Honda 1000 Japauto
La storia
Dagli inizi degli anni '70 e fino a
quasi tutti gli anni '80 le gare di Endurance ebbero il loro periodo di
massimo splendore. Le competizioni, ben diverse rispetto a quelle dei giorni
nostri, non erano ancora arrivate a livelli di esasperazione tecnica, e
così le Honda preparate dalla Japauto tra il 1969 e il 1989 sono state
fra le protagoniste delle gare Endurance. Il momento di massima popolarità
nella prima metà degli anni Settanta, con i prototipi di 1.000 cc supercarenati
e le relative versioni stradali.
Il 13 settembre 1969 sull'autodromo di
Linas-Montlhéry, alle porte di Parigi, 54 equipaggi prendono il via della
32° edizione del Bol d'Or. La data è storica: dopo nove anni di sospensione
torna la gara di velocità più amata dal pubblico transalpino in un periodo
di grande rilancio del motociclismo in Francia e nel resto d'Europa, dopo
le magre stagioni degli anni Sessanta.
Al termine della maratona di durata, tagliano
il traguardo in prima posizione due giovani piloti di belle speranze che
seguiranno destini diversi: Michel Rougerie e Daniel Urdich. Il primo proprio
da quel Bol d'Or inizierà la sua scalata ai vertici del motociclismo mondiale,
prima di perdere tragicamente la vita nel corso del GP di Jugoslavia del
1981. Il secondo invece toccherà proprio con quella vittoria il punto più
alto della carriera, proseguita poi con scarsa fortuna ancora per qualche
stagione nell'Endurance.
La moto che consente a Rougerie e Urdich
di imporsi a Montlhéry è una delle prime Honda CB750 arrivate in Francia
ed è gestita da un gruppo di meccanici giapponesi coordinati da Christian
Villaseca, titolare della Japauto, la più importante concessionaria Honda
del Paese. Secondo le intenzioni dei vertici della Casa dell'Ala dorata,
la moto (apparentemente una CB un po' preparata, ma in realtà un prototipo
molto simile alla famosissima CR750 che sbancherà Daytona l'anno successivo
con Dick Mann) doveva scendere in pista con gli inglesi Tommy Robb e Bill
Smith.
Un malinteso fra la Federazione francese
e quella inglese impedisce però a questi ultimi di partecipare e solo dietro
le insistenze del titolare della Japauto i giapponesi si lasciano convincere,
affidando la moto a Rougerie e Urdich. Quel fatidico 13 settembre 1969
inizia così l'avventura ventennale della squadra di Christian Villaseca
nell'Endurance.
Il mostro del Bol d'Or
Dopo la sua trionfale cavalcata, la CB750
di Rougerie-Urdich torna in Giappone e gli uomini della Japauto si mettono
subito al lavoro per preparare un mezzo competitivo in vista del Bol d'Or
1970. Villaseca è convinto che una CB750 di serie non sia in grado di replicare
il successo del 1969 e bisogna cercare qualcosa di più competitivo. Nasce
così quello che, alla sua prima apparizione, la stampa dell'epoca definisce
"Il mostro del Bol d'Or", una special di 946 cc che si guadagna
subito il titolo di più potente moto da Endurance mai realizzata. L'aumento
della cilindrata viene ottenuta maggiorando l'alesaggio che passa da 61
a 70 mm. Nuovo il blocco cilindri e i pistoni che sono quelli montati sulla
Honda CB450 di serie (scelti dopo diversi esperimenti con componenti di
produzione nazionale), mentre il basamento motore e i carburatori restano
quelli originali. La ciclistica viene mantenuta totalmente di serie a parte
un fazzoletto di rinforzo nella parte inferiore della doppia culla in cui
si infulcra il forcellone. Altre piccole modifiche interessano lo scarico,
aperto e con i terminali più corti di 20 cm, l'impianto elettrico più potente
e un maxi serbatoio in vetroresina di 25 litri (contro i 17 di quello di
serie) che completa la trasformazione.
Affidata a Rouge-Assante, la moto si qualifica
in buona posizione, ma in gara viene attardata da una caduta, da problemi
all'impianto elettrico nelle ore notturne e dalla rottura della 4° marcia
che la costringono al 20° posto finale ad 83 giri dai vincitori, gli inglesi
Dickie-Smart in sella alla Triumph 750 Slippery Sam.
La 950 SS del 1970 è una moto fondamentale
nella storia della Japauto, perché da lei discendono tutti i futuri modelli
da competizione nati nell'officina parigina, nonché un fortunato kit
di maggiorazione per le CB750 stradali che comprende blocco cilindri, pistoni,
guarnizioni, carter in alluminio, comando gas rapido e corona da 43 denti
più una lunghissima serie di altri componenti rimasti in produzione fino
al 1977.
Il successo
La leggenda dell'Endurance
Dopo una stagione 1971 interlocutoria e costellata da piazzamenti di scarso
rilievo, a partire dall'anno successivo le Honda Japauto diventano protagoniste
assolute nelle gare di Endurance.
Al Bol d'Or di quell'anno, la Japauto si presenta con tre motociclette
dotate di telaio Dresda e con il 4 cilindri Honda equipaggiato con l'ormai
famoso kit di maggiorazione, affidate alle coppie Bourgeois-Tchernine,
Assante-Bettiol e Debrock-Ruiz. Per la squadra è un'edizione storica perché
proprio quest'ultimo equipaggio, di poca esperienza e formato da Villaseca
all'ultimo momento dopo la rinuncia di un equipaggio inglese (ancora una
volta!), si aggiudica il Bol d'Or. Sul circuito Bugatti di Le Mans la buona
prestazione delle Japauto viene completata da Assante-Bettiol che si
classificano
al nono posto davanti a 70.000 persone al termine di una gara estremamente
regolare.
La vittoria di Le Mans sprona Villaseca (grande appassionato e uomo dalla
forte personalità) e il team della Japauto a migliorare ulteriormente le
loro motociclette.
La versione preparata per la stagione 1973 viene munita di immense carenature,
che fanno somigliare le Honda della squadra francese a dei veicoli
extraterrestri.
Con le nuove Japauto, George Debrock e Thierry Tchernine vincono il Bol
d'Or dopo averlo condotto in testa per 22 ore e si piazzano al 3° posto
alla 1.000 km di Le Mans, preceduti dalla Kawasaki di Godier-Genoud e dalla
Japauto gemella di Ruiz e Garnier. Niente male per una squadra non ufficiale
che si permette il lusso di aggiudicarsi l'appuntamento più prestigioso
della stagione, sfuggito invece alla squadra della Honda-Francia. Dietro
questi successi c'è un'organizzazione efficiente: le moto preparate per
il Bol d'Or (costate ognuna 26 milioni di lire d'allora) non sono il massimo
della maneggevolezza e nel misto soffrono terribilmente le altre rivali
giapponesi e le Triumph 3 cilindri, ma pochi in rettilineo riescono a tenerle
la scia e la loro affidabilità è a prova di bomba.
La loro configurazione aerodinamica è opera dello studio Langle che - si
mormorava all'epoca - collabora con l'industria aerospaziale Matra. Secondo
i progettisti il muso a "bocca di squalo", simile a quelli adottati
sulle monoposto di Formula 1 di quegli anni, dovrebbe assicurare un maggior
carico all'avantreno migliorando così la tenuta di strada.
Villaseca, da buon commerciante, decide subito di preparare anche una versione
stradale di questa carena, da offrire ai clienti che vogliono già montare
il kit motore.
A proposito di propulsori, tutti i componenti per maggiorare il 4 cilindri
giapponese (sia nell'allestimento stradale sia in quello da competizione)
vengono realizzati dalla JPX e, visti i buoni risultati ottenuti dalle
Japauto, anche i vertici di questa piccola Azienda si organizzano. Così
per tre stagioni gareggiano al Bol d'Or e nelle principali competizioni
di durata con dei loro prototipi dotati del celebre motore kittato su di
una ciclistica un po' più raffinata, realizzata dallo specialista Edouard
Morena (che in seguito curerà anche i telai delle Japauto). Nonostante
gli sforzi, la JPX non ha però i mezzi e l'esperienza degli uomini di Villaseca
così i risultati non arrivano.
Al contrario, in casa Japauto le cose vanno decisamente meglio. Dopo aver
subito nel 1974 la più competitiva Egli-Kawasaki di Godier e Genoid che
si impongono a Le Mans, Spa, Mettet e al Bol d'Or, nel 1975 Ruiz-Huguet
vincono la 24 ore di Spa-Francorchamps e, grazie a diversi piazzamenti
sul podio, si aggiudicano il Campionato europeo Endurance.
Anche in quest'occasione le moto della squadra parigina si comportano meglio
delle 750 quattro cilindri allestite dalla HRSC (Honda Racing Service Club)
per quella stagione. Nel 1975 infatti le Japauto, affidate oltre che a
Ruiz-Huguet anche alla coppia Bourgeois e Mandracci, sono state ancora
migliorate sia nella ciclistica che nel motore per restare ai vertici della
categoria.
Fedele alla cilindrata di 969,8 cc, il 4 cilindri Japauto monta alcuni
componenti racing forniti dalla HRSC (come catena di distribuzione e primaria)
e i soliti pezzi speciali del kit. I pistoni, realizzati dallo specialista
Bretille, sono alleggeriti sul mantello, mentre le valvole vengono maggiorate
rispetto alle versioni precedenti. I carburatori, che sulle prime versioni
erano quelli di serie, ora sono rimpiazzati dai Keihin da 31 mm, gli stessi
utilizzati sulle Honda ufficiali e sulle Kawasaki 1000 del team Sidemm,
plurivittoriose con Godier e Genoud. A livello ciclistico troviamo un telaio
a doppia culla in tubi d'acciaio con fazzoletti di rinforzo in alluminio
nella zona del forcellone realizzato dalla PEM di Edouard Morena, lo stesso
specialista che, come abbiamo visto in precedenza, aveva realizzato i telai
delle JPX. I freni a disco sono della Brembo, così come le pinze (quella
del disco posteriore è invece una Lockheed). La tipica carenatura a bocca
di squalo a partire dal 1975 viene preparata in due versioni: una
"esagerata"
e totale per Ruiz-Huguet, l'altra meno esasperata per il nostro Mandracci
e il suo compagno transalpino.
L'unica nota stonata nella stagione è però proprio al Bol d'Or di Le Mans,
quando le favoritissime Japauto vanno incontro ad una clamorosa sconfitta.
Ruiz brucia la frizione in partenza ed è costretto a spingere ai box (per
quasi 4 km!) la sua moto che, ripartita dopo una riparazione durata 45
minuti, abbandona definitivamente al termine della quarta ora di gara.
Analoga sorte per Bourgeois-Mandracci, fuori alla nona ora per un guasto
irreparabile al retrotreno.
Il tramonto della monoalbero
Nel 1976 per la Honda c'è la svolta epocale nell'Endurance perché la Casa
giapponese decide di impegnarsi in modo ufficiale nelle maratone di durata.
Viene creato l'Honda Endurance Race Team e viene presentata l'RCB, un'inedita
4 cilindri bialbero da 115 CV e 170 kg, destinata a dominare la specialità
fino all'inizio degli anni Ottanta con Léon e Chemarin. Per le gloriose
Japauto monoalbero che hanno tenuto alta la bandiera Honda nell'Endurance
ormai non c'è più posto: l'RCB è una vera moto da corsa, non una special
comunque derivata da un modello stradale con tutti i limiti di potenza
e sviluppo che ne derivano. I vertici Honda si dimostrano comunque riconoscenti
con monsieur Villaseca e i suoi uomini e già nel 1976 la Japauto riceve
un motore ufficiale bialbero, montato sull'evoluzione della moto usata
da Ruiz e Huguet dell'anno precedente.
Con il pensionamento del vecchio motore 4 cilindri, cavallo di battaglia
della Japauto e di gran parte delle squadre private di allora, si chiude
così definitivamente un capitolo nella storia delle gare d'Endurance.
Versioni stradali
1970 - Nell'officina di Rue Vaillant-Couturier a Levallois, Christian
Villaseca e Robert Assante creano la 950SS. Il kit di trasformazione comprende:
blocco cilindri e relative guarnizioni, cilindri con relativi segmenti,
coperchio accensione in alluminio marchiato Japauto, comando gas rapido,
corona in nylon a 43 denti. Prestazioni dichiarate 220 km/h e 0-400 m in
12 secondi.
1972 - Il kit base è in vendita a 3.990 franchi (pagando 960 franchi
in più il montaggio viene eseguito dalla Japauto) e viene integrato da
un serbatoio in vetroresina da 23 litri a 2 tappi e da un codone che replica
quello della moto vincitrice al Bol d'Or di quell'anno.
1973 - Nuovo blocco cilindri realizzato dalla JPX con alettatura di
maggiori dimensioni, nuovi pistoni (della francese Bretille al posto di
quelli della CB450 di serie adottati fino a questo momento) e nuovi segmenti
Meillor. Viene prodotto anche il carter alternatore in alluminio marchiato
Japauto. Sono disponibili anche la carenatura replica della moto vincitrice
del Bol d'Or dotata di due fanali laterali Cibié, uno scarico 4 in 1 prodotto
dalla Laborderie e ammortizzatori posteriori De Carbon regolabili. Il nome
diventa 1000 VX.
1974 - Viene avviata l'esportazione in Spagna. Dato che le modifiche
apportate più la manodopera incidono in misura maggiore del 60% sul prezzo
totale della moto, le Japauto vengono esportate come moto francesi e non
giapponesi (le frontiere spagnole erano precluse alle moto del Sol Levante).
La stampa specializzata francese coglie al volo l'occasione e decide di
"adottare" le Japauto, che da questo momento diventano a tutti
gli effetti moto francesi. In listino sono ora disponibili tre versioni
(o meglio tre differenti livelli del kit): la 1000VX standard, la VX Bol
d'Or (replica della moto usata da Debrock e Tchernine) e la VX Vitesse
con sella lunga e ruote in lega.
1976 - Utilizzando come base di partenza una CB750 Super Sport, la
Japauto presenta una versione turbo della sua 1000 Bol d'Or. La moto, che
adotta un turbocompressore americano Sigerson, non va comunque oltre lo
stadio di prototipo.
Nota: La produzione dei kit Japauto termina nel 1977. In tutto sono
state costruite direttamente dalla Japauto circa 250 motociclette, un centinaio
rimaste in Francia, il resto esportate in Spagna. È più difficile quantificare
invece il numero di kit venduti, anche perché molti appassionati si limitavano
a comprare alcuni componenti e non il kit completo. Non esistono dati precisi
e inconfutabili, ma il numero di blocchi cilindri da 969,48 cc dovrebbe
aggirarsi attorno ai 200 esemplari.