04 December 2012

In moto d’inverno: consigli ed equipaggiamento

per chi proprio non rinuncia ai viaggi e al turismo sotto zero, ecco qualche consiglio su come prepararsi

IN MOTO D'INVERNO

Ammettiamolo: se, in fuoristrada, non esiste letargo, per i viaggi in moto l’attività invernale non sembra obbedire a un senso logico. Ti prendi una paccata di freddo e non puoi neanche fare i piegoni in curva. Eppure, c’è chi lo fa ugualmente: l’inverno è bellissimo e, dalla sella della moto, si assapora meglio.

In realtà, nonostante le oggettive difficoltà a viaggiare col freddo, in Europa c’è molta gente che lo fa per il semplice motivo che l’assurdo raduno tedesco chiamato Elefantentreffen (dal 28 al 30 gennaio 2011), al di là della sua formula demenziale, è riuscito ad assumere un tale valore “morale” da attirare anche quei motociclisti che, d’inverno, la moto non la usano mai. Il raduno degli Elefanti, nato nel 1957, è semplicissimo: si parte, si arriva in una fossa piena di neve al confine tra Germania e Repubblica Ceca, si monta la tenda, si sta lì.

COME ARRIVARE

Il posto si chiama Loh, che è una frazione di Solla, raggiungibile dalle uscite di Iggensbach e Thurmansbang dell’autostrada che unisce Passau a Deggendorf. Dall’Italia, esistono tre grandi vie autostradali per arrivarci: quelle dei valichi di San Bernardino, del Brennero e di Tarvisio. Quest’ultima passa i Tauri, arriva a Salisburgo e quindi a Passau; le altre due si incontrano a Monaco di Baviera e superano il Danubio a Deggendorf.

 

Esistono, ovviamente, infinite varianti non autostradali. Per molti, specialmente per i patiti di fuoristrada, le autostrade sono una purga indicibile. L’alternativa è il delirio: tantissimi valichi alpini, alti fino a 2.300 metri, ricoperti da metri di neve ma tenuti aperti anche d’inverno. Tra le numerose possibilità, c’è l’Engadina, una valle diagonale che sembra fatta apposta per portare al raduno (da Milano, son 630 km, contro i 740 passando per il Brennero); ci sono i valichi del Bernina e dello Julier, alti 4.600 metri in due, che permettono il taglio dell’Engadina dalla Valtellina all’autostrada del San Bernardino; e c’è la Grande Strada delle Dolomiti, tra Trento e i Tauri (dai quali si scende a Salisburgo). Guidare la moto lassù, con fondo spesso innevato e temperature anche oltre i 20 gradi sotto lo zero, richiede determinati accorgimenti, ma non è un’attività masochistica come si può pensare. Innanzitutto, che moto usare?

CHE MOTO USARE

Se non nevica e si fa solo autostrada, la Honda Gold Wing rappresenta la migliore scelta. Ma là nevica spesso, mandando in panico gli stradisti (che sono i più). L’ideale per i passi sono le bicilindriche da enduro, con gomme tassellate da rally e catene da neve da montare se il fondo non tiene. Non c’è una regola, ma quando nevica ci sono salite su cui i tasselli fanno presa ed altre su cui non c’è verso di procedere. Le monocilindriche sono più facili da guidare sulla neve finché non si montano le catene, ma rendono la vita più faticosa ai motorini d’avviamento (che devono superare il punto morto superiore senza l’aiuto del secondo cilindro) tanto che, spesso, è molto meglio usare il pedale, se c’è. Ma, in questo caso, di “skicckate” ce ne vogliono tante e non c’è niente di peggio che sudare e bagnarsi dentro la tuta da palombaro del motociclista invernale.

ABBIGLIAMENTO E ACCESSORI

L’abbigliamento è inevitabilmente a cipolla: tanti strati, uno sopra l’altro, con il grosso aiuto dell’hi-tech degli ultimi anni: pile, windstopper, gore-tex. Molti puristi schifano chi va al raduno usando abbigliamento elettrico (proposto da Klan, Dainese e BMW, alimentato dalla batteria della moto o da pile ricaricabili), scaldini termici (quelli che si attivano strappando il sacchetto), paramani imbottiti e coperta paragambe, sostenendo che non è roba da uomini veri, che è il raduno del freddo e quindi bisogna prendere freddo e che, altrimenti, tanto vale andare in auto: per noi, sono tutte cazzate. Questi accessori fanno resistere infinitamente meglio al freddo, non rovinano il piacere di guida e, anzi, permettono di stare in sella dal mattino alla sera, sottozero, restando lucidi e godendo dei paesaggi senza concentrarsi sulla sofferenza. Perché, per noi, andare all’Elefante non è una prova di forza da machos, ma un vero viaggio di piacere attraverso paesaggi tra i più belli del mondo.

 

Guanti: le manopole riscaldate elettricamente sono fantastiche, ma invertono il processo del Gore-tex quando piove (l’acqua passa da dove è più caldo a dove è più freddo), per cui vanno abbinate con i paramani imbottiti, che riparano completamente dalla pioggia. Questi ultimi vanno montati bene aperti, altrimenti è difficile infilare dentro la mano quando si pulisce la visiera del casco col guanto, operazione ripetuta infinite volte a causa del sale che si deposita ovunque.

 

Le visiere che nascono dichiarate antiappannanti non funzionano; occorre applicare quelle supplementari, adesive. Se avete la tentazione di pulire la visiera con le salviette umidificate, sappiate che opacizzano all’istante dette visiere interne e dovete buttarle via. Piedi: ahi ahi. Confessiamo che, trovando troppo freddi i nostri stivali da enduro o da turismo e non avendo voglia di comprarli di tre misure più grandi per imbottirli di calze, usiamo le scarpe da tundra artica, eccezionali per calore e grip sulla neve, ma non protettive in caso di caduta, anche se va detto che le integriamo con parastinchi e ginocchiere da enduro. C’è anche da dire che le ultime generazioni di coperte paragambe, come quelle di Tucano Urbano rivestite di pelo e gonfi abili per stare stabili anche in velocità, coprono anche i piedi. A fine viaggio, ovviamente, la moto va lavata a fondo, perché è ricoperta di sale.

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