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19 December 2013

Triton: tornano le café racer inglesi

Rinasce un nome mitico, capace di far palpitare il cuore rock che batte nel petto degli appassionati di Inghilterra anni 50/60. Telaio Norton moderno, motore Bonneville 1.087 cc… Ma il tutto è fatto in Svizzera

Triton: tornano le café racer inglesi

Abbiamo parlato molte volte dei Rocker, esponenti di una cultura motociclistica nata ufficialmente intorno all’Ace Café di Londra, là dove si radunavano (e si radunano ancora oggi) centinaia di giovani con i capelli impomatati, il giubbino in pelle e le loro inseparabili café racer. E continuiamo a parlare di questo stile di vita perché non è mai morto (anche se in passato ho espresso giudizi critici sulla moda rock oggi imperante). Le gite fino alla spiaggia di Brighton, le sfide sulla North Circular Road di Londra e, in ambiente più casereccio, le special nude con semimanubri vengono reiterate da decenni. Diversamente dai frutti di molte altre sub-culture che sono spuntate e poi scomparse come qualunque altra moda, le café racer furono -tra gli anni Cinquanta e Sessanta- le prime, vere sportive dell’era moderna e sono giunte a noi oggi praticamente identiche.

 

L’IMMORTALITÀ DELLE CAFÉ

Le loro caratteristiche, con il passare del tempo, non sono mai cambiate: strutture ridotte all’osso, telai pregiati e derivati dai GP, motori preparati. La ricetta più semplice e comune dell’epoca in cui nacquero era quella di prendere un motore performante e trapiantarlo nel migliore telaio in circolazione. Negli anni a cavallo tra i ‘50 e i ‘60, in Inghilterra e in tutto il mondo, il migliore intreccio di tubi intorno ad un motore era considerato il Featherbed (letto di piume), il telaio della Norton Manx, non a caso la moto da corsa più vittoriosa di sempre. Costruito sostanzialmente in tre versioni (Racing, Slimline e Wideline) era realizzato in tubi Reynolds 531 ed era il preferito dai Rockers per costruirsi la propria café racer. E per il motore? Dipendeva sostanzialmente dalla disponibilità economica. Il più diffuso e facile da reperire era, nell’Inghilterra degli anni Sessanta, il bicilindrico in linea della Triumph di 650 cc, utilizzato sulla Tiger 110, sulla Thunderbird e in seguito sulla Bonneville.

 

IBRIDI DA FAVOLA

Dall’accoppiamento di Triumph e Norton nasceva così la TRITON. I Rockers più danarosi e fortunati, che potevano permettersi un motore più potente facevano ricadere la propria scelta sugli affascinanti bicilindrici a V della HRD-Vincent: 1.000 cc e 55 CV, capaci di spingere le NORVIN (telaio Norton e motore Vincent) a quasi 200 km/h. C’era poi chi si arrangiava con più economici telai Triumph Atlas e Dominator, abbinati a motori di BSA A10 500/650 (ecco le TRIBSA) e Matchless 650. Gustatevi qualche bell’esempio nelle foto della gallery.

 

L’EREDITÀ

L’esplosione di queste preparazioni diede il via, nel decennio successivo (quello cioè a cavallo tra i ‘60 e i ‘70) al prolificare di preparatori e telaisti in tutta Europa. Rimanendo in terra d’Albione, uno dei più famosi era (ed è, visto che è tuttora attivo: www.hydeharrier.co.uk) Norman Hyde. Il preparatore inglese iniziò a lavorare a Meriden nel 1965, seguendo il progetto del tre cilindri 750 che andò ad equipaggiare le BSA e le Triumph. Senza spostarci dall’Inghilterra, ricordiamo anche i fratelli Lester e Steven Harris, eccelsi telaisti che maturarono le loro prime esperienze proprio sui twin e sui triple delle Triumph anni ‘70. Dalla collaborazione di Hyde e Harris, nel 1987 venne presentata al Motorshow inglese la Harrier, una leggera e potente café racer capace di toccare le 130 miglia orarie (210 km/h).

 

LA NIPOTE

Perché questa digressione storica, vi chiederete? Perché tutto ci porta al giorno d’oggi e alle café racer inglesi appena nate. Nel 2008 Norman Hyde, con il contributo di Harris, ha realizzato la Hyde Harrier Jubilee, discendente -almeno in linea teorica- delle Harrier di due decenni prima. Telaio in tubi e motore Bonneville 865 cc (preparato) sono contornati da tutto il bendiddio disponibile per una racer che si rispetti: sospensioni regolabili, cerchi forgiati e freni da corsa (ammiratela nella gallery, è la moto blu).

 

LA VERSIONE SVIZZERA

Ora questa moto è preparata anche da Ivo Tschumi di Britalmoto; il preparatore svizzero utilizza però una diversa forcella, cerchi di diverso disegno, freni con pinze anteriori a 8 pistoncini (anziché a 4) e strumentazione differente. Nella gallery proponiamo qualche immagine della vecchia e della nuova vicine, per un confronto diretto.

 

BENTORNATA!

Ma Britalmoto non si è fermato qui. Ha rimesso insieme anche il binomio Norton-Triumph con una special, prodotta in piccola serie, realizzata abbinando il motore della moderna Bonneville (ma pompato fino a 1.087 cc e 96 CV alla ruota!) al fantastico telaio della recente Commando 961. Rinasce così la Triton. In Svizzera, mica in Inghilterra. Però il risultato è davvero eccellente!

 

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