Vi spieghiamo come nasce dallo stampo alla finitura il cuore della moto. Per capire come nascano alcuni pezzi delle moto abbiamo visitato le fonderie TFC Galileo. La fonderia è il luogo dove nasce il cuore della moto: teste, cilindri, carter e, sempre più spesso, forcellone e telaio. L’occasione per andare a vedere un po’ di metallo fuso è stata l’arrivo della Honda CB1000R, più familiarmente nota come Hornet 1000, completamente sviluppata in Italia e che vanta la peculiarità del telaio in allum
Dalla fonderia alla moto
LA FONDERIA Per capire come nascano
alcuni pezzi delle moto abbiamo visitato le fonderie TFC Galileo. La fonderia
è il luogo dove nasce il cuore della moto: teste, cilindri, carter e, sempre
più spesso, forcellone e telaio. L’occasione per andare a vedere un
po’
di metallo fuso è stata l’arrivo della Honda CB1000R, più familiarmente
nota come Hornet 1000, completamente sviluppata in Italia e che vanta la
peculiarità del telaio in alluminio fuso in conchiglia, una lavorazione
che generalmente viene ritenuta poco evoluta e inferiore alla pressofusione,
ma il cui arrivo su una maxi Honda deve appunto far riflettere sullo sviluppo
di questa tecnologia. In fonderia si assiste all’insieme dei processi
che, a partire da leghe allo stato liquido o semisolido (fuse), consentono
di ottenere dei pezzi colando il materiale in appositi stampi dai quali
si ricava la forma dopo la solidificazione. Il pezzo ottenuto prende il
nome di getto. Generalmente, la fonderia produce semilavorati, pezzi che
hanno cioè bisogno di successivi passaggi di lavorazione (fresatura, foratura,
taglio) e comunque di sgrossatura ed eventualmente lucidatura. Gli stampi
possono essere a perdere (sabbia, guscio di sabbia e resina, gesso,
microfusione,
cera persa) o permanenti (conchiglia per gravità, pressofusione); esistono
poi altri procedimenti più particolari, come i getti centrifugati e la
colata-fucinatura.
Da una tecnica antica
TECNICA ANTICA E CONSOLIDATA La fusione in conchiglia è la tecnica
più semplice e antica: il metallo fuso viene colato all’interno di uno
stampo permanente (nel caso dell’alluminio basta usare acciaio o ghisa,
che hanno un punto di fusione più alto di diverse centinaia di °C) e lasciato
solidificare. La fusione, però, è un’operazione piuttosto delicata che
richiede esperienza e piccoli accorgimenti che fanno la differenza fra
un buon risultato e un grezzo inadeguato, o troppo costoso. Ottenere un
pezzo di forma complessa, infatti, diventa difficile a causa di una serie
di problematiche legate alla costruzione dello stampo e alle caratteristiche
del metallo fuso.
L'anima dello stampo
L’ANIMA DELLO STAMPO Tanto per
cominciare, lo stampo si compone generalmente di due metà, e la scelta
del piano di divisione non è sempre facile. Bisogna infatti assicurare
che il pezzo non solo assuma la forma desiderata, ma anche che sia estraibile
dallo stampo dopo la sua solidificazione. Spesso ciò richiede
l’interposizione
di parti a perdere, come avviene sempre nel caso ci siano cavità o zone
vuote all’interno del pezzo (cosa praticamente scontata se si vogliono
sfruttare le caratteristiche di leggerezza dell’alluminio). Diventa allora
necessario riempirle con dei “negativi” a perdere, che vengono
chiamati
anime. Realizzati generalmente in sabbia o resina, vengono successivamente
eliminati dal getto con operazioni di vibratura e cottura in forno che
rendono liquido il materiale dell’anima. La realizzazione di stampi che
prevedano un’anima al loro interno si fa decisamente più complessa, perché
occorre prevedere sostegni per mantenere in posizione l’anima durante
la colata anche sotto la spinta del metallo fuso, e forme opportune che
minimizzino i problemi di erosione da parte del metallo che avanza
(fondamentalmente
vanno evitati gli spigoli vivi). Va da sé che le anime rappresentano un
costo notevole, e che andrebbero ridotte al minimo: anche da qui si vede
la bravura della fonderia.
Il fluido della fusione
GESTIRE IL FLUIDO NELLA FUSIONE
Il movimento del metallo fuso determina tutta un’altra serie di problemi.
Il riempimento della forma dev’essere rapido per poi avere un
raffreddamento
uniforme, ma non troppo rapido per evitare turbolenze che potrebbero introdurre
aria nel pezzo (getto); è anche opportuno filtrare gas ed eventuali scorie.
Questo è solo l’inizio, perché il metallo, durante la sua avanzata, si
raffredda modificando la sua fluidità, e se lo stampo prevede zone di spessore
ridotto in punti lontani dal canale di alimentazione, è facile che il metallo
non riesca a riempire del tutto lo stampo. Quando lo ha riempito tutto,
le preoccupazioni non sono finite: c’è infatti da tener conto del
raffreddamento
del metallo, che comporta una sua contrazione soprattutto nel passaggio
da fase liquida a fase solida: il cosiddetto ritiro. Poiché questo
passaggio non avviene istantaneamente e contemporaneamente in tutto il
getto, le zone che solidificano prima esercitano una trazione su quelle
che solidificano dopo, per cui si provvede a fornire metallo fuso in eccesso
per garantire che durante il raffreddamento non si formino cavità nello
stampo. I serbatoi di materiale in eccesso, che si chiamano materozze,
restano fino alla fine della solidificazione, poi vengono rimossi, lasciando
delle forme connesse al pezzo che prendono il nome di materozze e che saranno
poi eliminate, come parte di scarto durante la fase di finitura. L’utilità
del fornire metallo fuso in eccesso sta nel fatto che questo compensa i
vuoti che si creano nella conchiglia quando il pezzo comincia a raffreddarsi.
Infatti, il metallo che raffreddandosi si ritira “risucchia” il
metallo
fuso della materozza, riempiendo nuovamente l’intera cavità della
conchiglia,
senza lasciare vuoti che determinerebbero mal formazioni del pezzo ottenuto
con la fusione.
Non sta mai fermo
NON STA MAI FERMO La differente
tempistica del raffreddamento tra pareti spesse e pareti sottili può anche
determinare possibili differenze di struttura cristallina o addirittura
uno stato di sollecitazione nel pezzo fuso (le cosiddette tensioni di
ritiro) fin da prima che questo venga montato sulla moto. Questo stato
di sforzo preesistente comporta possibili deformazioni permanenti, che
quindi alterano la forma del pezzo (a volte in modo che diventa evidente
solo dopo l’asportazione di uno strato superficiale, ad esempio dopo una
fresatura) e comunque si sovrappone e si somma a quello indotto dalle
sollecitazioni
del componente montato, modificando le previsioni degli ingegneri e
potenzialmente
determinando pericolosi inneschi di rottura. Il comportamento durante la
solidificazione è quindi un parametro cruciale e i recenti strumenti di
simulazione numerica hanno sicuramente dato una grossa mano ai progettisti.
Evitare sorprese
EVITARE SORPRESE Se la solidificazione
è andata a buon fine, bisogna pensare ad estrarre il getto dallo stampo:
un’operazione che in realtà potreste anche non riuscire mai a compiere
se non ci avete pensato prima, in sede di definizione della forma del getto.
Per favorire l’estrazione, occorre infatti prevedere opportuni angoli
tra le superfici per agevolare l’uscita del pezzo dallo stampo. Le
superfici
perpendicolari al piano di divisione degli stampi non saranno cioè perfettamente
a 90°, ma prevedranno un angolo che faciliti l’estrazione. Tutte queste
misure si traducono in sovrametalli, ovvero nell’esigenza di lasciare
uno strato più o meno stesso attorno alla forma originaria del getto, e
questa è una delle ragioni per le quali è necessario introdurre ulteriori
lavorazioni di sgrossatura a valle della fusione. Per esempio le alette
della testa avranno una forma conica egli angoli retti tra una e l’altra
saranno ottenuti per fresatura.
Attendere un risultato inatteso
ATTENDERE UN RISUALTATO INATTESO
La forma ottenuta per fusione sarà quindi necessariamente diversa da quella
del pezzo finale, e nella definizione di come dovrà essere il ricavato
della fusione (getto) sta buona parte della bravura di una fonderia. In
genere i progettisti arrivano con la forma finale che vogliono ottenere,
ma sono i tecnici della fonderia a sapere come realizzarla, e non di rado
propongono modifiche volte ad ottenere un risultato migliore: è una fase
di co-design che dura in media un paio di mesi, ma può arrivare a 4 mesi
per i pezzi più “delicati”: in TFC Galileo, ad esempio, si lavorano
teste
e cilindri per Honda, Ducati, Benelli e Polaris, che sono pezzi di complessità
molto elevata. Per stabilire forme e processi ci sono alcune regole, ma
conta soprattutto il mestiere: l’esperienza. È dall’esperienza che
si
arriva a stabilire senza troppi errori tutti i parametri (raccordi, angoli
di sformo, sovrametalli, ritiri, spessori, nervature, forme da evitare)
e ad evitare i problemi di colata incompleta, cavità (da gas o da ritiro),
bolle superficiali, inclusioni di sabbia e via dicendo. A parità di tutto,
anche solo il tempo di colata, l’altezza di colata, la temperatura della
lega (surriscaldamento rispetto alla temperatura di fusione) e altri piccoli
accorgimenti sviluppati negli anni possono fare la differenza.
Tutta la fase ed i controlli
DALL’INIZIO ALLA FINE Si prepara
un negativo del pezzo, la “forma”, che può essere in terra
(e
allora la si distrugge al momento dell’estrazione del getto), oppure
permanente
in metallo (la conchiglia) utilizzabile per più colate. Dopo aver
portato la lega alla temperatura di fusione (anzi generalmente più alta,
in modo da mantenere fluidità del metallo fino alla sua completa penetrazione
nello stampo), la si cola nel getto e si lascia solidificare; si provvede
infine all’estrazione del getto ed alle operazioni di finitura: la
smaterozzatura
(eliminazione delle materozze), la sbavatura (eliminazione delle bave),
la sabbiatura (pulizia superficiale) e via dicendo. Prima di deliberare
il pezzo vengono eseguiti controlli per verificare che non siano rimaste
al suo interno bolle d’aria, porosità o inclusioni che ne minaccerebbero
le prestazioni in termini di resistenza. Questi controlli sono di vari
tipi, per esempio si può prevedere una radioscopia, analoga alle radiografie
che si fanno sulle ossa. In Galileo questi controlli interessano in qualche
caso (a seconda delle specifiche del cliente) l’intera produzione. Ancora
successivamente avverranno le ulteriori operazioni di lavorazione come
foratura, fresatura e taglio, anche per eliminare i sovrametalli che dipendono
dalle numerose incertezze del processo di fusione: dalla composizione chimica
della lega alla velocità di raffreddamento.
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