Nasce l'NVT
La Triumph Quadrant era una 4 cilindri di 987 cc nata come evoluzione della
Trident T150 tre cilindri 750. Prese forma dal lavoro del tecnico Doug
Hele ma non entrò mai in produzione per gli eccessivi costi di produzione
stimati da Dennis Poore, a capo della holding cui faceva capo Triumph.
Per capire il destino della Triumph Quadrant occorre una breve premessa
storica sulla situazione fallimentare dell’industria
motociclistica
inglese negli anni Settanta.
Verso la fine del decennio precedente, durante la gestione di Lionel Jofeh,
il gruppo BSA, di cui faceva parte la Triumph, mostrò i primi
preoccupanti
segni di dissesto finanziario. Nel biennio ‘71/’72
l’indebitamento
aveva raggiunto livelli drammatici, così, in un’ottica di salvataggio
dei posti di lavoro, il Governo inglese favorì, nel 1973,
la trattativa per la cessione del gruppo BSA alla Norton Villiers,
una società creata dalla Manganese Bronze Holdings.
L’obiettivo era ricondurre sotto un’unica compagine
societaria
quel che rimaneva dei marchi inglesi di motociclette: nacque la NVT,
acronimo di Norton Villiers Triumph, frutto
dell’unione
tra i marchi Villiers e Matchless, Norton, AJS, Francis-Barnett, James,
nelle mani della AMC (Associated Motor Cycles). Capo della Manganese
Motor Holdings e regista dell’operazione, era Dennis Poore, capace
uomo d’affari ed ex-pilota di auto.
Il gruppo NVT nacque formalmente nel 1973 ed il piano
di rilancio programmato da Dennis Poore prevedeva un ritmo produttivo
di 60.000 moto all’anno. La BSA/Triumph aveva già in cantiere una
serie di progetti per motori modulari, da 1 a 5 cilindri che, avendo
diversi particolari meccanici in comune, avrebbero permesso costi di
produzione contenuti.
L’attenzione di Dennis Poore era però tutta per una nuova 4
cilindri, l’unica secondo lui, in grado di contrastare
l’avanzata
dei modelli giapponesi. Pensiero non privo di fondamento dato che la
Trident aveva meno coppia della Norton Commando e non raggiungeva le prestazioni
della Honda CB 750 che era, appunto, 4 cilindri. Nel suo piano di
riorganizzazione industriale, Doug Hele ed i suoi collaboratori
vennero quindi destinati ad un nuovo reparto di ricerca e sviluppo negli
stabilimenti BSA.
Il 4 cilindri
Dopo aver studiato a fondo le problematiche inerenti la costruzione
di un 4 cilindri, Doug Hele giunse alla conclusione
che il sogno
di Dennis Poore era realizzabile. Sarebbe stato sufficiente
ripetere
l’operazione di “aggiunta” di un cilindro
come già aveva fatto
nel 1965 costruendo il prototipo del motore 3 cilindri per la Trident (aggiunse
un cilindro al blocco motore della Speed Twin 500).
Nel caso del 4 cilindri l’operazione
consisteva nell’unione di due 3 cilindri di 750 cc della
BSA Rocket
3 eliminando da ciascuno un cilindro. Il basamento era tagliato
verticalmente in tre parti, con le due parti centrali saldate,
all’interno
delle quali si trovavano tre supporti di banco. Il blocco cilindri
e le teste erano, appunto, divise in due. Nel basamento
c’erano
di conseguenza due alberi a camme,(realizzati appositamente e dal
profilo meno spinto rispetto al 3 cilindri di serie. Separati erano
anche i componenti della distribuzione ad aste e bilancieri.
Pistoni
e bielle erano invariati mentre l’albero motore era quello
composito del prototipo 3 cilindri del 1965 a cui venne aggiunto un
gomito in più.
Raffreddato ovviamente ad aria, aveva
lubrificazione a carter secco ma con pompa maggiorata ripresa
anch’essa dal prototipo del 1965. L’alimentazione era affidata a
4
carburatori Amal Concentric da 27 mm con scatola filtro in un
solo pezzo. La trasmissione primaria era ancora a catena triplex,
la frizione monodisco a secco ed il cambio a 5 marce. I
silenziatori
di scarico (dell’impianto di tipo 4-in-2) erano quelli della
Triumph
T160, molto strozzati per rientrare nei parametri dell’omologazione
americana.
Il motore era montato nel telaio
(riciclato dal prototipo di una 3 cilindri con distribuzione monoalbero
a camme in testa) in posizione disassata sulla destra, per mantenere
invariato il tiro catena.
Progetto riuscito
Senza ancora il nome Quadrant, che
le venne attribuito dal team di Doug Hele prima di mostrare il prototipo
a Dennis Poore, la nuova moto fece i primi test su strada nel gennaio
1975. Il tester dell’NVT, per non rischiare di rompere
l’albero motore,
non superò i 7.000 giri e tuttavia superò i 204 km/h (la
Trident
750 toccava i 185 km/h).
Alla vista del prototipo e all’udire i risultati dei test, Dennis
Poore
era incredulo: il suo sogno di una 4 cilindri era realtà.
Eppure la Quadrant non vide mai la
catena di montaggio, troppo costosa da produrre secondo Poore. Doug
Hele inizialmente non era dello stesso avviso, ma quando seppe che in
BSA i cilindri venivano alesati uno alla volta anziché in serie rimase
sconvolto e si convinse delle parole di Poore. Quest’ultimo preferì
investire sul bicilinrico Norton costruito in collaborazione con Cosworth
e sui motori Wankel, sempre per le Norton, che costarono tantissimo
in sviluppo e in diritti pagati all’Audi-NSU.
Una sola fugace apparizione quindi, nel 1975, e poi nulla più. La Quadrant
venne accantonata. In quello stesso anno gli stabilimenti BSA vennero
chiusi e tutto il gruppo NVT si trasferì nello Staffordshire. Doug Hele
abbandonò le moto e nel 1978 la Quadrant venne venduta a
Roy Richards, colui che nel 1983 avrebbe dato vita al National Motorcycle
Museum di Birmingham.
Il restauro della Quadrant avvenne
nel 1979 ad opera di un ex tecnico della Triumph. In stato di abbandono,
ancora grezza e senza nemmeno il marchio sul serbatoio, in fase di restauro
venne completata anche con i colori ed il logo Triumph. Recentemente
revisionata da due dei collaboratori storici di Doug Hele, abbiamo potuto
provarla brevemente su strada aperta.
Come andava
Appena in sella a colpire maggiormente
è la posizione disassata sulla destra del motore. La scatola filtro
sporge invece sulla sinistra, impedendo di appoggiare la gamba al
serbatoio.
Le pedane arretrate rispetto alla Trident migliorano la
posizione
di guida senza inficiare il comfort. La leva del cambio,
sulla
destra, è rovesciata rispetto al normale.
L’erogazione, un po’ vuota sotto i 3.000 giri, diventa vigorosa
subito
dopo, garantendo una pronta accelerazione e un discreto allungo.
Più pigro di una Honda CB750 o di una Kawasaki Z1 nel salire di giri è
pero esente da vibrazioni fastidiose. Il rumore di scarico parecchio
soffocato fa sentire il caratteristico fruscio della trasmissione
primaria a catena triplex.
La Quadrant è stabile, precisa
e maneggevole mentre per la frenata sarebbero stati auspicabili
due dischi anziché uno. Non è mai stata (ufficialmente) pesata ma,
considerando che la Trident pesava 212 kg, dovrebbe attestarsi su un
peso poco oltre i 220 kg. L’unica Quadrant esistente ha
l’avviamento
a pedale; a caldo parte con un colpo ben assestato sulla pedivella
ma se mai fosse stata messa in commercio, l’avviamento elettrico non
sarebbe
potuto mancare.
A posteriori bisogna dire che le probabilità della Quadrant di risollevare
le sorti della NVT erano piuttosto scarse. Il nuovo impulso
all’innovazione
tecnologica imposto dalle produzioni giapponesi avrebbe comunque
relegato la 4 cilindri inglese ad una nicchia di mercato, dai volumi
troppo esigui per risollevare le sorti di un’industria ormai sulla
via del declino.
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