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L’albania ci guarda

Viaggio in moto in Albania, approfittando della comparativa maxienduro 2016. Una meta tra le più interessanti per chi ama il turismo o le vacanze su due ruote in Europa, alternando asfalto e sterrato, mare e montagna, città d’arte e cultura. I prezzi sono bassi, la popolazione entusiasta verso gli italiani, per vicinanza e… TV

ERBA, ACQUA, TERRA ROSSA... IL TRIONFO DEGLI ELEMENTI

Andare in moto in Albania è strano. Ovunque trovi sterrati, anche dentro i paesi e incontri gente simpatica che parla in italiano e che vuole interagire con te. Molti non hanno l'auto ma vanno a cavallo, spesso su un carretto che porta tutta la famiglia. Ci sono poche pianure e moltissime montagne, è un paradiso per la moto, ma al posto degli chalet trovi condomini di stampo comunista.  Non sapevamo nulla di questo Paese, era avvolto nel mistero più totale finché, nel 1992, non iniziarono le emigrazioni di massa nel nostro Paese, che aumentarono nel '97. Il sottoscritto (Mario Ciaccia, ndr) è sempre stato affascinato da quel mistero di là dal mare. Nel 2004, viaggiando in nave dalla Grecia al Veneto, passammo davanti a delle montagne altissime, brulle e tondeggianti, che emergevano verticalmente dal mare arrivando fino ai 1.400 m di altezza. Non si vedevano paesi e ai loro piedi c'erano delle spiagge di sabbia bianca, completamente deserte. Cos'era quel paradiso? Tornati a casa, usando le cartine, lo scoprimmo: era il Llogara, un gruppo montuoso albanese di cui nella foto vedete uno scorcio, compresa la stupenda spiaggiona in fondo al dirupo: ovviamente non ce lo siamo fatti mancare, durante la comparativa maxienduro (o globetrotter) 2016, ambientata proprio in Albania (il nostro itinerario è stato: Durazzo, Parco Nazionale di Karavasta, Valona, Llogara, Saranda, Argirocastro, Permet, terme di Benje, Korce, lago di Ohrid, Elbasan, Tirana. Qui le immagini) e fonte di ispirazione per questo articolo di turismo. Ma torniamo indietro di 11 anni…

NON ERA FACILE

Nel 2005 decidemmo così di fare le vacanze in Albania e non fu facile, perché non avevamo informazioni. Non conoscevamo nessuno che ci fosse stato e non c'era niente da leggere: niente guide turistiche o articoli di giornale. Le società di assicurazioni non coprivano quel Paese. Trovammo soltanto un libro del 2004, scritto da Maurizio Crema, che aveva appena girato l'Albania con una Honda XL500S e usammo il suo libro come guida, anche se raccontava cose assurde tipo che a Fier c'era un mendicante senza gambe che stava col tronco fissato a un carretto a rotelle e che faceva le elemosina stando sulla mezzeria della strada per Valona, sfiorato dalle auto in entrambi i sensi. Immaginate come ci restammo quando, giunti a Fier, trovammo proprio quel mendicante, sulla mezzeria stradale! Il nostro viaggio fu bellissimo, anche se non sapevamo cosa aspettarci. Passammo il confine col cuore che batteva. Ci dissero subito di fare l'assicurazione per le moto, in un ufficetto dove l'impiegato dormiva in un letto, piazzato accanto alla scrivania, nell'attesa tra un cliente e l'altro. Appena entrati, la Polizia ci fermò ma soltanto perché viaggiavo in compagnia di Paola Verani, che aveva i capelli biondi fuori dal casco e volevano sapere come si chiamava, stupiti di vedere una donna in moto. "Ah, ciao Paula!". 

La bellezza è soggettiva

Una delle ragazze della dogana ci disse di non andare ad Argirocastro, ma a Saranda, che era "bellissima". In realtà la prima è stata nominata patrimonio dell'Unesco per la bellezza del quartiere turco, mentre la seconda è un eco-mostro di cemento che deturpa la costa. Oltre ad Argirocastro (le prime pietre del suo castello furono piazzate durante il V secolo d.C.), visitammo altri due luoghi patrimonio dell'Unesco, ovvero Butrinto e Berat. Nel golfo Palermo, dove si trovano sia la reggia del sultano turco Alì Pascià Telepeni (citato ne "Il conte di Montecristo"), sia un "garage" per quattro sommergibili militari lungo 650 metri, un ragazzo ci invitò a una grigliata di pesce. Accettammo volentieri, ma dalla brace partì una scintilla che diede fuoco al bosco e dovemmo darcela a gambe.  Fuggimmo anche da un villaggio sperduto nelle montagne, dove il nostro arrivo gettò nel panico due ragazzine e il padre ci rincorse con un forcone. Era comunque affascinante viaggiare in un Paese di cui non sapevamo nulla, ma che si rivelava bellissimo, anche se con aspetti sconcertanti come le discariche a cielo aperto, le strade con buche enormi, gli scheletri di palazzi iniziati e mai finiti e i bunker disseminati in ogni dove e verniciati con colori vivaci (qui le foto del viaggio). Tutti aspetti spariti quando siamo tornati per la comparativa: il Paese è migliorato in maniera esponenziale, nel corso di questi undici anni (qui le gallery 1 e 2 della prova/viaggio). Il fatto è che la Storia dell'Albania è tra le più bizzarre d'Europa ed è impossibile non tenerne conto, quando la si visita.

CHE STORIA!

Fino alla Seconda Guerra Mondiale l'Albania era un regno. Povero, a dire il vero. Le automobili erano rarissime, per averla dovevi essere almeno il re... o il suo architetto personale. La gente girava a cavallo, molto più di oggi. C'era già un forte legame con l'Italia, soprattutto di dipendenza economica. Nel 1939, Mussolini invase l'Albania e il re, che si chiamava Zog I, venne rimpiazzato da Vittorio Emanuele III. Durante la Seconda Guerra Mondiale si creò un forte movimento partigiano antifascista, capitanato da Enver Hoxha, che era nato ad Argirocastro e aveva studiato a Korçe (uno dei poli culturali dell'Albania, sede di università e una delle città che più ci è piaciuta durante la comparativa), in Francia e in Russia. Era un fanatico leninistamarxista che si ispirava a Stalin e conquistò il potere nel 1944, instaurando una rigidissima dittatura e rompendo i ponti con l'Europa Occidentale e gli Stati Uniti. La sua visione politica era talmente estrema che litigò con la Yugoslavia, la Russia e la Cina perché, secondo lui, tradivano gli ideali comunisti. A quel punto, l'Albania aveva rotto con tutti, Occidente ed Oriente. Era isolata. Agricoltura e industria erano tutte interne. La gente non poteva uscire dal Paese, neanche gli italiani che vi si erano stabiliti dopo il '39. La religione, qualunque fosse, venne abolita e venne perseguitata qualunque forma di opposizione politica, foss'anche un funzionario di partito che diceva "No, dai, in fondo la Cina non è così capitalista come dici tu". Di quel periodo oscuro non si sa molto (come dell'attuale Corea del Nord), basti pensare che la stima degli oppositori o religiosi uccisi varia tra le 5.000 e le 100.000. 

Bunker e presunti trofei di guerra

Qualcuno, ovviamente, riusciva a fuggire. Un nipote del dittatore sbarcò come profugo in Puglia e si stabilì a Bari dove, nel 1961, nacque sua figlia Anna. Che però, quando diventò una cantante, preferì levarsi le "H" dal cognome, diventando Anna Oxa. Invece l'architetto del re venne cacciato dal Paese senza poter portare la famiglia con sé, compreso un figlio appena nato. Riuscì a conoscerlo solamente 40 anni dopo. E suo nipote, Ermal, ci ha fatto da guida durante la comparativa, in sella a una KTM 690 Enduro.  Hoxha era talmente ossessionato dal timore di venire attaccato dall'Europa Occidentale, da quella comunista e pure dagli USA che fece costruire mezzo milione di piccoli bunker sparsi in ogni dove, dalle spiagge adriatiche alle valli montane. Ecco perché nel 2005 ne trovammo così tanti. In qualche maniera riuscì a procurarsi un aereo americano, un caccia e dichiarò trionfalmente che era stato abbattuto dalla contraerea albanese mentre tentava di bombardare il Paese. Oggi quell'aereo è "parcheggiato" accanto al castello di Argirocastro, mentre la casa natale del dittatore è stata fatta esplodere nel 1997, durante la guerra civile che seguì al crollo delle imprese piramidali, che illusero la popolazione di sfuggire in fretta alla miseria, ma che si rivelarono una grande truffa.

AZIONI E CONSEGUENZE

Se viaggiare in moto in Albania è così strano è dovuto proprio a quei 47 anni di dittatura. Hoxha aveva vietato anche l'uso della televisione, ma la popolazione la guardava di nascosto. E le uniche reti che riuscivano a captare erano quelle italiane, dall'altra parte dell'Adriatico, 75 km più in là, mentre noi captavamo le loro trasmissioni radio: il regime lo sapeva e così mandava in onda servizi dove delle donne, parlando in italiano, raccontavano quanto fosse bella l'Albania, quanto fossero efficienti le loro fabbriche, come si vivesse bene. A furia di guardare trasmissioni della Rai, molti albanesi impararono l'italiano e si fecero l'idea che da noi fosse un paradiso, dove tutti erano ricchi. Hoxha morì nel 1985 e il suo successore, Ramiz Alia, allentò l'oppressione finché, nei primi anni Novanta, la popolazione scoprì che non era un paradiso come pensava. Ma ancora oggi la gente parla la nostra lingua ed è affascinata dagli italiani, molto più di quello che ci meritiamo. Quando siamo tornati, in occasione della comparativa delle maxienduro, abbiamo scoperto cose molto piacevoli, come la scomparsa delle immense buche dalle strade asfaltate, delle discariche a cielo aperto e dei bunker. Inizialmente erano stati tutti ridipinti per renderli meno tetri e così erano diventati una attrazione, cupolette colorate che caratterizzavano il Paese in ogni angolo. Ma il ricordo del suo dittatore è ancora doloroso e per questo li hanno spazzati via. Ne abbiamo visto solo uno, nascosto in un bosco sul monte Dajit, sopra Tirana.

ANDIAMO NEL CANYON!

Chiudiamo con una foto e una considerazione. L’immagine ritrae la salita alle gole di Lengarica: un posto bello e interessante, ma privo di cartelli indicatori e raggiungibile solo in sterrato. In Italia ci sarebbero l'asfalto, il biglietto da pagare, la folla. Questo è il bello dell'Albania: che è ancora discreta e misteriosa. Se sai muoverti e gli sterrati non ti fanno paura la puoi girare tutta scoprendo angoli poco noti ai più, ma meritevoli. I campeggi sono pochi, gli alberghi invece sono diffusi.

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