Yamaha R1 m.y. 2004
Magic moments
Il circuito australiano di Eastern
Creek è stato il teatro della presentazione alla stampa internazionale
della nuova attesissima R1. Ecco le impressioni di guida dopo un’intera
giornata di test in pista.
Scendiamo in pista con la nuova
belva Yamaha sul circuito di Eastern Creek in Australia.
C’è una
bellissima giornata, un clima perfetto e le moto sono tutte in fila pronte
a scatenarsi. La dotazione di pneumatici per la prima parte di test prevede
i nuovi Michelin Pilot Power, destinati ad un uso misto
strada-pista.
Nel pomeriggio cambio di “scarpe” con i più sportivi Pilot
Race.
Qualche giro di pista per capire il tracciato e scaldare bene le gomme
e cominciamo a “darci dentro”. Rispetto alla vecchia versione il
motore
va fatto girare mediamente a 2.000 giri in più a parità di condizioni.
I 172 CV dichiarati sembrano esserci tutti ma è cambiato completamente
il carattere dell’erogazione. Ora ai regimi bassi è un po’
“vuota”,
occorre superare la soglia dei 6.000 giri per farla scatenare. Sembra
quasi che il carattere della 600 sia stato traslato sulla 1000.
In parte è una logica conseguenza del nuovo progetto, che con un
motore ancor più superquadro (è aumentato l’alesaggio ed
è stata ridotta la corsa) premia più le prestazioni assolute che
la “schiena” del motore. Non che manchi di coppia, il range di
utilizzo
è sempre ampio, ma si percepisce che questa nuova R1 dà il meglio di
sé tra i cordoli.
Meno “animale” da strada di montagna,
insomma, e più belva da circuito. Questo nostro giudizio trova conferma
anche nel diverso comportamento della ciclistica. La
maneggevolezza
della precedente versione era migliore alle basse velocità, ma la nuova
R1 è comunque più rapida nei cambi di direzione. La versione 2004
premia inoltre la precisione delle traiettorie, la stabilità, la
sicurezza che infonde l’avantreno. Usando un antico adagio del giornalismo
di settore potremmo dire che ora si sente… “il perno tra le
mani”.
Siamo “ufficialmente” entrati nell’era
delle moto da corsa con targa e fanali. La nuova Yamaha R1 ha 172 CV
e pesa 172 kg (dati dichiarati). Un rapporto peso-potenza di 1:1.
Un CV di potenza per ogni kg da spingere! Un valore che addirittura migliora
alle alte velocità, quando raggiunge i 180 CV per via
dell’airbox
in pressione. E stiamo parlando di una moto prodotta in grande serie,
con catalizzatore ed omologata euro2 !
Questo il biglietto da visita della nuova Yamaha R1 che sul mercato
ed in circuito (nei campionati Superbike, Superstock ed Endurance) dovrà
vedersela con le altrettanto ben dotate Kawasaki ZX-10 R, Honda
CBR1000RR e Suzuki GSX-R 1000. Che lotta!
Carattere
L’erogazione è molto regolare, pulita, la progressione
con cui
prende giri è entusiasmante ma senza improvvisi picchi o
“buchi”
di sorta. Questo si traduce in una perfetta gestione della
potenza.
Grazie anche ad una fantastica motricità si dosa
millimetricamente
il gas anche in percorrenza di curva e si ha sempre la precisa
percezione
del limite di aderenza. Si arriva a “giocare” con
gustosissime derapate
di potenza, perfettamente gestibili a patto, ovviamente, di non esagerare.
Facciamo notare che abbiamo riscontrato un certo sottosterzo durante
i turni con gomme “race” ma ciò è dovuto, oltre naturalmente
al
maggiore grip delle gomme con mescola morbida, alla taratura standard
delle sospensioni, studiata per gomme meno performanti. Il fenomeno è
eliminabile
intervenendo opportunamente sulle regolazioni di forcella e monoammortizzatore.
La posizione di guida è diversa rispetto a prima. I motivi sono vari.
Innanzitutto
c’è un motore riprogettato, con l’inclinazione dei
cilindri
che passa da 30 a 40 gradi per caricare maggiormente l’avantreno.
Ma non solo. Ora il telaio è un doppio trave superiore, non
più perimetrale, le travi cioè passano sopra la testata e non più a lato.
Ciò ha aumentato la rigidità torsionale e laterale, ha permesso
di restringere tutto quanto sta “sotto il vestito” e di adottare una
triangolazione manubrio-sella-pedane che, se da un lato è rimasta
invariata come distanze in millimetri, è stata però ruotata
all’indietro
per alzare i semimanubri. Ciò significa più controllo ed una guida
potenzialmente
più naturale. Perché “potenzialmente” ? Perché c’è
tanto spazio
in sella, forse fin troppo per piloti di altezza non superiore a 175
cm che, nelle violente accelerazioni, non trovano “il
conforto”
dell’appoggio lombare di fine sella. La conseguenza è che si tende
ad aggrapparsi ai semimanubri per contrastare l’accelerazione e nei
curvoni
a “gas aperto” ne risente la naturalezza della guida.
Complessivamente c’è comunque grande equilibrio. Motore e telaio
si sposano alla perfezione ed il comportamento dinamico porta ben presto
a dimenticarsi della notevole potenza per concentrarsi sul proprio
limite,
cercando di andare sempre più forte.
A questo contribuiscono sospensioni davvero efficaci, con forcella
e monoammortizzatore molto scorrevoli e con la giusta cedevolezza
nella prima parte di escursione, che si trasforma poi in maggior sostegno
mano a mano che si comprimono. Un comportamento che si fa particolarmente
apprezzare ad Eastern Creek dove in alcuni punti il manto di asfalto
è ondulato, ai limiti dello sconnesso. Notiamo poi che anche i
trasferimenti
di carico sono contenuti e non generano scompensi di assetto.
I freni sono molto potenti. Non particolarmente aggressivi
nel primo intervento e via via con più mordente all’aumentare della
pressione
sulla leva. La potenza per staccate da GP insomma c’è e tuttavia non
manca la modulabilità.
La protezione aerodinamica lascia invece a desiderare. In circuito
per non “volare via” bisogna nascondersi bene dietro al cupolino,
cosa
che riesce bene grazie all’incavo sul serbatoio dove il casco trova
naturale appoggio.
Comportamento
Dopo tanti turni in pista abbiamo fatto qualche prova
particolare
per cercare di carpire qualche altro segreto della nuova R1. Ci avevano
ad esempio spiegato durante la presentazione che il sistema di iniezione
elettronica a doppia farfalla è stato modificato proprio per conferire
all’erogazione quella sensazione di perfetto dosaggio della
potenza.
Mentre il precedente sistema era progettato per replicare il comportamento
di una batteria di carburatori con valvola a depressione, il nuovo
sistema
prevede una mappatura per l’apertura della seconda batteria di farfalle
che si basa sul principio dell’interpolazione, per dare la maggiore
continuità
possibile all’erogazione di coppia e potenza. La riprogettazione del
sistema
ha anche avuto il fine non secondario di restringere tutto
l’insieme
per entrare senza interferenze nel nuovo stretto telaio.
Nell’uso in pista i benefici sono ben avvertibili ed anche nell’uso
normale,
che abbiamo provato a simulare in circuito andando per qualche chilometro
“a spasso”, lo si percepisce, resta però un minimo di effetto
apri-chiudi
quando si gestisce il gas al confine tra regime di minimo e farfalle aperte.
Ma stiamo davvero parlando di “pelo nell’uovo”.
Dopo un’intera giornata in pista abbiamo favorevolmente notato come non
fossimo distrutti per la fatica. La nuova R1 non stanca, è ben gestibile
e fa sentire piloti veri, grazie alle entusiasmanti doti ciclistiche, di
potenza ed allungo.
Per quanto ci riguarda è stato meraviglioso vedere, prima della staccata
alla fine del rettilineo, i 276 km/h indicati in quinta marcia,
per poi tuffarsi nel curvone a sinistra da quarta a ben oltre 200 km/h,
piegatissimi ed in progressiva accelerazione fino alla staccata
del tornantino a sinistra. Roba da pelle d’oca che sulla R1 riesce senza
grossi patemi d’animo, a patto di non provare a sentirsi Valentino Rossi.
Certo, è una Yamaha anche la sua, ma si chiama M1.