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Corpo e mente sotto analisi per andare più forte

I segreti dell’allenamento dei piloti di MotoGP. Come le moto, anche i rider sono monitorati con la “telemetria”, che valuta i parametri fisici e mentali. Insieme a una struttura medica che segue i piloti di F1, il Team Pramac ha analizzato le "prestazioni" di Petrucci e Redding. In esclusiva, i risultati dei test

Il talento non basta

In MotoGP i mezzi non vincono da soli, sono ancora i piloti a fare la differenza. Nell’immaginario romantico, il pilota di moto non si può definire un vero e proprio atleta, ricordate Barry Sheene con la sigaretta fra le labbra sulla linea di partenza? I tempi però cambiano, i piloti ora curano la preparazione atletica, anche se in modo forse più empirico che scientifico. Ma oggi qualcosa è cambiato, con l’aiuto della Formula 1.
Martedì 19 luglio 2016: per la prima volta, durante i test al Red Bull Ring, le funzioni fisiche e cerebrali di Danilo Petrucci e Scott Redding sono state monitorate in tempo reale durante la guida. Tutto è nato dall’incontro dei piloti e dei manager del Team Octo Pramac Yakhnich con il dottor Riccardo Ceccarelli che ha fondato nel 1989 la struttura di Formula Medicine a Viareggio, con l’obbiettivo di rendere scientifica la preparazione atletica e mentale dei piloti. Significa affidarsi a uno staff di medici e basarsi su dati raccolti tramite test sia in pista sia in laboratorio presso Formula Medicine e altre strutture come l’Università e il CNR di Pisa. La struttura, nata per la F1, ora ha allargato il raggio d’azione anche alle moto.

in motogp è più complicato che in Formula 1

Il primo problema è stato come riuscire a prelevare i segnali del corpo di un motociclista, perché la guida di una moto è dinamica e servono strumenti piccoli e leggeri. Danilo che Scott hanno indossato una fascia toracica con speciali elettrodi in tessuto: quella di Redding incorporava il data logger (lo strumento dove vengono registrate le informazioni), che invece Danilo aveva inserito nella gobba aerodinamica. Per entrambi, i dati acquisiti venivano inviati in tempo reale al box  per essere monitorati (frequenza cardiaca, elettocardiogramma, attività respiratoria, temperatura corporea e variabiltà R-R, un indice del livello di stress del pilota. In futuro verrà aggiunta la quantità di ossigeno nel sangue). Il secondo step è l’analisi, ad opera dell'Assistive Robotics Lab dell'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa: Motociclismo è in grado di mostrarvi in esclusiva i primi dati risultati da questa ricerca mai tentata prima nel motociclismo. 

Battiti su...

Per Petrucci e Redding quella del Red Bull Ring era una pista sconosciuta. Questo ha significato introdurre una ulteriore variante di stress al momento dell’acquisizione di dati. I grafici RUN1 sono riferiti alla prima uscita in assoluto, quando il pilota non ha ancora piena confidenza con la moto, le gomme e il tracciato. Nel grafico 1 (serie RUN 1) le frequenze cardiache medie sono messe in rapporto con i tempi sul giro. È normale che la frequenza salga in proporzione all’abbassarsi dei tempi, ma al quarto giro il pilota fa un errore, rallenta e deve riordinare le idee anche nel giro successivo, ma la frequenza continua a salire. In una situazione del genere, il battito cardiaco di un pilota di F1 sarebbe diminuito, soprattutto per la riduzione del carico di lavoro cerebrale. Ma per un pilota di moto questo non succede, probabilmente poiché l’impegno per guidare permane su livelli importanti anche a velocità ridotte. La tensione muscolare è legata anche a un fattore mentale: il pilota deve compiere un gesto atletico senza avere raggiunto la massima sicurezza e confidenza (la pista è ancora sconosciuta) e nella guida di una moto conta non solo la pura prestazione ma anche l’incolumità in caso di errore.

... stress giù

Il grafico 2 prende un esame il parametro dello stress emotivo. In questo caso, al momento dell’errore, il suo indice si abbassa, una testimonianza del fatto che il pilota sta guidando lontano dal limite. Queste informazioni forniscono però anche un altro dato e cioè che la fase di apprendimento del circuito sembra concludersi fra il settimo e l’ottavo giro, da quel momento in poi infatti la forbice tra i valori massimi e minimi dei parametri registrati si riduce.

Il respiro del pilota

La seconda parte delle prove presa in esame (grafico RUN 2) dura solo 5 giri di pista, ma questa volta viene inoltre introdotto il parametro della frequenza respiratoria del pilota, che aumenta giro dopo giro. Compiere atti respiratori profondi e completi diventa difficile e quindi la richiesta di ossigeno viene soddisfatta con respiri più superficiali che però devono diventare più frequenti di numero. L'acquisizione dati del test in Austria ha evidenziato che anche il numero dei battiti cardiaci al minuto risulta avere un andamento crescente al passare dei giri in pista. Tutto questo, a differenza dello stress mentale che si riduce continuamente, nonostante i tempi migliorino. Sembra una contraddizione, perché solitamente la tensione dovrebbe crescere mano a mano che il pilota si avvicina al proprio limite. Per spiegare questa "anomalia", il dottor Ceccarelli ipotizza che: "Giro dopo giro il pilota trovi sempre più confidenza con il circuito e con le reazioni del mezzo meccanico e quindi, in un certo senso, avvenga un relativo rilassamento".

E adesso cosa succede?

Con questo test si è riusciti a slegare e confrontare i parametri fisici da quelli mentali. Il prossimo passo è quello di registrare i dati in gara, investigando in modo più critico ed analitico lo svolgimento del tracciato. Una vera e propria telemetria applicata al corpo del pilota, indirizzata al miglioramento delle prestazioni dell’atleta. Le sue debolezze saranno studiate per poi procedere con allenamenti specifici, sia dal punto di vista fisico che da quello mentale.
Ma come nasce questo tipo di allenamento e perché una squadra di MotoGP sceglie di proporlo ai propri piloti? Ce lo spiegano l’inventore del metodo, Riccardo Ceccarelli, e il team manager di Pramac Racing, Francesco Guidotti.

"I piloti non sono supereroi, devono allenare anche il cervello"

Intervista a Riccardo Ceccarelli – Formula Medicine
 
Il vostro metodo si chiama Mental Economy Training, qual è l'obiettivo che cercate?
Vogliamo dare al pilota più CV facendogli consumare meno. Per il pilota professionista, la contrazione spasmodica e diffusa di tutti i muscoli fa perdere coordinazione e affaticare. È energia sprecata.
 
Come si fa?
Con un approccio scientifico, che non c'era su questi temi. Abbiamo dovuto realizzare tutti gli strumenti mano a mano che proseguiva la nostra ricerca, un percorso difficile perché negli sport motoristici non si fanno investimenti in queste aree.
 
I piloti sono supereroi?
Nascono leggende perché non ci sono studi a riguardo. Senna diceva di potere fare un giro di qualifica in apnea, ma non è funzionale alla prestazione. Schumacher, invece, durante un giro in qualifica comunicava con i box per dire quali modifiche fare. Era capace di usare solo i muscoli utili alla guida, non andava in uno stato di tensione: è quello che chiamiamo il “pilota economico”.
 
C’entra la mente oltre che il corpo?
Un pilota si stanca di più il venerdì: è come iniziasse da zero, fatica di più perché c'è maggiore tensione. Ci è capitato di seguire piloti che salendo di categoria non riuscivano a fare più di 5 giri di seguito, non era un fattore fisico ma mentale.
 
Si può allenare il cervello?
Insegniamo a controllare il cervello per migliorare la concentrazione. È una ginnastica, non è facile né automatico. Abbiamo realizzato cinque software con cui indaghiamo altrettante funzioni cerebrali: tempi di reazione, capacità di concentrazione, capacità viso-spaziale, memoria, capacità viso-coordinativa. Avere dati oggettivi è fondamentale per la consapevolezza, il pilota si rivede nelle informazioni e la sua mente si apre al miglioramento. 

"IN MOTOGP SI DEVE PORTARE AL LIMITE ANCHE LA MENTE"

Intervista Francesco Guidotti - Team Manager Octo Pramac Yakhnich
 
Come è nata l'idea di allenare i piloti non solo da un punto di vista fisico ma anche mentale?
Circa una decina di anni fa ero venuto a conoscenza dell'esistenza di questi tipi di allenamento che permettono di gestire la tensione e lo stress, aumentando la concentrazione. Nel 2012 abbiamo provato, ma non era il momento giusto. Poi, a distanza di qualche anno, siamo entrati in contatto con la struttura del dottor Ceccarelli tramite Paolo Campinoti, il proprietario del Team.
 
Come ha fatto a convincere Petrucci e Redding?
I piloti devono essere collaborativi, non devono pensare di sottoporsi a una cura ma a un vero allenamento della mente. Fin dalla fase di negoziazione del contratto, ho proposto loro l'idea. Sia Danilo sia Scott si sono dimostrati subito interessati e disponibili.
 
Quando hanno iniziato ad allenarsi con Formula Medicine?
L'anno scorso Danilo ha dovuto affrontare tante novità e non volevamo aggiungerne un’altra. Avrebbe dovuto iniziare a febbraio, ma l’infortunio ha imposto un ritardo. Con Scott abbiamo fissato i primi incontri al ritorno dal GP di Austin.
 
Ha già notato dei risultati?
Come tutti gli allenamenti non dà risultati immediati. Inoltre Scott e Danilo sono già due atleti di altissimo livello, ci aspettiamo degli affinamenti. Però entrambi, dopo i primi incontri, si sentono meglio e hanno maggiore padronanza di sé nelle difficoltà. L'ho notato con Scott, quando qualcosa va male ora ha un approccio più riflessivo.
 
Fino a vent'anni fa, i piloti erano tutt'altro che atleti. Qual è stata la svolta?
Il primo a capire l'importanza della preparazione fisica e atletica è stato Virginio Ferrari, poi Biaggi. Ora tutti vi danno importanza. L’esempio più lampante è Rossi: fino qualche anno fa rideva e scherzava sullo schieramento di partenza, ora è concentratissimo. Il livello è molto alto, il talento non basta più.
 
Neanche per i campioni?
Pensiamo alle prestazioni di Lorenzo nei GP di Olanda e Germania, io non credo che abbia chiuso il gas. Semmai per vari motivi, tecnici o personali, non è riuscito esprimersi al 100%. Il problema è che nella MotoGP se vai all'80% arrivi decimo o più indietro. Non si può più fare a meno di un certo tipo di allenamento.
 
Accanto a ingegneri e meccanici vedremo presto anche un medico ai box?
Non mi meraviglierebbe. Più le moto andranno veloci, più i ritmi di gara si alzeranno, più aumenteranno difficoltà, stress e rischio per i piloti. Venti anni fa il limite era dato dal mezzo meccanico, ora non più, e il pilota ha in sé la possibilità di aumentare il proprio margine di miglioramento.
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