Cagiva 500 GP '81-'90
Lunga avventura
Dopo 14 anni di sfide alle Case giapponesi,
nel 1994 la Cagiva si è ritirata dai Gran Premi. Passione ed orgoglio hanno
alimentato la voglia di correre anche quando i risultati mancavano. Vi
raccontiamo la storia delle prime dieci difficili stagioni e dei modelli
che ne furono protagonisti.
3 vittorie, 11 podi, 6 pole position
e 3 giri più veloci. E’ il bilancio della storia
agonistica
delle Cagiva da Gran Premio, cominciata sul vecchio Nurburgring il
24 agosto 1980 e conclusa il 9 ottobre 1994 a Barcellona,
sul circuito di Catalunya al termine del GP d’Europa. I piloti di
quell’anno
erano gli americani John Kocinski e Doug Chandler, il primo
dei quali concluse il Campionato in terza posizione alle spalle
di Luca Cadalora su Yamaha, grazie alla vittoria nel GP
d’Australia,
un discreto numero di podi e tante gare concluse a punti.
L’ultima apparizione è del 1995, al
GP d’Italia, portata in pista da Pierfrancesco Chili che si
qualificò con il terzo tempo e fece una gara bellissima mancando
il podio per un banale errore. La storia si concluse quando i fratelli
Castiglioni decisero di dirottare le risorse umane e finanziarie sulla
nuova MV Agusta a 4 tempi.
Peccato, perché la svolta cominciata
con l’arrivo di Eddie Lawson alla fine del 1990 (che a 33 anni
poteva vantare 4 titoli iridati e 30 vittorie con Honda e Yamaha) faceva
intravvedere il momento della “riscossa” dopo i sofferti anni delle
moto
poco competitive e dei piloti demotivati. Il sogno di Lawson, concludere
la sua strabiliante carriera vincendo in sella alla Cagiva, si avverò
il 12 agosto 1992 al GP d’Ungheria, sull’Hungaroring. La
strada
era indicata. La Cagiva era competitiva e da quel momento poteva solo
“crescere”.
Ma partiamo con ordine, da quel Reparto
Corse di Schiranna dove venivano preparate le Aermacchi
Harley-Davidson
con cui Walter Villa negli anni Settanta vinse 4 titoli mondiali
nella classe 250/350.
'77-'78 il debutto
L’elefantino del logo Ca.Gi.Va. (Castiglioni Giovanni
Varese) fa
la sua prima apparizione ufficiale sulle piste dei GP nel 1977.
E’ uno sponsor della squadra guidata da Alberto Pagani
(con i piloti
Lansivuori, Lucchinelli, Cereghini e Perugini) che corre con le rappezzate
Yamaha e Suzuki del Team Life. E’ una stagione
travagliata per
il team; le moto cadono a pezzi e a metà campionato lo sponsor Life
“taglia la corda” lasciando vuote le tasche di piloti e
team manager.
Per fortuna c’è quel piccolo “elefante” sulle carene e così,
con i soldi
dei fratelli Castiglioni, Lucchinelli vince il suo primo GP iridato
ad Assen, con una Yamaha TZ 750.
I fratelli Castiglioni ci prendono gusto e nel 1978 iniziano a fare
sul serio. Con Fabris, Mascheroni, Milani e Fanali attivano il vecchio
reparto corse Aermacchi Harley-Davidson, rilevano le moto ex-Team Life
dell’anno precedente e si iscrivono al Campionato Mondiale. Viene
confermato
come pilota Marco Lucchinelli ed in onore alla MV Agusta di cui
la Cagiva vuole raccogliere il testimone nei GP, le moto vengono verniciate
in argento-rosso.
Per non far mancare nulla al pilota, gli vengono messe a disposizione anche
le vecchie Harley-Davidson 250/350. La stagione riserva poche soddisfazioni,
le moto non sono affidabili e l’unico momento di gloria è la vittoria,
poi sottratta a Lucchinelli per un pasticcio dei cronometristi, nel
GP d’Inghilterra classe 500 a Silverstone, disputato sotto un diluvio.
'80-'82 l'inizio
Al GP di Germania del 1980, la Cagiva si presenta con
la prima
moto interamente costruita a Schiranna. La porta in pista
Virginio
Ferrari (vice campione della classe 500 appiedato dal Team Zago) ed
è un ibrido su base Yamaha TZ 500. Non ci sono grandi
aspettative,
gli uomini Cagiva vogliono portare a termine il GP. Ferrari si qualifica
nelle ultime posizioni e in gara si ritira dopo un giro…
E’ il 1981 l’anno in cui scende in pista la prima vera
Cagiva,
motore compreso. E’ un 4 cilindri in linea con alimentazione
a 4 dischi rotanti. Il telaio è un classico doppia culla in tubi
tondi di acciaio. Debutta in gara, sempre con Virginio Ferrari
in Germania, ad Hockenheim. In prova ottiene il 44° tempo e chiude
la gara 30°. La stagione prosegue sugli stessi toni, con il migliore
risultato ottenuto al GP di San Marino dove Ferrari conclude 19°.
Il 1982 segna una svolta tecnica ed il primo amaro tradimento. Vengono
ingaggiati l’olandese Van Dulmen e Massimo Broccoli
come pilota-collaudatore. L’olandese però, alla vigilia del campionato,
abbandona la squadra e passa alla Yamaha. Approda così alla Cagiva
il sudafricano Jon Ekerold, reduce da una stagione poco fortunata ma
ex Campione del Mondo della 350. La moto è tutta nuova: il motore
è un 4 cilindri in quadrato, molto inclinati in avanti, ancora con
alimentazione a dischi rotanti disposti però ai lati del carter
come sulle Suzuki RG 500.
Il telaio è un doppia culla chiusa in tubi quadri d’alluminio,
come sulle Yamaha e Suzuki ufficiali di quell’anno (e successivamente
sulla NS 500 3 cilindri seconda versione).
Jon Ekerold durante la stagione dispensa soddisfazioni. In sella alla
4 cilindri italiana si qualifica bene e conclude le gare, regalando
alla Cagiva il primo punto iridato (decimo posto) nell’ultimo GP
della stagione, ad Hockenheim.
'83-'85 anni bui
Per il campionato 1983, i fratelli Castiglioni puntano in alto
e
investono in una nuova moto che però arriva solo a stagione già
iniziata. Viene confermato Jon Ekerold ed ingaggiato nuovamente
Virginio Ferrari, di ritorno da una deludente stagione in sella
alla Suzuki. I rapporti tra Ekerold e la squadra si guastano, i
risultati
non arrivano (forse per la macanza della nuova moto) e così il
sudafricano
viene licenziato. Termina la stagione il solo Ferrari, alle prese con
una moto inguidabile.
La nuova 4C3 ha il motore della versione precedente che però assolve
ora anche ad una funzione semiportante: anterioremente c’è una
struttura che ingloba il cannotto di sterzo imbullonata al propulsore,
fasciato posteriormente da una grossa piastra che funge da attacco a tutto
il retrotreno.
Ferrari, esasperato da un mezzo assolutamente non all’altezza,
chiede
ed ottiene un più tradizionale telaio in tubi quadri d’alluminio che
arriva però quando la stagione è ormai compromessa.
Il 1984, se possibile, è ancora più disastroso. Virginio Ferrari
passa al team Yamaha-Agostini come seconda guida di Eddie Lawson e così
i Castiglioni ingaggiano nuovamente Marco Lucchinelli che torna
alla Cagiva dopo 5 anni durante i quali ha vinto un titolo mondiale della
classe 500 (con la Suzuki) e combinato poco in sella alla Honda NS 3 cilindri.
Promette vittorie e successi ma la realtà e ben più mesta. Si qualifica
con l’8° tempo alla 200 Miglia di Imola ma nelle gare del Mondiale
alterna prove opache ad assenze ingiustificate, con episodio culminante
durante il GP di Francia: interviene dopo l’incidente accaduto a Franco
Uncini, litiga con un medico e, richiamato dalla direzione gara che lo
vuole multare, lascia la Cagiva in imbarazzo e torna a casa.
Peccato perché la moto non era poi così male, il telaio doppia culla
in tubi quadri d’alluminio era più compatto e leggero ed il motore
sviluppava
132 CV. Prende il posto di Lucchinelli, lo specialista francese
dell’Endurance, Hervé Moineau che, nonostante fosse privo di
esperienza
con le 500 quattro cilindri a due tempi, conquista il decimo posto al
GP di Jugoslavia. Successivamente infortunatosi, lascia il posto ad
un altro francese: Pierre Bollé.
E’ nel 1985 che avviene un’altra svolta tecnica.
Confermato
Lucchinelli e nuovamente ingaggiato Virginio Ferrari, nasce
una moto completamente nuova, con propulsore V4 di 90° a
due alberi motore controrotanti ed alimentazione a lamelle.
Il telaio segue lo schema Deltabox delle Yamaha ufficiali.
La vittoria di Lucchinelli nella prova di apertura del Campionato Europeo
fa ben sperare ma nel mondiale i risultati sconfortanti convincono il team
ed i fratelli Castiglioni che occorre un esperimento per verificare
quanto l’insuccesso dipenda dalla moto e quanto dai piloti.
Il 19 ed il 20 agosto 1985 sale sulla Cagiva 500, per un
test sulla pista di Misano Adriatico, il tre volte Campione del Mondo Kenny
Roberts. Il “marziano” si fa realizzare un assetto come piaceva
a
lui (molto caricato sull’avatreno) e inanella molti giri, facendo
registrare
tempi di assoluto rilievo e dando un giudizio lusinghiero sulla moto.
Era il segnale che serviva alla Cagiva: ci volevano piloti motivati.
'86-'87 l'illusione
I consigli di Kenny Roberts servono ad aggiornare la C10
dell’anno
precedente rendendola più competitiva. Nel 1986
Viene iscritto
al Mondiale solo lo spagnolo Juan Garriga che comincia bene
classificandosi
ottavo nel GP di casa. Nella prove successive si comporta bene
in
qualifica ma in gara si ritira spesso per problemi di affidabilità
della moto. Finisce il campionato al 17° posto, miglior piazzamento
Cagiva di sempre nel Mondiale.
Al GP delle Nazioni di Monza partecipa anche Marco Lucchinelli
che purtroppo cade dopo pochi giri mentre si trova nelle posizioni
di testa.
Al termine del Campionato, in Cagiva maturano l’idea che per poter
competere
ad alti livelli occorre una struttura più professionale, così, nel
1987, viene designato Direttore Sportivo il belga Françiois Battà
ed ingaggiati due piloti esperti della classe regina: il belga
Didier de Radigues ed il francese Raymond Roche.
Arriva anche uno sponsor tabaccaio e così dal tradizionale rosso-argento,
la livrea passa ad un bel rosso Ferrari. E’ la prima volta che
i fratelli Castiglioni accettano uno sponsor che non sia un partner tecnico,
scelta nobile ma certamente onerosa per le finanze della Casa varesina.
Nel Campionato del Mondo 1987 arrivano le prime soddisfazioni:
De Radigues è anche un bravo collaudatore e Raymond Roche è grintoso. La
nuova moto (C587), è pronta in occasione della quarta prova del
mondiale, il GP delle Nazioni e si dimostra subito all’altezza della
situazione. Il nuovo 4 cilindri ha la V dei cilindri più
stretta (58°), sempre con gli alberi motore controrotanti. Il
telaio ha ancora una struttura di tipo Deltabox ma è più piccolo
del precedente. Nel GP del Brasile, De Radigues conclude al quarto
posto.
'88-'90 lawson
Nel 1988, il pilota belga passa alla Yamaha e così
Cagiva ingaggia
l’americano Randy Mamola, vice-campione del mondo 1987,
affiancandolo
al confermato Raymond Roche. La C588, che
monta pneumatici
Pirelli, ha un motore più snello e telaio rinforzato ed al
posteriore
monta un forcellone “a banana” per far uscire dallo stesso
lato
le espansioni dei cilindri anteriori.
A Randy Mamola non piace un granché e fino al GP d’Italia non ottiene
apprezzabili risulati (un positivo 7° posto). Successivamente Massimo
Tamburini disegna una carenatura molto più bella e filante e la
competitività
della moto fa passare in secondo piano il grave incidente a Roche
sul circuito di Imola. La stagione continua con il terzo posto in Belgio
a Spa, sotto la pioggia, il quarto in Jugoslavia ed il sesto in Francia
al Paul Ricard.
La Cagiva è finalmente competitiva e così, per il 1989, c’è grande
aspettativa. Purtroppo le cose non vanno come si sperava. La C589, è
più leggera e potente ma l’errata distribuzione dei pesi inficia le
doti di trazione ed impedisce a Mamola di scaricare a terra tutti i
cavalli. Ci si mette anche il pilota americano a fare le bizze: svogliato
e demotivato pensa più a fare spettacolo che a gareggiare, arrivando
all’imperdonabile errore di Assen, quando esagera
un’impennata
e capotta nel giro di allineamento!
Lo sconforto regna sovrano in Cagiva ma i fratelli Castiglioni resistono
e, convinti delle potenzialità della loro moto, per il 1990 confermano
Randy Mamola e gli affiancano l’inglese Ron Haslam ed il
brasiliano Alexandre Barros. Non basta, rinnovano anche la struttura
sportiva ingaggiando come Direttore Sportivo Virginio Ferrari e
come responsabile di pista Fiorenzo Fanali. I risultati continuano
a deludere: Mamola si fa male durante il GP degli Stati Uniti e
perde motivazione per tutto il campionato, Haslam fa lo stesso a
Jerez e Barros cade troppo spesso, per fortuna senza conseguenze.
Al GP di Jugoslavia si arriva all’assurdo incidente di Mamola
e Haslam che si urtano al primo giro cadendo entrambi, seguiti al terzo
giro da Barros. Dà un’idea della situazione la classifica finale,
con i piloti Cagiva ultimi degli ufficiali, con Mamola pari punti
al privato Marco Papa in sella ad una vecchia Honda 3 cilindri.
La stagione non viene risollevata nemmeno dal virtuosismo tecnico
mostrato in occasione del GP di Cecoslovacchia, rappresentato da una
bellissima
C590 con telaio e forcellone in fibra di carbonio. I Castiglioni sono
comunque convinti di volersi ritirare dalle corse a causa degli scarsi
risultati. Come anticipato, fu Eddie Lawson, quattro volte Campione
del Mondo, a farli tornare sui loro passi.
Alla fine del 1990, dopo un breve test a Rijeka, “Steady
Eddie”
approdò a Schiranna per realizzare il suo sogno: vincere in sella ad una
Cagiva. Sogno realizzato in Ungheria, nel 1992.