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Yamaha R1: se dà 3 secondi al giro alla “vecchia” è poco…

I giapponesi hanno mantenuto la promessa: fare una moto da corsa ispirata alla MotoGP e capace di riscrivere le regole del gioco. In versione “M” la sensazione è di guidare la moto sportiva di serie più veloce al mondo

Yamaha r1: se dà 3 secondi al giro alla “vecchia” è poco…

Solo poche ore fa vi avevamo anticipato che presto il nostro Aliverti ci avrebbe detto tutto su come va la nuova Yamaha YZF-R1. Nell’attesa vi avevamo regalato qualche video di… avvicinamento. Ma ora il momento è arrivato: basta chiacchiere e… in carena a Esatern Creek (qui le foto del backstage del lancio stampa)!

 

Come va la nuova r1: la "vecchia" pare un… ferro vecchio

Cosa avrà mai in comune la M1 con una moto stradale da 18.000 euro e spiccioli? Dopo aver provato la nuova R1 la risposta mi vien facile: l'anima. Mi basta inserire la prima e svoltare le prime curve di Eastern Creek per trovare una moto da corsa dove tutto è pensato in funzione del cronometro. Dalla angolatura dei semimanubri alla forma del cupolino, dalla posizione delle pedane alla forma della sella. Credo di non avere mai provato una moto con cui vai così forte e così presto. Basta dire come ho chiuso il primo giro lanciandomi sul rettilineo con la pista ancora leggermente umida per la pioggia. Curva a sinistra da terza marcia col controllo di trazione (TCS) già operativo, retrotreno che scivola lateralmente verso il cordolo esterno in un'imbardata controllata dall'SCS più che dal sottoscritto... e via a gas spalancato su un leggero dosso che solleva l'avantreno a 200 km/h. Pizzico leggermente il freno posteriore anche se avrei potuto affidare l'operazione di riassetto al controllo dell'impennata (LCS). E poi sparo dentro una marcia dopo l'altra a una velocità supersonica tenendo il gas sempre spalancato grazie al cambio elettronico (QSS). Cosa mi capita quando in fondo al rettilineo mi viene incontro un curvone da quinta fitto fitto di ondulazioni? Succede che quando vedo 274 km/h a 14.000 giri in quarta marcia, penso bene che forse è il caso di darmi una calmata. D'accordo che la moto dà subito confidenza, ma appiccicargliela negli airfence dopo due minuti di guida, per giunta alla presenza del Presidente, non mi sembra una buona idea. E anche se la pioggerellina ha cessato di cadere, decido ugualmente di riprendere la via  dei box. Sono sempre stato convinto che il primo chilometro o il primo giro sono quelli che contano. In quel lasso di tempo manca l'effetto assuefazione, ed è proprio per questo che le sensazioni sono le più autentiche. Al di là dell'anima M1, mi domando che cos'ha questa Yamaha in più delle sue concorrenti. Affido la risposta al mio taccuino, su cui vergo appunti telegrafici prima di rientrare in pista. Motore da S1000RR - telaio da RSV4 - maneggevolezza da Panigale. A quel punto la vecchia R1 non è soltanto un lontano ricordo. Dopo solo un giro il model year 2014 mi appare addirittura un ferro vecchio che si prende 3 secondi al giro e 50 metri ogni rettilineo. Mi dico che sono un po' troppo severo nel giudizio solo se penso al tiro ai medi regimi e al freno motore. Qui il model year 2015 non ha fatto progressi. Ai medi spinge forte ma non più di prima e in ingresso curva il freno motore da eccessivo è diventato quasi assente. Sembra quasi di guidare una 2T, e nelle numerose curve cieche "a chiudere" di Eastern Creek, se entri troppo forte e vai largo è difficile riprendere la corda solo chiudendo il gas.

 

Yamaha yzf-r1 2015: come è fatta

Il cuore è un quattro cilindri in linea che, come sulla precedente versione, ha la caratteristica di avere un albero motore a croce, così chiamato perché visto di fianco ha le bielle sfalsate ognuna di 90° (a croce, appunto). I quadricilindrici utilizzati sulle altre supersportive hanno invece l’albero motore cosiddetto “piatto”, ovvero con le bielle sfalsate di 180° a coppie (per intenderci, visto di fianco, due bielle guardano in su e due in giù). La conformazione a croce prevede un ordine degli scoppi irregolari: non ogni 180° come sui concorrenti “piatti”, che infatti hanno un rumore di scarico uniforme, ma con cadenza 270°-180°-90°-180°, ovvero con due scoppi ravvicinati e due distanziati - ed ecco spiegato il motivo del rumore quasi da grosso bicilindrico. Secondo i tecnici Yamaha, questa soluzione permette una maggiore coppia ai regimi medi e bassi. La conformazione dell’albero è, in sostanza, l’unica caratteristica che il nuovo motore ha in comune con quello della “vecchia” R1. Cambiano alesaggio e corsa, che passano da 78x52,2 mm a 79x50,9 mm, cambia il disegno dei cilindri, della testa e delle bielle, il rapporto di compressione cresce fino a 13:1, ed è stato rivisto anche lui, l’albero motore, che ha un momento di inerzia ridotto del 20%.

La ciclistica invece è realizzata per ottenere dimensioni più compatte e una migliore centralizzazione delle masse. Troviamo quindi un telaio Deltabox e un forcellone con capriata di irrigidimento entrambi di nuova progettazione, realizzati in lega leggera, e completati da un telaietto reggisella in magnesio, un’altra “prima” nella storia della R1. Il bibraccio, più corto di 15 mm rispetto al precedente, contribuisce ad accorciare l’interasse fino a 1.405 mm (contro i 1.415 della vecchia versione), mentre non cambia la misura dell’inclinazione del cannotto di sterzo, 24°. Il peso dichiarato è di 199 kg in ordine di marcia e col pieno, ovvero 179 kg a secco. Le sospensioni della R1 “base” sono nuove, completamente regolabili e sviluppate da KYB. La R1 “M” ha invece unità Öhlins a controllo elettronico e autonomo, ovvero, in base alle informazioni che ricevono dalla piattaforma inerziale (accelerazione longitudinale, inclinazione della moto) e dalla centralina della moto (pressione nell’impianto frenante, apertura gas), adattano la taratura alle situazioni di guida per offrire il miglior assetto in frenata, accelerazione, piega, nei cambi di direzione e via dicendo. 

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