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21 March 2013

Cadi mentre vai al lavoro in moto? Inail non indennizza

I giudici negano il risarcimento a un lavoratore che ha avuto un incidente nel tragitto per recarsi sul posto di lavoro. La motivazione? Poteva arrivare sul posto di lavoro con i mezzi pubblici o addirittura a piedi

Cadi mentre vai al lavoro in moto? inail non indennizza

L’ultimo deterrente all'utilizzo del nostro mezzo di trasporto preferito arriva addirittura dalla Cassazione. Con la sentenza n. 6725 del 18 marzo 2013 la Corte nega la copertura assicurativa dovuta dall’Inail per l’infortunio in itinere (cioè durante il tragitto per recarsi al lavoto) occorso a un uomo. La Corte stabilisce che non è prevista nessuna rendita da infortunio in itinere se il lavoratore può arrivare sul posto di lavoro con i mezzi pubblici o addirittura a piedi.

IL CASO
Nel caso specifico, il protagonista della vicenda ha utilizzato la sua motocicletta per coprire i 2 chilometri del tragitto da casa al lavoro, dovendo essere in ditta entro le ore 7:00, cosa che non sarebbe stata possibile con i mezzi pubblici visto che il primo autobus partiva alle 7,20. I giudici però, vista la vicinanza del luogo di lavoro all'abitazione, hanno ritenuto che il tragitto era percorribile a piedi o c’era la possibilità di utilizzare mezzi di trasporto pubblico.

QUAL È LA DISTANZA MINIMA
L’uomo, dipendente delle Terme di Stabia (Castellammare di Stabia, NA), ha chiamato in giudizio l'Inail chiedendo una rendita da infortunio in itinere, essendo stato coinvolto in un incidente mentre era alla guida della sua moto e si stava recando al lavoro. Ricordiamo che l'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo di un mezzo di trasporto privato, a condizione che sia necessitato l'uso (es. inesistenza di mezzi pubblici che colleghino l'abitazione del lavoratore al luogo di lavoro; incongruenza degli orari dei servizi pubblici con quelli lavorativi; distanza minima del percorso tale da poter essere percorsa a piedi). La Corte d'Appello già nel 2008 aveva concluso che il lavoratore non avesse diritto a copertura assicurativa, motivando la sentenza col fatto che la scelta del mezzo privato (la moto) era dettata da ragioni che, seppure valide, "non assumono uno spessore sociale tale da giustificare un intervento di carattere solidaristico a carico della collettività". Per la Cassazione viene a configurarsi il cosiddetto "rischio elettivo", ossia il rischio prodotto dalla scelta discutibile del lavoratore di preferire la moto ad altre soluzioni. I giudici della Cassazione hanno quindi rigettato il ricorso del lavoratore, a cui non è stato corrisposto nessun risarcimento.

Purtroppo eccoci costretti a segnalare un altro tassello "anti moto" (anche se effettivamente il caso vale anche per le auto e qualsiasi mezzo privato) che va ad aggiungersi agli altri. Quali sono gli altri? Limiti di velocità assurdi, Velox selvaggi, costo della benzina e dell'assicurazione, normative anti inquinamento fantasiose, stato delle strade pietoso, complicazioni burocratiche per prendere la patente, la storia delle gomme invernali obbligatorie quando di fatto per le moto non esistono... Se poi ci mettiamo anche amenità tipo l'ABS obbligatorio per le moto di 125 cc (norma poi rientrata: cliccate qui) e le proposte per rendere obbligatorio l'abbigliamento tecnico e la revisione annuale... Beh, capirete che la situazione par tutto meno che rosea. Ma qualsiasi balzana propostta è giustificata dal grande alibi della sicurezza. E va bene, ma qui sembra che per sicurezza si intenda togliere i veicoli a motore dalle strade...

 

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