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Quando il viaggio diventa una professione: pericoli e insidie

L'avventura perde di autenticità se diventa un lavoro? Gli sponsor, l'esposizione mediatica, i fan… Non tutti li sanno gestire senza perdere la faccia

Quando il viaggio diventa una professione: pericoli e insidie

È da circa 13 anni che mi occupo di viaggi in moto, da quando nel 2000 venni assunta a Motociclismo. Ho conosciuto tanti globe-trotter, ho letto tante belle storie e, oggi, che il turismo è diventato di moda (che brutta parola!) e che abbiamo dato vita ad una community di travellers (guardate la gallery…) e quindi siamo ancora più coinvolti, mi pongo delle domande.  Perché si viaggia oggi? La maggior parte di voi continua a farlo per le più nobili delle ragioni: amore della conoscenza o puro divertimento. Ma è nata anche la figura del viaggiatore professionista che nasconde in sé delle contraddizioni.  Viaggiare in moto è la sua passione, decide allora di farlo diventare il suo lavoro, la sua vita: non c’è nulla di più bello ed esaltante. Ma qui iniziano i compromessi… Perché diventa la sua unica fonte di sostentamento, perché ha un pubblico che si aspetta delle cose da lui, perché oggi ci sono tanti altri globe-trotter che calcano le strade del mondo ed è sempre più difficile dare qualcosa di diverso, di impattante. Insomma diventa una professione e si finisce con l’avere fin troppa consapevolezza di quello che si va ad affrontare in viaggio, ed essere troppo abili a programmarlo e a promuoverlo. E allora? Allora è facile snaturare la propria passione, perdere autenticità, lasciarsi tentare dalla sovraesposizione e dalla sponsorizzazione… Non è facile gestire tutto questo, non tutti ne escono indenni. Occorre senso della misura, intelligenza e, soprattutto, un messaggio da trasmettere, che non sia la semplice impresa, fine a se stessa. Un bel viaggio ha sempre una storia forte alle sue spalle.

 

LA TENTAZIONE DELLO SPONSOR

Affrontiamo subito il problema più spinoso: il costo del viaggio. Stare lontano da casa per tanti mesi ha un peso economico che in pochi si possono permettere. C’è chi passa la vita a mettere da parte il suo gruzzolo e c’è chi sceglie la via più facile: lo sponsor. Che, però, è anche la più compromettente. Intendiamoci: anche i grandi esploratori (Colombo, Magellano, Vespucci & Co) avevano gli sponsor (per lo più dei re), solo che poi ci regalavano delle grandi scoperte e, comunque, erano mossi da vero spirito d’avventura, quello che a volte sembra venir meno a taluni moderni globe-trotter che pongono la ricerca del “mecenate” come unica condizione del viaggiare: parto se ho chi mi fornisce abbigliamento, accessori o denari (anche se vanno solo a farsi una vacanza e non a scoprire l’America!!). Una volta riuscito nell’intento, poi, dovrà ricambiare il favore con lo scambio di visibilità: di qui i siti/blog supergriffati o le foto “in posa” con i marchi belli in vista. Non stiamo condannando in toto la sponsorizzazione: se un’azienda crede nel vostro “piano” nulla di male se vuole sostenerlo. Condanniamo la sponsorizzazione facile, finalizzata ad un mero scambio di promozioni e non a mettere in piedi un progetto… Per i viaggi più lunghi è da tenere in considerazione l’opzione lavoro in loco, ovvero trovarsi una professione ad interim nel Paese in cui stiamo transitando: lo fanno in tanti ed è anche un bel modo di avvicinare la cultura del luogo.

 

L’ESPOSIZIONE MEDIATICA

Tutti possono viaggiare ma, dicevamo, non tutti riescono a gestire ciò che gira intorno al viaggio, e non parliamo solo di sponsor, anche dei tanti canali mediatici che ci inducono nella tentazione della “sovraesposizione”. Creiamo pagine fan, blog e siti dedicati alla nostra avventura,  dove, forse, ci lasciamo prendere un po’ troppo dalla sindrome del “diario”, dalla mera narrazione degli accadimenti senza una vera riflessione sul viaggio: sconfinate gallery di foto simili fra loro, senza una selezione ragionata, un’impaginazione rudimentale che non invoglia ad essere sfogliata… Ragazzi siamo in tanti a viaggiare e saremo sempre di più, è inevitabile perdersi fra le tante proposte: bisogna sforzarsi di trovare dei temi forti e, prima di tutto, di domandarci cosa vogliamo.

 

L’EMOZIONE È UN MESTIERE DIFFICILE

Ci accontentiamo di raccontare la nostra esperienza agli amici? Siamo liberi di confezionarlo come vogliamo. Desideriamo raccontarlo al mondo? Dovremo saper emozionare. E lo si può fare in tanti modi: non occorre essere dei letterati, dei fotografi professionisti o degli art director ma l’impegno quello sì ci deve essere, ed essere evidente, il che vuol dire la ricerca di un punto di vista nelle parole, nelle inquadrature, nella grafica. Vuol dire anche cercare di fare del proprio viaggio un progetto con una bella idea di fondo, degli intenti ben dichiarati (che possono essere anche quelli di non averne!). Create un format originale, ma che vi rispecchi. La regola numero uno per chi si muove sul web e nei social è l'autenticità: una storia verace è vincente. Le agenzie di marketing ci dicono che questo è il momento degli “story teller”,  che c'è bisogno di storie, anche normali, purché vere. Anche per questo motivo abbiamo dato vita a “Motociclismo All Travellers”: dopo decenni a raccontarvi viaggi, abbiamo sentito il bisogno di raccontarvi di più dei viaggiatori, di focalizzare l'attenzione su di loro e di lasciargli lo spazio per presentarsi.

 

BASTA COWBOY!

La gente ha voglia di normalità, il che significa che è finito anche il tempo degli “cowboy”, dei viaggi presentati come imprese, dei toni autocelebrativi. I viaggiatori più convincenti sono quelli che non si prendono mai troppo sul serio... Stiamo esplorando il mondo, non lo stiamo salvando! Purtroppo dobbiamo dire che sono diventate poco credibili anche tante operazioni benefiche che, da qualche anno a questa parte, dovrebbero nobilitare i viaggi... non sempre sono autentiche, in taluni casi sono solo un modo per ingraziarsi i favori di sponsor e fan. Non tutti hanno qualcosa da dire ma la facilità con cui, grazie ai nuovi canali di comunicazione, si può arrivare al grande pubblico ci stordisce e ci rende avidi di riconoscimenti.

Certo viene naturale chiedersi come un Roberto Patrignani o un Giorgio Bettinelli riuscirebbero a maneggiare i nuovi media. Anche loro si esporrebbero con la disinvoltura dei viaggiatori contemporanei? Probabilmente lo farebbero con moderazione, con gusto. O forse, essendo figli del loro tempo, è impensabile immaginare degli alter ego moderni. Va anche detto che i pionieri (in qualsiasi ambito) godono di un fascino esclusivo, difficile da eguagliare. Per cui puntiamo a ricercare altro… magari l’autenticità di cui abbiamo detto e che contraddistingue i travellers che, ogni giorno, animano la pagina di “Motociclismo All Travellers”, di cui vi proponiamo una folta gallery.

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