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Come nascono le pastiglie dei freni

Tecnica, impianto frenante: come sono fatte le pastiglie dei freni. Spesso poco considerate, forse perché non visibili e apparentemente semplici, invece sono fondamentali per la sicurezza e racchiudono ricerca e tecnologia al top. Siamo stati in Danimarca alla SBS per saperne di più

Scaldando, ti fermano

State viaggiando tranquilli e sereni sulla vostra moto quando, da una strada laterale, un furgoncino vi taglia la strada. Azionate la leva destra al manubrio e tutto si risolve in qualche accidente alla volta dell’autista. In questa azione apparentemente semplice si mettono in moto una serie di apparati di sicurezza molto importanti, il più sottovalutato dei quali il set di “pastiglie” dei freni -o meglio: i componenti di attrito- svolge la funzione principale. In sostanza quelle placchette convertono l’energia cinetica della moto in calore, fatto facilmente constatabile vedendo la moto che rallenta mentre i dischi freno si arroventano.
Detta così, la faccenda prende tutta un’altra dimensione, e per capire come si costruisca e quali caratteristiche debba possedere una buona pastiglia dei freni, ci siamo recati in Danimarca, presso la sede della Scandinavian Brake Systems, meglio nota come SBS (qui le foto della nostra visita e del processo produttivo). Alan Østli, Product and Race Manager dell’Azienda, colui che tra le altre cose assiste sui campi di gara i più noti team di Velocità, Cross ed Enduro, ci promette di spiegarci tutto, ma proprio tutto, sull’argomento. 

tanti componenti per tante esigenze

Le pastiglie dei freni si dividono convenzionalmente in due grandi famiglie: organiche e sinterizzate. Con “organico” (commercialmente si parla anche di pastiglie "ceramiche", "semimetalliche" o anche "Kevlar") si intende qualsiasi materiale la cui struttura molecolare ha come base uno o più atomi di carbonio, mentre la sinterizzazione è la formazione ad altissime pressioni e temperature di un elemento o una miscela di molti elementi generalmente in polvere o in grani. Tipicamente il materiale d’attrito, quello che “morde” il disco consumandosi progressivamente, è composto da 15 o più componenti base, ognuno dei quali conferisce una caratteristica particolare alla pastiglia: l’attacco della frenata (detto “bite”, morso, in gergo tecnico), la modulabilità, potenza, durata e tutte le caratteristiche richieste alle pastiglie dei freni sono il frutto di particolari miscelazioni contenenti materiali pregiati, come alcune polveri di carbonio e metalli rari, ma anche elementi di recupero, come il rame ottenuto dalla microtranciatura dei cavi del telefono... 
 

anni di test

Come si può intuire, a questo punto la chimica si unisce all’alchimia: per trovare la corretta miscelazione di un materiale di attrito per le pastiglie possono essere necessarie oltre 250-300 miscele, ognuna delle quali viene testata sia sul banco prova sia sulla moto a cui sono destinate. Solo l’esperienza empirica di anni e anni di test aiuta a centrare obiettivi come la "modulabilità", il "feedback", il "bite" e la rumorosità, non esistono formule e modelli matematici in grado di descrivere le sensazioni di guida, che devono essere verificate volta per volta "sul campo" testando le pastiglie su una vera moto nelle condizioni di utilizzo reali. Al contrario, il processo produttivo è monitorabile in ogni fase. 

una miriade di “ganci” nel metallo

Le piastrine di supporto del materiale d’attrito sono realizzate per tranciatura meccanica con punzoni a stampo dedicati per ogni modello, oppure utilizzando il taglio laser nel caso di piccoli lotti produttivi. Una volta eliminate le bave e smussati gli spigoli tramite burattatura, (smerigliatura in grandi vasche vibrante contenenti pietre e liquidi appositi), e superati i controlli di qualità, le piastrine vengono sottoposte a un’operazione che è il punto di forza dei prodotti SBS, denominato NRS (Nucap Retaining System). Deriva da un’idea di un’azienda canadese, la Nucap. Le piastrine passano negli stampi di potenti presse, composti da una matrice dotata di “dentini” diamantati, riutilizzati di volta in volta riposizionadoli a mano sulle matrici per i diversi formati delle piastrine, visto il costo esorbitante di questi piccoli utensili. Premendo con forza questi stampi su un lato delle piastrine e grazie a un particolare movimento dello stampo stesso, si realizza una miriade di “ganci” nel metallo ancora tenero, dato che l’indurimento e le caratteristiche meccaniche verranno conferite al metallo grazie a successivi trattamenti termici di tempra e rinvenimento. 

a ciascuno la sua "ricetta"

Contemporaneamente, un’altra linea produce le placchette di materiale di attrito: grandi miscelatori mescolano gli ingredienti di ogni “ricetta” delle placchette d’attrito, definita dal centro Ricerche e Sviluppo e corrispondente alle prestazioni richieste dal cliente, spesso il costruttore stesso della moto. Le miscele (in grani, per evitare polveri) vengono pesate elettronicamente e caricate in stampi la cui forma riprende quella da applicare alle piastrine metalliche: nel caso di materiali organici la pressione è sufficiente a compattare il materiale, che poi verrà applicato alle piastrine dotate di gancetti NRS.

in forno

A questo punto il materiale di attrito è privo di caratteristiche di resistenza meccaniche, che vengono ottenute passando le pastiglie (piastrine e materiale di attrito pressati assieme) in forni la cui temperatura oscilla dai 600 ai 700 °C, a seconda delle miscele. Una volta uscite dal forno, le pastiglie sono pronte all’uso. Nel caso di componenti organici "Racing" che utilizzano il carbonio come materiale di attrito, i passaggi in forno sono due, dato che le temperature di "attivazione" del materiale di attrito sono superiori ai 900 °C, il che comporterebbe la deformazione del materiale di supporto.

brasato al rame

Le pastiglie sinterizzate sono invece realizzate ponendo la basetta metallica dotata di ganci di ritegno NRS in stampi in cui si generano altissime pressioni e temperature, che determinano in un solo passaggio la formazione e le caratteristiche meccaniche richieste. Quando non è possibile utilizzare uno di questi metodi costruttivi, si ricorre alla brasatura (saldatura in forno, con utilizzo di materiale di fusione tra le parti) del materiale d’attrito sulle piastrine, precedentemente anodizzate con rame, dal caratteristico colore dorato.

il giusto taglio

In linea di massima questi sono i principali processi produttivi, ma le pastiglie destinate a moto ad alte prestazioni richiedono spesso ulteriori lavorazioni. Avete mai notato gli intagli verticali, da uno a tre, praticati nel materiale di attrito delle pastiglie dalla forma più allungata? Proprio le dimensioni di questo tipo di pastiglie richiedono questi "canali" che ripuliscono la superficie dalla fuliggine provocata dall’usura sulla pista frenante del disco, mantenendo "fresca" la superficie d’appoggio. Gli intagli scaricano acqua, eventuali micro detriti e smorzano le risonanze responsabili della rumorosità durante la frenata che può arrivare addirittura a fastidiosi fischi. Inoltre, il punto in cui si genera il maggior attrito è proprio il cosiddetto "spigolo d’attacco", quello che, durante la rotazione del disco, si presenta per primo sulla pista frenante. Gli intagli aumentano gli spigoli d’attacco, aumentando così le prestazioni delle pastiglie. 

testate (virtualmente) a monza

Già, le prestazioni: oltre a quelle richieste dalle moto stradali (non certo semplici a soddisfare, sia chiaro!), il limite è ovviamente rappresentato da quelle richieste dalle moto da corsa. Le soluzioni sono molteplici, come l’utilizzo di carbonio per il materiale di attrito: resiste alle altissime temperature (600-800 °C) che si sviluppano durante le staccate più violente, ma sotto i 300-400 °C la sua efficienza decade drasticamente, rendendolo adatto solo in particolari situazioni d’utilizzo. Si ricorre così a materiali sinterizzati, testati su un banco prova che riproduce le frenate -guardate un po’!- del circuito di Monza, uno dei più probanti sotto questo aspetto, come nella frenata della Prima Variante, dove si passa in poco più che cento metri da oltre 300 km/h a poco più di 70. Sentire il suono del banco prova in azione dà l’idea di sedere sopra un bolide da 200 CV! 

le dimensioni contano

Alan Østli ci fa notare che se per un qualsiasi altro componente della moto l’aumento delle perfomance si ottiene riducendo peso, spessori e ingombri, con i freni succede l’esatto opposto. I componenti racing infatti sono più grandi: i dischi da SBK raggiungono in alcuni casi i 338 mm di diametro (più lontano dal centro di rotazione è il punto di applicazione della forza frenante, più potenza è ottenibile essendo la “leva” più lunga), con il reale rischio di contatti sui cordoli nelle pieghe più estreme. Lo spessore poi, per contenere le deformazioni dovute alle altissime temperature, può arrivare a 7 mm: tutto ciò aumenta il peso e il momento d’inerzia della ruota anteriore, peggiorando la maneggevolezza. Pastiglie molto lunghe possono incappare in deformazioni della planarità perfetta a causa del calore, compromettendo pesantemente la prestazione, ma la ricerca continua di materiali d’attrito più efficienti consente la riduzione delle loro dimensioni e degli interi sistemi frenanti. Il problema più diffuso è la cosiddetta "delaminazione", lo sfaldamento del materiale d’attrito: problema ampiamente superato da SBS. Come? Questo non ce l’hanno detto...

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