissimo ponte lastricato romano, oramai trascurato.

 

 

 

Firenze-Montelupo

LA POESIA SI PERDE NEI TRATTI URBANI In breve si giunge a Pontassieve, dove  l’Arno ha ormai perduto ogni poesia e si è trasformato in una sorta di fogna a cielo aperto, poco prima di entrare in Firenze e scorrere sotto i suoi numerosi ponti. Nella zona del Lungarno il traffico è regolamentato da vincoli urbanistici, ma in moto vi si può tranquillamente accedere, seguendo alternativamente il corso del fiume e passando per Uffizi, Ponte Vecchio e Palazzo Pitti. Ci colpiscono le lunghe file di motorini e scooter allineati nei numerosi parcheggi a spina di pesce predisposti dal Comune. Lasciamo la città e anche il corso del fiume fino a Signa, patria del cappello di paglia intrecciato a mano, reso famoso da un vecchio film. È poi la volta di Montelupo Fiorentino, località vissuta per parecchio tempo all’ombra di una fiorente Firenze rinascimentale, alla cui borghesia forniva preziose ceramiche e vasellame.

 

 

 

Vinci - Foce d'Arno

PALUDI ROCCHE STORIA E CAFFELATTE Per discostarci meno dal corso del fiume decidiamo di spostarci sulla sponda opposta, passando a pochi chilometri da Vinci, tappa imperdibile per chi, affascinato dal genio di Leonardo, volesse visitare il museo a lui dedicato. Si respira ormai l’aria del padule di Fucecchio, una vasta zona paludosa nella quale ci si può imbattere in rari volatili, mentre nel paese si possono ancora vivere atmosfere medievali. La strada si snoda a fianco del fiume, che scorre lento con le sue acque color caffelatte e le rive bordate da canneti e salici, e raggiunge Vicopisano, un altro bel borgo ricco di storia, oggetto di antiche contese tra pisani, lucchesi e fiorentini. Se qualcuno fosse incuriosito dall’imponente rocca che sovrasta le case e il breve tratto di mura opera del Brunelleschi, sappia che è proprietà privata e per visitarla è necessario un appuntamento. In alternativa, senza dover chiedere permessi a nessuno, si può sempre percorrere la Via Crucis, una strada acciottolata che sale ripida alla chiesetta della Santissima Trinità, offrendo un’insolita vista sul paese. Ma torniamo all’acqua. È nel tratto terminale del suo corso che l’Arno crea alcune anse, proprio prima di entrare in Pisa. Un tempo affacciata sul mare, l’accumulo dei detriti portati dal fiume stesso l’ha lentamente allontanata, fino a raggiungere i dodici chilometri attuali che la separano da Foce d’Arno. Oggi questo tratto ha ben altro aspetto, con i suoi numerosi capanni di pesca e le enormi bilance protese su acque maleodoranti, che ben poco possono offrire se non tanta storia e la cultura di secoli passati.

 

 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA