Oggi non è difficile trovare analogie tra i vari sport, soprattutto se possono avere un trait-d’union forte come l’ambientazione in montagna. È proprio l’ambiente montano ad unire discipline come moto, mountain-bike, sci e snowboard ed è proprio pensando a questo legame che Dainese sta studiando protezioni pensate per poter essere usate indifferentemente in più discipline sportive.
Sicurezza multidisciplinare
SVILUPPATE PER SERVIRE VARI SPORT Oggi non è difficile trovare analogie
tra i vari sport, soprattutto se possono avere un trait-d’union forte
come l’ambientazione in montagna. È proprio l’ambiente montano ad
unire
discipline come moto, mountain-bike, sci e snowboard ed è proprio pensando
a questo legame che Dainese sta studiando protezioni pensate per poter
essere usate indifferentemente in più discipline sportive. L’idea
iniziale,
in realtà, fu quella di disegnare tutori con differenti caratteristiche
a seconda del mezzo che si utilizzava, ovvero puntare sulla specializzazione
delle protezioni.
FATTORE UMANO E SENSAZIONI ANNESSE Poi ci si rese conto che sarebbe
stato meglio investire tutto sull’uomo. Ovvero realizzare un prodotto
in grado di mettere quest’ultimo in condizione di sentirsi sicuro e a
proprio agio in diverse situazioni. Cercare, comunque, la trasversalità
in un ambito così ostico e restrittivo come quello della protezioni non
è facile. A loro non siamo soliti associare l’idea di libertà e movimento
che, invece, vuole evocare il concetto di “cross-over”. E proprio in
questo sta la sfida: rendere quelle che abbiamo finora vissuto come
“protesi”,
parte del guardaroba che indossiamo “automaticamente”, senza
pensarci.
“ Vorrei alleggerire le protezioni, liberarle dal concetto negativo e
medioevale di impedimento o di armatura - afferma Lino Dainese (“ Il
design
salva la vita” – Abitare Segesta Edizioni, 2004) - per farle
diventare
parte della vita. Ma non basta che siano efficienti e di prezzo accessibile
devono piacere, essere di moda, essere accettate da quei giovani sprezzanti
e rompiballe che, poi, sono quelli che muoiono prima”.
Spiegazioni sulle cross over
I TESTIMONIAL Ed ecco la necessità di coinvolgere testimonial come
Valentino o Giorgio Rocca, personaggi forti che creano e diventano moda.
Chiediamo a Renato Montagner, art director dell’azienda
e che,
in qualità di responsabile della divisione Multisport No Impact, ha
visto nascere e crescere l’idea di sicurezza trasversale,
quando
e come questa è nata. “ Tutto è cominciato negli anni
‘90, quando
abbiamo notato un utilizzo trasversale nell’abbigliamento indossato dai
downhiller (i discesisti nella Mountain-bike) che praticavano anche Cross.
In questo senso è stato molto importante l’apporto di Philippe Perakis,
famoso discesista, che si distingueva dai colleghi perché gareggiava con
tute protettive disegnate su misura. Grazie a lui, abbiamo potuto sviluppare
una collezione di protezioni per la DH, diventata un punto di riferimento
nei diversi sport. Successivamente il concetto protettivo si è e steso
alle discipline alpine e, dallo scorso anno, con il jet ski e il kitesurf
anche l’acqua è diventata un playground Dainese”.
In poche parole, cosa significa “cross over”? “
Vuol dire produrre
abbigliamento ibrido, funzionale a varie attività che abbiano, ovviamente,
attinenza fra loro come lo snowboard, il boardercross e il motocross. Il
modo di fare sport si evolve molto rapidamente, per cui pensiamo che lo
studio sulle protezioni vada fatto sull’uomo: questo signifi ca tecnologia
“inspired by humans”. Per noi, la protezione non dev’essere
un impedimento,
non deve togliere libertà o comfort, semmai deve aggiungere e migliorare
la performance, come la gobba aerodinamica o gli slider. Pensiamo allo
sci: prima, gli atleti non si buttavano sul paletto come fanno oggi e possiamo
dire che, grazie ai parastinchi, hanno cambiato traiettorie. Anche
psicologicamente,
le protezioni funzionano: lo sportivo, sentendosi più sicuro rende
meglio”.
Com’è cambiata la sensibilità verso l’argomento
sicurezza?
“ Nel motociclismo le cose sono cambiate molto mentre, per le altre
discipline, l’Italia si dimostra più lenta rispetto ad altri Paesi
(Svizzera,
Austria, Francia) dove la cultura dello sport è più sviluppata. Se parliamo
di piloti, però, possiamo dire che il discorso sicurezza è acquisito. E
noi ci affi diamo a loro per divulgare il nostro credo. Il contributo di
atleti come Valentino e giorgio Rocca è fondamentale nello sviluppo delle
nostre collezioni. Poi, naturalmente, lavoriamo anche sulla forza vendite,
le scuole e i club. È anche importante sapersi vestire bene: un capo utilizzato
male può sortire effetti opposti a quelli desiderati. La protezione, comunque,
dev’essere oggetto di benessere”.
In futuro, vedremo anche capi d’abbigliamento trasversali?
“ Siamo
appena tornati dalla Fiera Internazionale dello Sport (ISPO), dove abbiamo
ricevuto il Volvo Design Award per la “Core Jacket out”, un fleece
antivento
con protezioni integrate. Per noi l’abbigliamento è già un universo
integrato
di protezioni che ci deve difendere non solo dall’impatto, ma anche dagli
agenti atmosferici e non solo con materiali compositi ma anche con
l’utilizzo
di materiali intelligenti.”
Il triathlon moderno
TRIATHLON MODERNO
DALLO SPORT ESTREMO ALL’ESTREMA PROTEZIONE Esistono appassionati
di
due ruote che, spesso e volentieri, trovano accrocchi per appendere alla
propria amata motocicletta sci, tavola o bicicletta, per cercare di sfruttare
al meglio tutte le attrattive e le opportunità di divertimento che una
giornata per monti può offrire. Il guaio, almeno finora, è che si tratta
comunque di una minoranza di persone e i produttori di attrezzatura hanno
sempre snobbato questi utilizzi, cercando di puntare sulla specializzazione
portata all’estremo e lasciando questa gente, spesso, in compagnia dei
propri “accrocchi”. Sul fronte dell’abbigliamento pare invece
che qualcosa
stia cambiando: s’inizia a vedere un’inversione di tendenza, della
quale
Dainese è protagonista. Se, fino ad ora, gli elementi protettivi sono stati
studiati più in funzione dell’impatto “tipico” riscontrabile
in una
determinata attività, l’azienda vicentina ha attuato una specie
di piccola “rivoluzione copernicana”, partendo prima di tutto dal
corpo
umano, dai suoi punti deboli e sviluppando una linea di protezioni che
lo difendesse, a prescindere dall’attività svolta. I capi più
rappresentativi
su questo fronte sono la Safety-Jacket, una vera e propria “corazza”
da indossare al di sotto dei capi di vestiario, che include elementi protettivi
per polsi, gomiti, spalle, torace, addome, spina dorsale e zona lombare,
e il classico Wave, il paraschiena a tartaruga utile per evitare traumi
a schiena e spina dorsale.
Testate da Motociclismo
IL NOSTRO TEST Non resta, a questo punto, che attendere una limpida
giornata invernale per cercare di apprezzare “sul campo”
l’efficacia
di questa attrezzatura. Come location scegliamo un rilievo non troppo elevato
a ridosso del lago Maggiore, un luogo dove anche nelle fredde giornate
di febbraio si trovano posti perfetti per praticare con soddisfazione sci
o snowboard, ma anche enduro e mountain-bike.
FASE I Volgiamo la prua del furgone, caricato con tutti i mezzi di
cui necessitiamo, alla volta della vetta dove, soprattutto di primo mattino,
troviamo facilmente zone di “fresca” su cui praticare un po’
di freeriding
con tavola e sci. Indossiamo subito la Safety-Jacket, avendo cura di stringere
adeguatamente tutte le chiusure in velcro, in modo da assicurare la migliore
aderenza al corpo (e quindi stabilità) di tutti i tutori che la compongono.
Una volta allacciata, in effetti, la sensazione di protezione è notevole
e non è accompagnata da quel senso di oppressione che caratterizza le pettorine
rigide. Ci lanciamo nella discesa e la sensazione è di essere avvolti da
un “guscio” che può difenderci da qualsiasi genere di caduta;
d’altra
parte, la libertà di movimento non è compromessa e gli spostamenti, anche
rapidi, risultano agevoli. Nelle successive discese proviamo ad indossare
il solo paraschiena Wave, notando che a fronte di un certo aumento della
traspirazione del corpo si perde la piacevole sensazione di
“conchiglia”
che ci accompagnava prima.
FASE II Affrontiamo una discesa in mountain-bike e, approfittando
dell’aumento
della temperatura, indossiamo la sola Safety- Jacket che, nonostante qualche
spiffero, svolge anche in questo caso il suo dovere e permette di attuare
con disinvoltura tutte le manovre che il rampichino richiede.
FASE III È ora di perdere quota e proseguire il nostro test nella
sottostante
zona boschiva, in sella alla moto. Indossiamo la giacca da mototurismo
al posto di quella da sci. In questo caso, la Safety-Jacket diventa addirittura
insostituibile (in effetti fa parte dell’abbigliamento comune per gli
enduristi, insieme ai prodotti analoghi della concorrenza), quantomeno
nella pratica del fuoristrada, dato che in questa circostanza essere protetti
in maniera integrale rappresenta una condizione pressoché irrinunciabile.
FASE IV Riprendiamo la mountain-bike per un anello con salite e, in
questo caso, preferiamo il Wave, dato che, per la pratica del pedale, il
problema della traspirabilità diventa prioritario.
VALUTAZIONE FINALE Tirando le conclusioni, possiamo affermare che le
protezioni cross-over” sono sicuramente prodotti dalla fattura notevole,
effettivamente adatti a proteggere il corpo a prescindere all’attività
compiuta, ma con qualche indicazione. La Safety-Jacket è una vera e propria
corazza, perfetta per sci e snowboard a medio e alto livello, per l’enduro
e per la pratica discesistica della mountain-bike. L’unico limite,
peraltro
logico, è nel trattenimento di calore che, per discipline come quella
ciclistica,
soprattutto nel periodo estivo, diventa piuttosto fastidioso. L’utilizzo,
in tal senso, si restringe all’ambito downhill, mentre per freeriding
ed escursioni risulta più indicato e versatile il Wave che, a sua volta,
può essere integrato con protezioni separabili per gli arti, comodamente
attaccabili allo zaino in caso di salite prolungate. Il paraschiena rimane
perfetto, naturalmente, anche per l’uso con moto stradali, accoppiato
a giacca tecnica. Merita menzione, infine, anche il lato puramente estetico
dei capi: tutti i modelli da noi provati hanno un look moderno e attuale
e rappresentano nelle varie discipline dei punti di riferimento anche per
quanto riguarda lo stile.
Condivide neve e asfalto
Un casco per l’asfalto e per la neve
Nel 2004, Project ha lanciato sul mercato
il Flash Jet, un casco per bambini fornito di interni con spessori diversi,
in grado di seguirne la crescita e, soprattutto, dotato di doppia omologazione:
per lo sci e per la moto. “ Stavo pensando ad un prodotto per il pubblico
dei più piccoli - rivela Giancarlo Daneu, titolare del marchio - proprio
quando è entrata in vigore la legge che rende obbligatorio il casco agli
sciatori di età inferiore ai 14 anni. Ci siamo mossi sapendo che
l’omologazione
per moto è molto più severa (basti pensare che, nei crash test richiesti
dalla normativa per lo sci, i caschi cadono da 1 metro anziché da 4) e
quindi potevamo ben sperare di ottenere la doppia certificazione. Devo
dire che anche la forma del modello cui avevamo pensato si prestava a questo
duplice utilizzo”. Il casco è proposto anche nella versione adulto, ma
solo con l’omologazione per lo sci: “ nei modelli per moto
“da grandi”
non è possibile, infatti, contenere più di tanto le dimensioni del
prodotto”.
Il Flash Jet è disponibile nella variante con visiera (130 euro) e senza
(82 euro), in diverse colorazioni.
Intervista al testimonial
5 DOMANDE A GIORGIO ROCCA
Mentre stavamo ultimando la confezione
di questo Speciale, il campione livignasco era ancora in piene Olimpiadi,
più precisamente si stava allenando per lo Slalom che poteva valergli un
oro. Immaginatevi la nostra sorpresa nel vedere che ha trovato qualche
minuto per rispondere alle nostre domande sull’argomento sicurezza. Del
resto nessuno meglio di questo atleta, che ha collezionato 11 vittorie
in Coppa del Mondo e 3 medaglie di bronzo ai Mondiali, ed è testimonial
delle protezioni Dainese, può rappresentare la filosofia
“cross-over”.
Com’è cambiato l’abbigliamento da
sci da quando hai cominciato?
Non moltissimo, però ogni anno viene fatto
un passo in avanti perché le aziende sviluppano i propri prodotti. Oggi
c’è più attenzione all’aerodinamica delle tute. Vengono fatti degli
studi
in galleria del vento.
Com’è cambiata la sensibilità degli
sciatori verso la sicurezza?
C’è molta attenzione da parte mia e dei
miei colleghi. Con le velocità che si raggiungono oggi, più
elevate
di quelle del passato, è importantissimo utilizzare le
protezioni.
Ci sono degli atleti, soprattutto discesisti, che a causa degli
incidenti in pista sono rimasti paralizzati, quindi tutti noi atleti
siamo molto sensibili ai problemi della sicurezza. Le statistiche
parlano chiaro, sono diminuiti i traumi alla colonna.
Quante protezioni indossi in gara?
Nello Slalom indosso i parastinchi e una
sorta di corpetto con le protezioni incluse, sembro un guerriero romano!
Nella Discesa Libera utilizzo una protezione a guscio che è molto simile
a quella dei motociclisti. Serve a proteggere la colonna e la schiena dagli
urti in caso di cadute.
Il comfort e, in generale, la prestazione
agonistica risentono della presenza di questi tutori?
No, assolutamente, le protezioni sono state
adattate e migliorate nel tempo ed è come avere una seconda pelle.
Hai mai guidato una moto? Ti piacerebbe?
Ho una Ducati Multistrada con cui mi diverto.
Non sono uno scavezzacollo, mi piace guidare la moto in sicurezza. Lo scorso
anno ho fatto il Corso di Guida in Pista organizzato dalla Ducati, mi sono
divertito un sacco e ho imparato molto.
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