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Le due facce di Valentino

Qual è il vero Rossi? Quello quasi umiliato nella prima parte di gara o quello incontenibile della seconda? E perché anche a Indianapolis abbiamo ritrovato un campione dai due volti? Cercando la risposta abbiamo scoperto che non tutto è come appare… Vorremmo anche la vostra opinione

Le due facce di valentino

Anche ieri, a Indianapolis, Valentino ha dato spettacolo e segni di sé solo nella seconda metà di gara. Alla fine ha raccolto un quarto posto, nulla più. Per giunta battagliando fino all’ultimo con tre piloti che – ahinoi - non si chiamano Lorenzo, Marquez e Pedrosa. Ma ritmo e sorpassi di fine gara ci hanno restituito sprazzi del Campione che fu.

Già, il campione che fu.

Vorrei sfatare il luogo comune della stagione 2013. Quest’anno - e non so bene per quale motivo - le belle rimonte di Rossi nel fine gara inducono a credere che, dopo una prima fase di carburazione o di rodaggio o chiamatela come volete, Valentino ritrovi se stesso e, come per magia, tenga il passo dei primi.

Non è così. Ora vi spiego perché, intanto cliccate qui e partecipate al sondaggio sull'argomento.

 

VALENTINO RISORGE DOPO METÀ GARA. MA MAI ABBASTANZA

I dati di tutta la stagione - se esaminati a freddo - ci dicono che Rossi va molto più forte nella seconda che nella prima parte di gara, ma anche che in nessuna fase della corsa è efficace come i top rider, a partire dal suo compagno di squadra Lorenzo.

A Indianapolis Rossi ha chiuso distaccato di 14”2 secondi dalla Yamaha di Jorge. Nei primi 13 giri ha accumulato 10”4 secondi di ritardo, nella seconda frazione di gara “soltanto” 3”8. Non c’è dubbio che si tratti di un importante cambio di passo. E che vedere una bella reazione di Rossi ringalluzzisca tutti quelli che, dopo i primi giri, temono di vederlo sprofondare nelle retrovie. Ma anche prendendo per buono il ritmo della metà migliore di gara – e moltiplicandolo per due, cioè per tutta la durata della gara – Valentino avrebbe chiuso a 7-8 secondi dal proprio compagno. Sempre troppi, per uno come lui.

Numeri alla mano, la costante di tutta la stagione 2013 è che Valentino rispetto a Jorge in “gara 1” è molto più lento e in “gara 2” è poco più lento (per praticità abbiamo mutuato dal vocabolario della SBK, e non ce ne vogliano i più intransigenti…).

Vediamo nel dettaglio.

 

JORGE BATTE ROSSI SIA IN “GARA1” CHE “GARA2”. UNICA ECCEZIONE IL QATAR

In Qatar Valentino la chiude a 6 secondi da Lorenzo. Ne accumula 7”5 di distacco nella prima metà e ne guadagna 1”5 negli ultimi 11 giri. È l’unico caso in cui Rossi riduce il divario nelle ultime tornate, ma è bene ricordare il grande vantaggio che Jorge aveva su tutti i suoi avversari alla Prima stagionale. A Austin, secondo round texano, Lorenzo rifila 13”3 a Rossi, di cui 7”4 nella prima frazione di gara e 5”9 nella seconda. Stessa musica anche a Jerez: Lorenzo guadagna su Rossi 3”5 secondi nella prima parte di corsa e soltanto 4 decimi nella seconda porzione, che però è viziata dal contatto con Marquez, che un paio di secondini li vale tutti. Anche in quella che dopo Assen, a mio parere, è la sua migliore gara, cioè Catalunya, Vale paga un ritardo di 4”5 nella prima parte e 1”3 nella seconda. Impossibile fare un confronto attendibile a Le Mans e al Mugello (per le cadute di Valentino) così come ad Assen, al Sachsenring e Laguna Seca (per l’infortunio di Lorenzo).

Tutti questi dati però non ci aiutano a capire qual è il motivo delle due facce di Rossi, quello irriconoscibile di “gara1” e quello che assomiglia al campione di una volta in “gara2”.

Io un’idea me la sono fatta.

 

IL FEELING CON LA GOMMA NUOVA (E FREDDA)

Anche ieri il GP Indianapolis, come tanti altri quest’anno, mi ha fatto ripensare al Mugello e all’incidente di Rossi del giugno 2010. Frattura scomposta ed esposta di tibia e perone. Insomma l’unico infortunio “vero” della sua carriera. Gomma fredda, fu quello il motivo dell’high side. Certo, fai il pilota, sei un campione interplanetario, e tutto dovrebbe passare in fretta. Ma quando in cassaforte hai già 9 titoli e un conto a 9 zeri, forse a certe cose inizi a pensarci. E inconsciamente i primi giri di gara – gomma fredda, per l’appunto – non rischi più come una volta. La chiamano esperienza: di solito irrompe nel pilota o dopo i trent’anni o dopo un bel botto. Valentino aveva solo l’imbarazzo della scelta.

La tesi della gomma troverebbe anche un suo fondamento nelle grandi difficoltà di Rossi con la nuova formula di Prove ufficiali che impongono il giro “secco”. Ma in gara no, Rossi dovrebbe perdere terreno soltanto i primi due o tre giri. Dal quarto in avanti, infatti, su qualsiasi pista, in qualsiasi condizione climatica e con qualsiasi gomma, la temperatura di esercizio è sicuramente ottimale. Questo Valentino lo sa bene, però tentenna fino a metà gara: colpa della moto?

 

UNA MESSA A PUNTO GIUSTA SOLO A METÀ?

Una moto da corsa con un’ottima messa a punto si comporta in maniera molto omogenea dall’inizio alla fine di una corsa. A volte può capitare che il team non trovi la strada giusta e che involontariamente venga individuato un set-up più favorevole alle prime fasi di gara (gomme nuove e serbatoio pieno) che alle ultimissime battute (pneumatici finiti e poco carburante). Oppure viceversa.

Rossi lamenta ancora una certa difficoltà nella messa a punto di una M1 da “riscoprire fino in fondo”, e questo, dopo due anni in Ducati, è plausibile. Ma è mai possibile che team e pilota indovinino la regolazione delle sospensioni e dell’elettronica sempre e soltanto per la seconda fase della gara? E poi, si è mai vista una moto che ha un’impennata prestazionale così evidente e così improvvisa dopo 10-15 giri? Generalmente accade proprio l’opposto: a metà gara la moto ha una flessione piccola o grande oppure, nella migliore delle ipotesi, un mantenimento delle prestazioni fino all’ultimissima curva. Qualcosa non torna. A meno che non sia Rossi a fare la differenza con la gomma usurata.

 

L’ARTE DEL TRAVERSO AIUTA QUANDO IL GRIP È SCARSO

Oggi Rossi guida più pulito, ma per tanti anni è stato il re del traverso. Roba alla Stoner e alla Marquez, per chi non lo ricordasse più. Con la differenza che intraversare una 500 senza controllo di trazione richiedeva ben altre doti di guida. Doti alla Kevin Schwantz, direi. Questa capacità di gestire le perdite di aderenza favorisce sicuramente il pilota nel finale di gara quando le gomme – qualsiasi gomma – hanno un calo, piccolo o grande che sia. Valentino questa propensione ce l’ha, e ci viene evidenziata anche dai numeri del suo curriculum sportivo: Rossi ha staccato 88 giri veloci in gara (gomme usate) e soltanto, si fa per dire, 59 pole position (gomme nuove). Per esempio uno che guida “pulitissimo” come Jorge Lorenzo ha all’attivo 53 pole position e 24 giri veloci in gara. Ecco, la capacità di guidare con la gomma a brandelli: è forse questo l’unico vantaggio rimasto a Valentino nei confronti di Jorge?

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