Kawasaki Z1000
Com'è fatta
Una linea moderna ma con tratti stilistici
che si rifanno alle maxi degli anni Settanta. Il motore della supersportiva
Ninja 900 modificato e maggiorato a 953 cc. Potente ed appagante, sia alla
vista sia alla guida, la Z1000 è una naked coinvolgente.
Non succede spesso, ma succede. Un “oggetto”
le cui caratteristiche distintive sono ben note, viene reinterpretato rimanendo
tuttavia fedele al concetto ispiratore. Se questo oggetto è una moto, la
cui scelta risponde a criteri emozionali prima ancora che
razionali,
il rischio di sbagliare è grande. Kawasaki ha voluto osare ed ha colto
nel segno. La Z1000 è la naked “che mancava”.
Nulla di sconvolgente,
ma è diversa da tutte le altre.
Piccola. La Z1000 è piccola, tanto che
la si potrebbe scambiare per una seicento. E invece no, appeso
ai
due grossi tubi in acciaio che formano il telaio c’è un 4
cilindri
di 953 cc da quasi 120 CV alla ruota (dichiarati 127 CV a 10.000
giri) e poco più di 9 kgm a 8.000 giri. Deriva dall’899 cc della
Ninja ZX-9R, modificato in molti particolari per renderlo più
“pieno”
ai medi regimi.
Al posto dei carburatori c’è l’alimentazione ad iniezione
elettronica
Keihin, con diffusori da 38 mm e doppia farfalla. Le altre modifiche
riguardano condotti di aspirazione, camere di scoppio, albero a gomiti,
distribuzione, accensione e raffreddamento.
Al forcellone in alluminio (anch’esso derivato dalla ZX-9R) è
accoppiato
il monoammortizzatore a gas con serbatoio separato completamente
regolabile, come la forcella a steli rovesciati da 41 mm. Dischi
da 300 mm con pinze a 4 pistoncini per l’impianto frenante; al
posteriore
c’è un disco da 220 mm con pinza a pistoncino singolo. Sui cerchi
bicolore a tre razze sono montati pneumatici 120/70-17 e
190/50-17.
L’interasse è di 1.420 mm.
La Z1000 non è solo originale ma anche
ben costruita: materiali di qualità, finiture all’altezza dello
standard giapponese, componentistica funzionale. Il cavalletto è difficile
da azionare stando in sella e la moderna strumentazione digitale
(la stessa della nuova ZX-6R) ha il contagiri di non immediata lettura
in condizioni di luce molto intensa. Ma ora, via! In sella!
Come va
La compattezza complessiva della maxi naked di Akashi
contribuisce
alla piacevole sensazione di controllo totale che si ha alla
guida.
Gli incavi del serbatoio permettono di inserire bene le
ginocchia
ed il manubrio rialzato mette subito il pilota a proprio agio.
Bastano
pochi chilometri nel traffico cittadino per scoprire una maneggevolezza
degna di una supermotard; merito della posizione di guida, della
corretta
distribuzione dei pesi e delle agili quote ciclistiche.
Il peso di 207,8 kg, misurato sulla nostra bilancia, è allineato
a quello delle concorrenti.
L’erogazione di potenza e coppia, nonostante le modifiche al motore
improntate al miglioramento del “tiro” ai medi regimi, rimane da
supersportiva,
con un andamento molto regolare ma un po’ “vuoto” sotto i
7.000 giri,
regime superato il quale l’erogazione diventa molto più
“cattiva”
ed imprime un’accelerazione da togliere il fiato, meno progressiva ma
più veemente rispetto alle concorrenti dirette.
Non è il tipo di carattere che ci si aspetta da una naked di quasi 1000
cc ma una volta capito il “giochetto” tenere la ruota anteriore
a
terra nelle prime tre marce non è così semplice! Doppia anima quindi,
rilassata
e pastosa per andare a spasso, adrenalinica ed appagante anche
per i più smaliziati ed esigenti. La velocità massima è di 238 km/h
(indicata 261 km/h).
Motore a parte, è il comportamento dinamico a stupire. Strade tortuose,
veloci statali o curvoni autostradali, la situazione non cambia, la
Z1000 è sempre incollata all’asfalto. Non rapidissima nello stretto
ma molto progressiva a scendere in piega, infonde sicurezza ed invita
ad osare le pieghe più estreme. Nei percorsi veloci si è disturbati dalla
totale assenza di protezione aerodinamica ma l’avantreno corre
su un binario, senza indecisioni né alleggerimenti. Rassicurante poi
la possibilità di rimediare ad eventuali errori levando il gas e frenando
anche a moto già inclinata senza reazioni anomale o scompensi di
assetto. Questo giudizio molto positivo è ridimensionato solo dalla taratura
molto sportiva delle sospensioni, forse troppo per una moto finalizzata
all’utilizzo stradale.
Molto buona l’azione dei freni, potenti e ben modulabili per adattarsi
a tutte le condizioni di aderenza. Il cambio non merita un giudizio
altrettanto favorevole, avendo manifestato innesti un po’ duri ed
imprecisi
salendo di rapporto. Il comfort è discreto per il pilota che solo
sulle lunghe percorrenze denuncerà qualche indolenzimento alle ginocchia,
piuttosto angolate per via delle pedane abbastanza alte ed
arretrate.
Considerando che il codino è quello della ZX-6R, è intuibile come il
passeggero
non abbia una sistemazione delle più comode.
Una nota dolente arriva dai consumi. Sui percorsi ricchi
di curve, guidando “allegramente”, è intorno agli 11 km/l. Con
una
condotta tranquilla si toccano i 15 km/l ed in autostrada circa 14
km/l. Chiedendo le massime prestazioni si scende a 6 km/l.
I colori disponibili sono il verde, l’arancione ed il
nero.
La Z1000 è posta in vendita a 10.080 euro, in linea con le concorrenti
di simili prestazioni.
Test (12/2002)
In anteprima mondiale, siamo stati invitati in Giappone per una prima presa
di contatto con la nuova maxi naked di Akashi. La nuova Z1000 punta molto
sullo stile. Compatta, aggressiva ma anche comoda, si pone come antagonista
diretta di Honda Hornet 900 e Yamaha Fazer 1000. Non le manca la personalità
per rubare sguardi anche alla mitica Triumph Speed Triple.
In Kawasaki qualcosa è cambiato. Hanno sacrificato la ricerca delle
prestazioni assolute per riservare la massima attenzione allo
stile.
Mai successo prima! E c’è anche una nuova attenzione alla
promozione
del prodotto: lo dimostra questa ‘anteprima della
presentazione’.
La ricercatezza della linea si percepisce fin dal primo
approccio.
A colpire maggiormente sono senz’altro i 4 silenziatori, piccoli
e accoppiati sui due lati, ma anche il cupolino, dallo
"sguardo"
accigliato, simile per concezione a quelli delle special ottenuti
cannibalizzando
il frontale di uno scooter. Codone, strumentazione e parafanghi
arrivano dalla nuova ZX-6R.
Domina la vista posteriore l’enorme gomma da 190/50, sormontata
dal gruppo ottico a led ed affiancato dai 4 terminali di scarico.
Il gibbuto serbatoio da 18 litri sormonta il motore,
importante elemento estetico di ogni naked, incastonato nel telaio
in acciaio con struttura a diamante che aiuta a slanciare la linea
essendo interamente occultato alla vista (le due finte piastre
laterali sono in plastica e coprono la parte discendente dei
tubi del telaio).
La parte mediana è chiusa dalle fiancatine di plastica grigia, mentre
un ulteriore “tocco da special” arriva dalle razze dei cerchi
e dall’estremità dei carter motore in tinta con le sovrastrutture.
I colori disponibili sono verde, arancione e nero.
Il motore non poteva che essere un 4 cilindri in linea, configurazione
nella quale le Case giapponesi detengono lo “stato
dell’arte”. Deriva
da quello montato sulla Ninja 900 ma con cilindrata cresciuta a 953
cc grazie all’aumento dell’alesaggio da 75 a 77,2 mm.
Raffreddamento
a liquido, distribuzione bialbero a 16 valvole ed alimentazione
ad iniezione elettronica Keihin con doppia farfalla da 38 mm
(lo stesso impianto della ZX-6R).
Con queste premesse ci si potrebbe aspettare un dato di potenza massima
entusiasmante, ma così non è. Kawasaki dichiara per la Z1000 127 CV
a 10.000 giri. Un dato ottimo comunque, a metà strada tra i 143
CV della Fazer 1000 e i 110 CV della Hornet 900. Il motivo? Esigenze
di design: quei bellissimi 4 silenziatori di piccola sezione
“soffocano”
le prestazioni, tra l’altro nemmeno compensate dall’incremento
di
coppia, dichiarata in 9 kgm a 8.000 giri contro i 10,3 kgm
a 9.200 giri della ZX-9R Ninja.
La ciclistica si affida al telaio in tubi di acciaio con struttura a
diamante, forcella a steli rovesciati da 41 mm e
monoammortizzatore
progressivo Uni-trak, entrambi regolabili nel precarico molla
e nell’idraulica in estensione. Il forcellone è in
alluminio.
L’impianto frenante prevede all’anteriore una coppia di dischi da
300 mm con pinze a 4 pistoncini ed al posteriore un disco
da 220 mm con pinza a pistoncino singolo. Pneumatici 120/70
e 190/50. L’interasse è contenuto: solo 1.420 mm.
Dopo averla osservata bene è ora di saltare in sella. La posizione di guida
è molto comoda, l’ergonomia è notevole, con il busto solo
moderatamente
inclinato in avanti e le braccia leggermente flesse ad impugnare
il manubrio largo il giusto, con tutti i comandi a portata di mano.
Non è leggerissima, 198 kg dichiarati, ma alla guida la sensazione
è di avere tra le mani un’agile 600.
Il percorso scelto per il test prevede un breve trasferimento
autostradale
e una bellissima strada di montagna. Sul veloce emerge l’assenza
di riparo aerodinamico e un avvertibile tasso di vibrazioni sopra
i 5.000 giri (che corrispondono a circa 120 km/h in sesta marcia).
Sui tornanti di montagna è divertentissima ma il fondo irregolare
ci fa notare una taratura delle sospensioni un po’ rigida.
La sensazione è comunque che il meglio di sé possa darlo su percorsi
un po’ più veloci, con curve più ampie, dove godere
dell’ottimo
appoggio garantito dal “gommone” posteriore e sfruttare il
motore
dai 6.000 giri in sù, quando la spinta si fa vigorosa. Molto rapida
nei cambi di direzione e facilissima da condurre, trasmette confidenza
ed invita ad osare, lasciando sempre ampi margini di correzione.
Ottimi i freni, potenti e modulabili.
Perfettibile la manovrabilità del cambio.