Statistiche web

Legend, la special dal motore centenario

Un motore vecchio di cent'anni incastonato in una ciclistica con soluzioni derivate dal mondo dell'aeronautica moderna. Vi presentiamo la Gallery Motorcycles Legend
1/19 Gallery Motorcycles Legend
Sentire in moto un V-Twin F-Head del 1917 è un'esperienza che fa battere forte il cuore. Rapisce tutti i sensi, o quasi: oltre al sound uguale a nessun altro, rimani ipnotizzato dal carillon delle aste esterne che corrono ritmicamente su e giù, aprendo le valvole di aspirazione, mentre le vibrazioni sommesse si arrampicano su per i polsi fino alle viscere, facendole sussultare; e le narici inalano un aroma di olio bruciacchiato insieme alla benzina, senza contare quello caldo che sfiata da un tubicino di rame e che va a mantenere lubrificata la catena della trasmissione primaria. Un meccanismo semplice e raffinato, che richiede una attentissima messa a punto per funzionare a dovere, ma che incanta ancora dopo un secolo.

Boardtracker o steampunk?

"Ho iniziato come meccanico lavorando nell'officina d'auto di mio papà, poi nel 1996 sono andato da Campestrini, il concessionario storico H-D di Verona, e mi sono appassionato alle moto storiche. Nel 2000 ho aperto la mia prima officina e dal 2013 quella attuale (a Rezzato - BS, via Narciso Bronzetti 27 n.d.r.)".

Queste le parole di Mirko Perugini, il fondatore di Gallery Motorcycles e colui che ha realizzato Legend, la special di questo servizio. Sei mesi ci son voluti per costruirla – non chiedete il prezzo, non è quantificabile - partendo dal bicilindrico, quel F-Head che Mirko ama tanto, ma che richiede attenzioni e una accuratissima messa a punto. “Questo motore poi, è stato assemblato con tante parti provenienti da moto diverse, non l’ho trovato già intero. Questo è un problema, perché le tolleranze tra i vari componenti possono variare”. E infatti Legend è macchinosa da avviare. C’è il classico kick starter, ma è più pratico un rullo di avviamento esterno. Oppure a spinta. E poi le candele – particolarissime, mica le trovi nel primo autoricambi – che se si bruciano è finita. Ma il motore è solido, sopporta tutto. Respira attraverso un carburatore Schebler – lo usavano anche le Indian, a inizio secolo scorso – che è un’opera d’arte, uno di quegli oggetti che potresti tenere sotto una teca, tanto è raffinato ed elegante. Tutta la moto in realtà è così. Semplice, senza orpelli, ma con una quantità di dettagli curati che non esiste più. “Eppure non è nostalgia, la mia – ci spiega Mirko – perché se ci pensi, quando è stato costruito questo motore era il massimo della tecnologia disponibile e si cercavano soluzioni guardando verso il futuro. Ed era fatto per durare”.
Se canta ancora dopo cent’anni, c’è da crederci… I cilindri hanno 1.000 cc “pieni” con una bella schiena. Certo, non immaginatevi un moderno e potente V-Twin di pari cilindrata – non l’abbiamo messa al banco, ma probabilmente non arriva ad erogare 30 CV, ma la coppia non manca. Lo senti corposo, tutto tiro in basso e poco allungo, ti porta a giocare con il gas e a dimenticarti del cambio. Anche perché, con frizione a pedale poco modulabile e leva manuale del selettore rapporti, non è proprio immediato. Il comfort non è contemplato: telaio rigido – le molle sotto la sella sono più un elemento caratteristico di stile che veramente funzionali -, posizione rannicchiata, zero appigli. Sei appollaiato su una sella che sembra quella di una Graziella. Ma, in fondo, su una special del genere chissenefrega del comfort!
E la verniciatura? Eseguita da Spray Art di Rezzato (BS), fa spiccare il verde oliva – tipico delle Harley fino al secondo dopoguerra – su un fondo grigio smerigliato, che dona una patina antica, quasi “grezza”, ma che più raffinata non si può. Guardate i filetti del serbatoio: sono disegnati per ridisegnare la forma squadrata dei serbatoi della HarleyDavidson JD originale, che era un sottocanna (ovvero con il carburante ospitato in una tanica incastonata sotto la canna dorsale del telaio). Quando l’abbiamo vista a The Bike Field - l’evento che Motociclismo ha inventato per dare spazio ai lettori che amano customizzare le proprie moto, ma che ospita anche officine affermate, come Gallery Motorcycles - Legend ci ha stregati. L’idea di scoprirla nel dettaglio e guidarla ci ha conquistato da subito. Ma solo ora, dopo mesi di contest e bike show internazionali cui ha partecipato quasi senza sosta dalla scorsa primavera, siamo stati accontentati. E adesso? “Ora ho in mente un altro progetto – ci dice Mirko – ancora intorno ad un motore della JD. Lo stile sarà board-tracker, come Legend, ma la moto sarà ancora più raffinata e con dettagli curatissimi. Estrema nel particolare, per partecipare al prossimo mondiale custom builders”. Costruire una special da zero richiederà tempo e attenzioni, ma speriamo di vederla già al prossimo Bike Field, ad aprile 2018...
Se c’è da frenare, l’impianto si dimostra adeguato. Il cambio è a tre rapporti e la leva, originariamente posizionata sul lato sinistro del serbatoio, spunta in mezzo, tra le due metà in cui è diviso ora: a sinistra la benzina, a destra l’olio. Così tutta la parte sotto la sella resta libera e presta spazio ai tanti rinvii, snodi, molle e richiami di frizione, cambio e sospensione della sella. Un tripudio di meccanismi finemente lavorati e immersi in un bagno di nichel. “Migliore del cromo – ci confessa Mirko – perché ha riflessi più caldi, quasi dorati”. La complessità meccanica è in realtà solo ricerca perfezionista del dettaglio. Basta guardare il comando del gas, un intrico di aste snodate e giunti che fanno ruota re una camma – tutto nichel e ottone anche qui – che a sua volta tira il cavo d’acciaio collegato al carburatore. Siamo ancora nella sfera dell’oggettistica d’arte. E vogliamo parlare della sospensione anteriore? L’ispirazione arriva dai carrelli degli aerei, con un grosso pistone telescopico idraulico. Ma tutto è realizzato su misura, secondo una filosofia quasi steampunk, dove tecnologia, meccanica vintage e futurismo si mescolano. Quasi passa in secondo piano il telaio – di tipo rigido, cioè senza sospensione posteriore, così come erano le moto di inizio 900 – realizzato su misura intorno al motore, e disegnato per essere il più compatto e basso possibile. L’aspetto lungo e disteso è enfatizzato dai giganteschi cerchi da 23” a 60 raggi, che calzano pneumatici 120/70, identici davanti e dietro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA