Kawasaki Mach III 500
Introduzione
l progetto della Kawasaki 3 cilindri nasce nel luglio del '67 ed è siglato
N100. Alla Kawasaki-Los Angeles vogliono una moto leggera, facile da impennare,
con un'accelerazione da dragster, cilindrata 500 cc e potenza di 60 CV.
L'Ingegner Takao Horie, Direttore tecnico della Kawasaki, presenta due
progetti distinti, entrambi a 2 tempi.
Il primo propulsore proposto è un bicilindrico parallelo con ammissione
a disco rotante derivato dalla Avenger 350. Il secondo è un 3 cilindri
tutto nuovo. Spinti dalla voglia di fare una moto originale, alla Kawasaki
optano per la realizzazione della tricilindrica. Bisogna ripartire da zero,
rinunciando all'ammissione a disco rotante, cavallo di battaglia della
Casa di Akashi. In un 3 cilindri in linea le maggiori attenzioni riguardano
il cilindro centrale che deve essere ben raffreddato. Vengono allora tracciate
2 strade. Il primo motore ha i 2 cilindri laterali in posizione verticale
e inclinati di 30°, mentre quello centrale è in posizione orizzontale (come
sulle DKW da GP). Il secondo prevede uno schema in linea che alla fine
viene preferito anche in vista della produzione in serie. Si realizzano
2 prototipi di quest'ultimo e i test vengono effetuati con la collaborazione
della facoltà di Ingegneria dell'Università di Osaka. I risultati sono
ottimi e dimostrano che il motore non ha problemi di surriscaldamento.
La soluzione finale la conosciamo tutti...Per il tre cilindri giapponese
la Casa dichiara una potenza di 59 CV a 7.500 giri e una coppia massima
di 5,7 kgm a 7.000 giri. La velocità di punta è di 200 km/h, il peso di
185 kg. L'albero motore è di tipo composito e ruota su 6 cuscinetti di
banco (a sfere), mentre le bielle in acciaio ruotano su rullini ingabbiati.
I pistoni a testa piatta hanno 2 segmenti. I cilindri sono in lega leggera
con camicie riportate in ghisa, la distribuzione è ad incrocio di correnti
con 5 luci per cilindro. La luce d'aspirazione è rettangolare con un ponte
centrale da 4 mm, quella di scarico è ovale. L'accensione è elettronica
con sistema CDI su tutte le versioni, tranne che sulla H1B dove invece
è a puntine, una per ogni cilindro.
Il successo della Mach III sul mercato è stato travolgente. All'epoca non
si conoscevano compromessi: o la si amava o la si odiava. I suoi detrattori
dicevano che il cilindro centrale grippava perchè mal raffreddato, contestavano
la scarsa tenuta di strada, la frenata deficitaria, la rumorosità meccanica
e i consumi esagerati. I suoi sostenitori invece tramutavano in pregi tutti
questi problemi: è vero la Mach III non frenava tantissimo ed era tutt'altro
che stabile, ma sapeva regalare emozioni forti, per veri motociclisti.
Con il passare del tempo è divenuta una moto mitica e mitizzata degli anni
Settanta perchè prometteva un vero balzo verso il futuro, soprattutto sotto
l'aspetto delle prestazioni. Vista con gli occhi del motociclista moderno,
gran parte delle promesse fatte allora dalla Kawasaki 500 erano solo delle
anticipazioni di quello che i giapponesi avrebbero realizzato negli anni
a venire, perchè se mal utilizzata la Mach III poteva fare veramente male.
I pareri degli esperti
Gianotto Cattaneo, propietario dal 1972 di una Kawasaki H1B.
Perchè
hai deciso di acquistare la Mach III?
"Ricordo che erano in ballottaggio 3 moto: la Benelli Tornado 650,
la Honda CB750 e la Kawasaki 500 H1B.
Credo che allora il mio cuore di ventenne palpitasse di più per l'ineguagliabile
suono che fuoriusciva dagli scarichi
della H1B. Inoltre lo sgargiante
colore arancio fece colpo su di me come il biondo di una diva hollywoodiana.
Le prestazioni poi facevano la differenza. L'attrazione era fortissima
quasi quanto l'irrazionalità e...cedetti".
Pentito?
"No! Assolutamente. Ogni volta che salgo in sella riprovo con piacere
le medesime sensazioni e mi riscopro innamorato della mia H1B".
La usi regolarmente?
"Sì! A volte la domenica faccio un giretto di pochi km in campagna,
mentre in occasione dei raduni del Club Giapponesi Classiche Italia percorro
anche 200 o 300 km, tenendo d'occhio il serbatoio, visto che qualche volta
mi è capitato di rimanere a secco".
Abbiamo chiesto anche il parere di Franco Bonfanti, esperto e
appassionato
restauratore delle classiche giapponesi.
Quali sono i difetti delle Kawasaki 500 Mach III?
"Gli unici difetti si trovano nel telaio e nelle sospensioni
insufficienti
nel contrastare l'esuberanza del motore. Ma questo è tipico delle moto
giapponesi degli anni Settanta. Tra i difetti più fastidiosi ci possiamo
mettere le vibrazioni che solo sulla versione del 1975 sono state in parte
attenuate grazie all'adozione di silent-block interposti tra motore e telaio.
In alcuni casi le vibrazioni determinano l'allentamento di viti e bulloni
con relativa perdita di pezzi come ad esempio il fianchetto laterale sinistro.
Le bronzine del perno forcellone, infine, essendo in metallo dolce, si
usurano eccessivamente, innescando giochi che sono alla base del famoso
e pericoloso serpenteggiare della Mach III sia in accelerazione sia nelle
curve veloci."
E i pregi?
"Il motore è dotato di componentistica estremamente robusta. L'albero
motore gira su ben 6 cuscinetti. Le bielle sono adeguatamente dimensionate
e supportano anche elaborazioni importanti. Il cambio è molto robusto.
Insomma il tricilindrico è una garanzia.