Come avvengono oggi le prove per dare il consenso alla produzione di una nuova moto?
Calò: “Dobbiamo fare una certa quantità di km su strada sia per motivi obbligatori di omologazione sia per gli aspetti pratici che vengono fuori dai collaudi in queste condizioni. È anche vero che la verifica delle usure e della resistenza alle sollecitazioni ora viene fatta con l’aiuto dei banchi a rulli o quelli dinamici. Simulano la vita a fatica dei componenti. Acquisiamo nelle prove su strada quali sono queste sollecitazioni e le replichiamo con questi banchi. Questi simulatori possono funzionare giorno e notte e trattare componenti specifici come trasmissioni e sospensioni. Quando vogliamo sondare il comportamento di un veicolo dall’elevata potenza come la RSV4 o la Tuono 1100, moto da oltre 200 CV, non si possono trovare adeguati riscontri sulle normali strade. Si dovrebbe andare solo su piste specifiche come Nardò in Puglia, l’anello di alta velocità. Si dovrebbe mettere in sella un collaudatore e farlo girare il più tempo possibile, al massimo dell'andatura. A questo punto, lo facciamo fare a una macchina perché così si garantisce il massimo della sicurezza, nel senso che se scoppia una gomma non succede niente, se si rompe una catena nessuno si fa male. Possiamo provare la moto oggi e ripetere la stessa prova magari dopo un anno, per verificare le modifiche fatte e confrontarle con quelle del passato. Questo è importantissimo nello sviluppo delle moto”.
Quanti collaudatori fanno parte della vostra squadra?
Salvador: “Sono quattro quelli funzionali che si occupano delle valutazioni su strada. Abbiamo anche collaboratori “chilometristi”, quelli che si fanno ore e ore in sella per portare a casa le prove di durata. E poi, se serve, pure gli ingegneri sono cascabili. Nel senso che si mettono un casco in testa e aiutano nei test su strada e pista. I nostri collaudatori lavorano per mettere a punto il telaio, le sospensioni, la frenata, le calibrazioni del motore, l'aerodinamica e l'iniziale geometria del telaio. Usano percorsi tipo, che sono molteplici e di varia natura, strade dove si valuta anche la concorrenza; mettere a confronto il nostro lavoro con quanto di meglio esiste sul mercato è fondamentale. I collaudatori dopo le prove riempiono pagine e pagine di pagelle e valutazioni, ma i problemi fondamentali emergono immediatamente, poi si lavora sui dettagli. Quando si riscontrano discrepanze marcate tra i loro pareri cerchiamo di approfondire le ragioni di questi dubbi e ci affidiamo anche ai numeri, ai rilevamenti strumentali che arrivano dalle acquisizioni dati dei vari sensori disseminati sulla moto”.
Quanto chilometri servono per arrivare alla definizione del progetto?
Calò: “Lavoriamo su tranche di 50.000 km. Se ci sono usure non appropriate sicuramente emergono a questo chilometraggio. Però si fanno anche sequenze più corte, lunghe 10.000 km, per trovare tutti i problemi di fornitura e di montaggio. Sui banchi prova abbiamo anche simulazioni scellerate, talmente gravose che pur non arrivando a 50.000 km avvicinano sensibilmente quello che succederebbe a questo chilometraggio”.
Oggi una moto è un “sistema” complesso. Come intervengono i vari fornitori nei collaudi?
Calò: “Se parliamo di elettronica e di sistemi che aiutano a mantenere la tenuta di strada lavoriamo a quattro mani con il fornitore. Non ci affidiamo completamente alle sue prove e alle sue scelte perché la nostra "mano" è diversa da quella di altri Costruttori che utilizzano la medesima tecnologia. Vogliamo mantenere la tipicità, personalizzazione e calibrazione che ci distingue un’Aprilia dalle altre moto”.
Quale è stata la parte più difficile del progetto RS 660?
Soatti: “Vorremmo dire tutto, ma sicuramente rispettare il target di un peso ridotto. Oggi siamo a 183 kg. Per avere questo peso minimo abbiamo agito su ogni componente della moto, per smagrirlo il più possibile. Si è lavorato pure sui 10 grammi, Abbiamo strapazzato i fornitori alla morte per raggiungere l'obiettivo”.
Quanti prototipi sono stati costruiti per arrivare alla moto definitiva?
Salvador: “Si parte da un P Zero, poi una decina di P2, una ventina di avanserie e il resto è una partita di modelli pre produzione. In totale una cinquantina di veicoli. P Zero è una moto tecnicamente a posto, ma ancora con una linea grezza, con tanti particolari che possono essere completamente modificati come angolo del cannotto di sterzo, posizione pedane, piazzamento motore e forcellone. Congelate le caratteristiche principali del P Zero, questo prototipo passa al Centro Stile in modo che i designer possano mettere a punto le loro misure e modifiche che ora si integrano con le scelte tecniche. Poi si passa a prototipi P2. più evoluti, ma non ancora perfetti sino ad arrivare a versioni sempre più vicine al modello che andrà in catena di montaggio. Tutti i prototipi verranno poi distrutti fino a quelli di avanserie”.