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01 November 2007

Abbigliamento: le protezioni di tipo cross over, versatili e derivate dall'esperienza di più sport

Oggi non è difficile trovare analogie tra i vari sport, soprattutto se possono avere un trait-d’union forte come l’ambientazione in montagna. È proprio l’ambiente montano ad unire discipline come moto, mountain-bike, sci e snowboard ed è proprio pensando a questo legame che Dainese sta studiando protezioni pensate per poter essere usate indifferentemente in più discipline sportive.

Sicurezza multidisciplinare





SVILUPPATE PER SERVIRE VARI SPORT
Oggi non è difficile trovare analogie tra i vari sport, soprattutto se possono avere un trait-d’union forte come l’ambientazione in montagna. È proprio l’ambiente montano ad unire discipline come moto, mountain-bike, sci e snowboard ed è proprio pensando a questo legame che Dainese sta studiando protezioni pensate per poter essere usate indifferentemente in più discipline sportive. L’idea iniziale, in realtà, fu quella di disegnare tutori con differenti  caratteristiche a seconda del mezzo che si utilizzava, ovvero puntare sulla specializzazione delle protezioni.

FATTORE UMANO E SENSAZIONI ANNESSE
Poi ci si rese conto che sarebbe stato meglio investire tutto sull’uomo. Ovvero realizzare un prodotto in grado di mettere quest’ultimo in condizione di sentirsi sicuro e a proprio agio in diverse situazioni. Cercare, comunque, la trasversalità in un ambito così ostico e restrittivo come quello della protezioni non è facile. A loro non siamo soliti associare l’idea di libertà e movimento che, invece, vuole evocare il concetto di “cross-over”. E proprio in questo sta la sfida: rendere quelle che abbiamo finora vissuto come “protesi”, parte del guardaroba che indossiamo “automaticamente”, senza pensarci. “ Vorrei alleggerire le protezioni, liberarle dal concetto negativo e medioevale di impedimento o di armatura - afferma Lino Dainese (“ Il design salva la vita” – Abitare Segesta Edizioni, 2004) - per farle diventare parte della vita. Ma non basta che siano efficienti e di prezzo accessibile devono piacere, essere di moda, essere accettate da quei giovani sprezzanti e rompiballe che, poi, sono quelli che muoiono prima”.

Spiegazioni sulle cross over



I TESTIMONIAL
Ed ecco la necessità di coinvolgere testimonial come Valentino o Giorgio Rocca, personaggi forti che creano e diventano moda. Chiediamo a Renato Montagner, art director dell’azienda e che, in qualità di responsabile della divisione Multisport No Impact, ha visto nascere e crescere l’idea di sicurezza trasversale, quando e come questa è nata. “ Tutto è cominciato negli anni ‘90, quando abbiamo notato un utilizzo trasversale nell’abbigliamento indossato dai downhiller (i discesisti nella Mountain-bike) che praticavano anche Cross. In questo senso è stato molto importante l’apporto di Philippe Perakis, famoso discesista, che si distingueva dai colleghi perché gareggiava con tute protettive disegnate su misura. Grazie a lui, abbiamo potuto sviluppare una collezione di protezioni per la DH, diventata un punto di riferimento nei diversi sport. Successivamente il concetto protettivo si è e steso alle discipline alpine e, dallo scorso anno, con il jet ski e il kitesurf anche l’acqua è diventata un playground Dainese”.

In poche parole, cosa significa “cross over”?
“ Vuol dire produrre abbigliamento ibrido, funzionale a varie attività che abbiano, ovviamente, attinenza fra loro come lo snowboard, il boardercross e il motocross. Il modo di fare sport si evolve molto rapidamente, per cui pensiamo che lo studio sulle protezioni vada fatto sull’uomo: questo signifi ca tecnologia “inspired by humans”. Per noi, la protezione non dev’essere un impedimento, non deve togliere libertà o comfort, semmai deve aggiungere e migliorare la performance, come la gobba aerodinamica o gli slider. Pensiamo allo sci: prima, gli atleti non si buttavano sul paletto come fanno oggi e possiamo dire che, grazie ai parastinchi, hanno cambiato traiettorie. Anche psicologicamente, le protezioni funzionano: lo sportivo, sentendosi più sicuro rende meglio”.

Com’è cambiata la sensibilità verso l’argomento
sicurezza? “ Nel motociclismo le cose sono cambiate molto mentre, per le altre discipline, l’Italia si dimostra più lenta rispetto ad altri Paesi (Svizzera, Austria, Francia) dove la cultura dello sport è più sviluppata. Se parliamo di piloti, però, possiamo dire che il discorso sicurezza è acquisito. E noi ci affi diamo a loro per divulgare il nostro credo. Il contributo di atleti come Valentino e giorgio Rocca è fondamentale nello sviluppo delle nostre collezioni. Poi, naturalmente, lavoriamo anche sulla forza vendite, le scuole e i club. È anche importante sapersi vestire bene: un capo utilizzato male può sortire effetti opposti a quelli desiderati. La protezione, comunque, dev’essere oggetto di benessere”.

In futuro, vedremo anche capi d’abbigliamento trasversali?
“ Siamo appena tornati dalla Fiera Internazionale dello Sport (ISPO), dove abbiamo ricevuto il Volvo Design Award per la “Core Jacket out”, un fleece antivento con protezioni integrate. Per noi l’abbigliamento è già un universo integrato di protezioni che ci deve difendere non solo dall’impatto, ma anche dagli agenti atmosferici e non solo con materiali compositi ma anche con l’utilizzo di materiali intelligenti.”

Il triathlon moderno



TRIATHLON MODERNO


DALLO SPORT ESTREMO ALL’ESTREMA PROTEZIONE
Esistono appassionati di due ruote che, spesso e volentieri, trovano accrocchi per appendere alla propria amata motocicletta sci, tavola o bicicletta, per cercare di sfruttare al meglio tutte le attrattive e le opportunità di divertimento che una giornata per monti può offrire. Il guaio, almeno finora, è che si tratta comunque di una minoranza di persone e i produttori di attrezzatura hanno sempre snobbato questi utilizzi, cercando di puntare sulla specializzazione portata all’estremo e lasciando questa gente, spesso, in compagnia dei propri “accrocchi”. Sul fronte dell’abbigliamento pare invece che qualcosa stia cambiando: s’inizia a vedere un’inversione di tendenza, della quale Dainese è protagonista. Se, fino ad ora, gli elementi protettivi sono stati studiati più in funzione dell’impatto “tipico” riscontrabile in una determinata  attività, l’azienda vicentina ha attuato una specie di piccola “rivoluzione copernicana”, partendo prima di tutto dal corpo umano, dai suoi punti deboli e sviluppando una linea di protezioni che lo difendesse, a prescindere dall’attività svolta. I capi più rappresentativi su questo fronte sono la Safety-Jacket, una vera e propria “corazza” da indossare al di sotto dei capi di vestiario, che include elementi protettivi per polsi, gomiti, spalle, torace, addome, spina dorsale e zona lombare, e il classico Wave, il paraschiena a tartaruga utile per evitare traumi a schiena e spina dorsale.

Testate da Motociclismo



IL NOSTRO TEST
Non resta, a questo punto, che attendere una limpida giornata invernale per cercare di apprezzare “sul campo” l’efficacia di questa attrezzatura. Come location scegliamo un rilievo non troppo elevato a ridosso del lago Maggiore, un luogo dove anche nelle fredde giornate di febbraio si trovano posti perfetti per praticare con soddisfazione sci o snowboard, ma anche enduro e mountain-bike.

FASE I
Volgiamo la prua del furgone, caricato con tutti i mezzi di cui necessitiamo, alla volta della vetta dove, soprattutto di primo mattino, troviamo facilmente zone di “fresca” su cui praticare un po’ di freeriding con tavola e sci. Indossiamo subito la Safety-Jacket, avendo cura di stringere adeguatamente tutte le chiusure in velcro, in modo da assicurare la migliore aderenza al corpo (e quindi stabilità) di tutti i tutori che la compongono. Una volta allacciata, in effetti, la sensazione di protezione è notevole e non è accompagnata da quel senso di oppressione che caratterizza le pettorine rigide. Ci lanciamo nella discesa e la sensazione è di essere avvolti da un “guscio” che può difenderci da qualsiasi genere di caduta; d’altra parte, la libertà di movimento non è compromessa e gli spostamenti, anche rapidi, risultano agevoli. Nelle successive discese proviamo ad indossare il solo paraschiena Wave, notando che a fronte di un certo aumento della traspirazione del corpo si perde la piacevole sensazione di “conchiglia” che ci accompagnava prima.

FASE II
Affrontiamo una discesa in mountain-bike e, approfittando dell’aumento della temperatura, indossiamo la sola Safety- Jacket che, nonostante qualche spiffero, svolge anche in questo caso il suo dovere e permette di attuare con disinvoltura tutte le manovre che il rampichino richiede.

FASE III
È ora di perdere quota e proseguire il nostro test nella sottostante zona boschiva, in sella alla moto. Indossiamo la giacca da mototurismo al posto di quella da sci. In questo caso, la Safety-Jacket diventa addirittura insostituibile (in effetti fa parte dell’abbigliamento comune per gli enduristi, insieme ai prodotti analoghi della concorrenza), quantomeno nella pratica del fuoristrada, dato che in questa circostanza essere protetti in maniera integrale rappresenta una condizione pressoché irrinunciabile.

FASE IV
Riprendiamo la mountain-bike per un anello con salite e, in questo caso, preferiamo il Wave, dato che, per la pratica del pedale, il problema della traspirabilità diventa prioritario.

VALUTAZIONE FINALE
Tirando le conclusioni, possiamo affermare che le protezioni cross-over” sono sicuramente prodotti dalla fattura notevole, effettivamente adatti a proteggere il corpo a prescindere all’attività compiuta, ma con qualche indicazione. La Safety-Jacket è una vera e propria corazza, perfetta per sci e snowboard a medio e alto livello, per l’enduro e per la pratica discesistica della mountain-bike. L’unico limite, peraltro logico, è nel trattenimento di calore che, per discipline come quella ciclistica, soprattutto nel periodo estivo, diventa piuttosto fastidioso. L’utilizzo, in tal senso, si restringe all’ambito downhill, mentre per freeriding ed escursioni risulta più indicato e versatile il Wave che, a sua volta, può essere integrato con protezioni separabili per gli arti, comodamente attaccabili allo zaino in caso di salite prolungate. Il paraschiena rimane perfetto, naturalmente, anche per l’uso con moto stradali, accoppiato a giacca tecnica. Merita menzione, infine, anche il lato puramente estetico dei capi: tutti i modelli da noi provati hanno un look moderno e attuale e rappresentano nelle varie discipline dei punti di riferimento anche per quanto riguarda lo stile.

Condivide neve e asfalto


Un casco per l’asfalto e per la neve

Nel 2004, Project ha lanciato sul mercato il Flash Jet, un casco per bambini fornito di interni con spessori diversi, in grado di seguirne la crescita e, soprattutto, dotato di doppia omologazione: per lo sci e per la moto. “ Stavo pensando ad un prodotto per il pubblico dei più piccoli - rivela Giancarlo Daneu, titolare del marchio - proprio quando è entrata in vigore la legge che rende obbligatorio il casco agli sciatori di età inferiore ai 14 anni. Ci siamo mossi sapendo che l’omologazione per moto è molto più severa (basti pensare che, nei crash test richiesti dalla normativa per lo sci, i caschi cadono da 1 metro anziché da 4) e quindi potevamo ben sperare di ottenere la doppia certificazione. Devo dire che anche la forma del modello cui avevamo pensato si prestava a questo duplice utilizzo”. Il casco è proposto anche nella versione adulto, ma solo con l’omologazione per lo sci: “ nei modelli per moto “da grandi” non è possibile, infatti, contenere più di tanto le dimensioni del prodotto”. Il Flash Jet è disponibile nella variante con visiera (130 euro) e senza (82 euro), in diverse colorazioni.

Intervista al testimonial


5 DOMANDE A GIORGIO ROCCA

Mentre stavamo ultimando la confezione di questo Speciale, il campione livignasco era ancora in piene Olimpiadi, più precisamente si stava allenando per lo Slalom che poteva valergli un oro. Immaginatevi la nostra sorpresa nel vedere che ha trovato qualche minuto per rispondere alle nostre domande sull’argomento sicurezza. Del resto nessuno meglio di questo atleta, che ha collezionato 11 vittorie in Coppa del Mondo e 3 medaglie di bronzo ai Mondiali, ed è testimonial delle protezioni Dainese, può rappresentare la filosofia “cross-over”.

Com’è cambiato l’abbigliamento da sci da quando hai cominciato?

Non moltissimo, però ogni anno viene fatto un passo in avanti perché le aziende sviluppano i propri prodotti. Oggi c’è più attenzione all’aerodinamica delle tute. Vengono fatti degli studi in galleria del vento.

Com’è cambiata la sensibilità degli sciatori verso la sicurezza?

C’è molta attenzione da parte mia e dei miei colleghi. Con le velocità che si raggiungono oggi, più elevate di quelle del passato, è importantissimo utilizzare le protezioni. Ci sono degli atleti, soprattutto discesisti, che a causa degli incidenti in pista sono rimasti paralizzati, quindi tutti noi atleti siamo molto sensibili ai problemi della sicurezza. Le statistiche parlano chiaro, sono diminuiti i traumi alla colonna.

Quante protezioni indossi in gara?

Nello Slalom indosso i parastinchi e una sorta di corpetto con le protezioni incluse, sembro un guerriero romano! Nella Discesa Libera utilizzo una protezione a guscio che è molto simile a quella dei motociclisti. Serve a proteggere la colonna e la schiena dagli urti in caso di cadute.

Il comfort e, in generale, la prestazione agonistica risentono della presenza di questi tutori?

No, assolutamente, le protezioni sono state adattate e migliorate nel tempo ed è come avere una seconda pelle.

Hai mai guidato una moto? Ti piacerebbe?

Ho una Ducati Multistrada con cui mi diverto. Non sono uno scavezzacollo, mi piace guidare la moto in sicurezza. Lo scorso anno ho fatto il Corso di Guida in Pista organizzato dalla Ducati, mi sono divertito un sacco e ho imparato molto.
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