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Come nasce l'Aprilia RS 660. I segreti del reparto Ricerche e Sviluppo

Siamo stati in visita al reparto Ricerche e Sviluppo di Aprilia, a Noale, dove vengono “partoriti” i modelli della Casa veneta, RS 600 compresa. Due anni per avere una nuova moto, tra stressanti sedute al banco prova e l’indispensabile aiuto dei collaudatori

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Uno dei prototipi RS in una delle sale prova. In Aprilia c’è il Nardello, ovvero il ciclo di simulazione che mette insieme lo stress di un giro a manetta dell’anello di alta velocità di Nardò con frenate e accelerazioni del circuito del Mugello

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Sapete quanti pezzi servono per costruire una moto? Per l’Aprilia RS 660 ce ne vogliono 8.000! Questo fa capire come la nascita di un modello tutto nuovo – e la sportiva veneta lo è - sia un “affare” non certo facile… Siamo a Noale, in quella che prima era la fabbrica Aprilia e che poi è diventato il centro di progettazione e prova del costruttore veneto e di altri Marchi del gruppo Piaggio. Un’avanzatissima struttura dove c’è pure il Reparto Corse della MotoGP. Davanti a noi tre ingegneri mascherati, come impone il buon senso prima dell’obbligo Covid-19, pronti a raccontare la genesi della RS 660.

Roberto Calò, veterano della progettazione motociclistica e responsabile del centro di competenza che riguarda progettazione veicolo, performance e testing. Al suo fianco, Piero Soatti, che si occupa della progettazione del veicolo e degli aspetti legati alla parte elettronica ed elettrica. Soatti studia e predispone, in termini di modelli matematici, le soluzioni tecniche secondo gli obiettivi di costo, tempo, peso e predispone i calcoli computerizzati di verifica e simulazione. Infine, Mauro Salvador, il responsabile Performance Engineering, lo stratega che ha il difficile compito di definire i target dei nuovi progetti: dalle prestazioni del motore, al comportamento del telaio, all’ergonomia dei comandi.

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Da sinistra a destra, rigorosamente protetti, gli ingegneri Roberto Calò (62 anni, responsabile del centro di competenza moto che amministra progettazione veicolo, performance e testing ), Piero Soatti (48, resp. progettazione veicolo e delle parti elettriche ed elettroniche) e Mauro Salvador (46, resp. performance engineering). Davanti a loro il nostro inviato Marco Riccardi. I tre ingegneri sono tutti appassionati motociclisti; Salvador ha pure un passato agonistico nel trofeo Alpe Adria.

Da dove cominciamo ingegner Calò?

“Cominciamo col dire che oggi ci vogliono due anni per creare la moto che andrà in produzione. Prima occorreva più tempo; per la RSV4 ci abbiamo messo tre anni, il primo per il motore, poi ci siamo occupati del veicolo. Oggi, forti dell’esperienza del passato, abbiamo accorciato i tempi. Però, prima di ogni disegno o di creare un telaio, occorre definire quali sono i target. È fondamentale avere le idee chiare e Mauro Salvador fa questo. Analizza la concorrenza, ascolta le esigenze del marketing, identifica il cliente tipo della nuova moto. Per la RS dovevamo avere un motore compatto nelle misure e capace di dare da 100 CV, doveva avere una guida eccellente perché è una delle caratteristiche di Aprilia. Non doveva essere una moto da pista, ma una via di mezzo, con le pedane più strette e più basse possibile. Definito questo, interviene nella progettazione Piero Soatti che avvia una prima simulazione al CAE (computer-aided engineering) per i vari calcoli a fatica, quelli relativi all’ergonomia. Poi si passa al testing, dove l’ingegner Davide Morello. spacca tutto, ovvero sonda i limiti di resistenza dei vari componenti della moto, e lo fa grazie anche alle macchine di prova. Infine, la fase finale di test su strada”.

Nello sviluppo di una nuova moto quanto è simulato al banco prova e quanto lasciato al lavoro dei collaudatori?

Calò: “Una buona metà dell’impegno viene dedicato alla progettazione e al calcolo; poi tra le prove indoor nella nostra struttura e quelle su strada possiamo avere un 25% per ognuno di questi test. Ma l’uomo è fondamentale nella decisione finale su quale direzione intraprendere. E la grande sensibilità dei nostri tester ci aiuta molto”. Interviene Soatti: “Utilizziamo gli strumenti più evoluti di calcolo per avere una ottimizzazione virtuale. Prediamo la fusione del telaio. Abbiamo verificato con una particolare analisi, che si chiama topologica, dove serviva e dove non era necessario mettere il materiale di fusione per avere unita alla ricerca delle rigidezze. Per arrivare ai nostri obiettivi abbiamo visto che dovevamo agire sul cannotto di sterzo. I fori che l'analisi topologica mostrava al computer si sono tramutati in alleggerimenti all'interno della fusione del telaio. L'analisi ci ha detto quale rigidezza totale dovevamo ottenere per avere un’ottima guidabilità. Le Aprilia hanno motori dalle prestazioni notevoli, uno stile esclusivo, ma prima di tutto posseggono una ciclistica molto efficace. Inoltre, il target della RS chiedeva una moto molto leggera, ma con un prezzo non troppo elevato. Lo sforzo è stato quello di avere tutto questo senza ricorrere a materiali speciali”.

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Uno dei prototipi RS in una delle sale prova. In Aprilia c’è il Nardello, ovvero il ciclo di simulazione che mette insieme lo stress di un giro a manetta dell’anello di alta velocità di Nardò con frenate e accelerazioni del circuito del Mugello

Come avvengono oggi le prove per dare il consenso alla produzione di una nuova moto?

Calò: “Dobbiamo fare una certa quantità di km su strada sia per motivi obbligatori di omologazione sia per gli aspetti pratici che vengono fuori dai collaudi in queste condizioni. È anche vero che la verifica delle usure e della resistenza alle sollecitazioni ora viene fatta con l’aiuto dei banchi a rulli o quelli dinamici. Simulano la vita a fatica dei componenti. Acquisiamo nelle prove su strada quali sono queste sollecitazioni e le replichiamo con questi banchi. Questi simulatori possono funzionare giorno e notte e trattare componenti specifici come trasmissioni e sospensioni. Quando vogliamo sondare il comportamento di un veicolo dall’elevata potenza come la RSV4 o la Tuono 1100, moto da oltre 200 CV, non si possono trovare adeguati riscontri sulle normali strade. Si dovrebbe andare solo su piste specifiche come Nardò in Puglia, l’anello di alta velocità. Si dovrebbe mettere in sella un collaudatore e farlo girare il più tempo possibile, al massimo dell'andatura. A questo punto, lo facciamo fare a una macchina perché così si garantisce il massimo della sicurezza, nel senso che se scoppia una gomma non succede niente, se si rompe una catena nessuno si fa male. Possiamo provare la moto oggi e ripetere la stessa prova magari dopo un anno, per verificare le modifiche fatte e confrontarle con quelle del passato. Questo è importantissimo nello sviluppo delle moto”.

Quanti collaudatori fanno parte della vostra squadra?

Salvador: “Sono quattro quelli funzionali che si occupano delle valutazioni su strada. Abbiamo anche collaboratori “chilometristi”, quelli che si fanno ore e ore in sella per portare a casa le prove di durata. E poi, se serve, pure gli ingegneri sono cascabili. Nel senso che si mettono un casco in testa e aiutano nei test su strada e pista. I nostri collaudatori lavorano per mettere a punto il telaio, le sospensioni, la frenata, le calibrazioni del motore, l'aerodinamica e l'iniziale geometria del telaio. Usano percorsi tipo, che sono molteplici e di varia natura, strade dove si valuta anche la concorrenza; mettere a confronto il nostro lavoro con quanto di meglio esiste sul mercato è fondamentale. I collaudatori dopo le prove riempiono pagine e pagine di pagelle e valutazioni, ma i problemi fondamentali emergono immediatamente, poi si lavora sui dettagli. Quando si riscontrano discrepanze marcate tra i loro pareri cerchiamo di approfondire le ragioni di questi dubbi e ci affidiamo anche ai numeri, ai rilevamenti strumentali che arrivano dalle acquisizioni dati dei vari sensori disseminati sulla moto”.

Quanto chilometri servono per arrivare alla definizione del progetto?

Calò: “Lavoriamo su tranche di 50.000 km. Se ci sono usure non appropriate sicuramente emergono a questo chilometraggio. Però si fanno anche sequenze più corte, lunghe 10.000 km, per trovare tutti i problemi di fornitura e di montaggio. Sui banchi prova abbiamo anche simulazioni scellerate, talmente gravose che pur non arrivando a 50.000 km avvicinano sensibilmente quello che succederebbe a questo chilometraggio”.

Oggi una moto è un “sistema” complesso. Come intervengono i vari fornitori nei collaudi?

Calò: “Se parliamo di elettronica e di sistemi che aiutano a mantenere la tenuta di strada lavoriamo a quattro mani con il fornitore. Non ci affidiamo completamente alle sue prove e alle sue scelte perché la nostra "mano" è diversa da quella di altri Costruttori che utilizzano la medesima tecnologia. Vogliamo mantenere la tipicità, personalizzazione e calibrazione che ci distingue un’Aprilia dalle altre moto”.

Quale è stata la parte più difficile del progetto RS 660?

Soatti: “Vorremmo dire tutto, ma sicuramente rispettare il target di un peso ridotto. Oggi siamo a 183 kg. Per avere questo peso minimo abbiamo agito su ogni componente della moto, per smagrirlo il più possibile. Si è lavorato pure sui 10 grammi, Abbiamo strapazzato i fornitori alla morte per raggiungere l'obiettivo”.

Quanti prototipi sono stati costruiti per arrivare alla moto definitiva?

Salvador: “Si parte da un P Zero, poi una decina di P2, una ventina di avanserie e il resto è una partita di modelli pre produzione. In totale una cinquantina di veicoli. P Zero è una moto tecnicamente a posto, ma ancora con una linea grezza, con tanti particolari che possono essere completamente modificati come angolo del cannotto di sterzo, posizione pedane, piazzamento motore e forcellone. Congelate le caratteristiche principali del P Zero, questo prototipo passa al Centro Stile in modo che i designer possano mettere a punto le loro misure e modifiche che ora si integrano con le scelte tecniche. Poi si passa a prototipi P2. più evoluti, ma non ancora perfetti sino ad arrivare a versioni sempre più vicine al modello che andrà in catena di montaggio. Tutti i prototipi verranno poi distrutti fino a quelli di avanserie”.

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Un collaudatore all’uscita del reparto Ricerca e Sviluppo di Noale. È alla guida di uno dei modelli di preserie: è sparita la mimetizzazione che veniva adottata dai vari prototipi immortalati dai cellulari in giro per il Nord-Est. In questa struttura, che prima ospitava la linea di montaggio (oggi a Scorzé), vengono ideate e provate anche altre moto del Gruppo Piaggio.

Rispetto al passato, il massiccio uso dell’elettronica che abbiamo oggi nelle moto ha creato dei problemi?

Soatti: “Le varie emissioni elettromagnetiche interferiscono con i comandi dell’acceleratore senza cavi, con i sistemi Ride By Wire. Bisogna avere una elettronica “robusta”. Non si parla di pezzi che resistono agli urti e alle vibrazioni, ma che non vengono intaccati da interferenze elettromagnetiche che intervengono sull’apertura o la chiusura casuale e indesiderata dell’acceleratore. I nostri comandi senza cavo hanno doppia ridondanza di segnali che devono dialogare tra di loro per dare il giusto consenso all’azione dell’acceleratore”. Interviene Calò: “Pensate che il piccolo magnete della chiusura di una borsetta da donna può generare questo tipo di interferenza. Se la vostra ragazza si avvicina alla moto state molto attenti. Ma se siete in sella a un’Aprilia è tutto più sicuro”.

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Aprilia RS 660, il nostro test

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