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30 May 2013

Laverda LZ 125

Accoppiata vincente tra motore tedesco (Z sta per Zündapp) e progetto generale italiano (L sta per Laverda). Le prestazioni notevoli e l'estetica di una bellezza essenziale ne fecero un must per i sedicenni vissuti a cavallo tra anni '70 e '80 del secolo scorso

Italia-Germania

Laverda 125 LZ: design italiano e motore tedesco. La moto che nasce da questa unione diventerà un sogno per tutti i sedicenni sul finire degli Anni 70 (ammiratela in tutta la sua spartana bellezza: sfogliate la gallery)

I fratelli Laverda, forti nel settore delle maximoto, volevano entrare nel mercato delle ottavo di litro con una modello nuovo, dal design moderno, con buone prestazioni ed eccellente affidabilità. Ma anche un design che si staccasse dalla moda della regolarità, che verso la metà del 1977 stava ormai affievolendosi. Serviva un motore: lo trovarono in Germania, alla Zündapp, dove si recarono nel mese di giugno. Massimo e Piero laverda furono ricevuti dal Direttore commerciale della Casa tedesca e spiegarono il loro progetto. L’idea piacque subito ai tedeschi, che fornirono il prioprio motore raffreddato ad acqua e dotato di massiccio gruppo termico esteticamente simile a quello di un motore "ad aria".

L'idea di Massimo Laverda nell’arco di un pomeriggio si trasformò in un progetto con tutte le carte in regola per avere successo. Occorreva però mettersi al lavoro immediatamente perché  il tempo a disposizione era veramente limitato. La 45ª Esposizione Internazionale del Ciclo e Motociclo di Milano era in programma dal 19 al 27 novembre 1977 e in mezzo c’era il mese d’agosto. Bisognava fare i test prima della chiusura aziendale.

Ecco allora il turno di Piero Laverda, che chiese di avere subito un motore con il relativo gruppo di aspirazione e scarico. Tutto ciò avrebbe permesso al responsabile tecnico Luciano Zen di concentrarsi direttamente ed immediatamente sulla sola ciclistica, riducendo così i tempi di sviluppo del prototipo. Così i fratelli Laverda tornanroo a Breganze con nel bagagliaio della loro auto tutto ciò che serviva.

In pochissimo tempo nacque la 125 LZ, a indicare l’accoppiata Laverda-Zündapp, che fece il suo debutto come previsto a Milano e destò notevole interesse. La piccola 125, esposta a fianco delle sorelle maggiori, non sfigurava affatto. Unico neo stilistico era l’impianto di scarico col silenziatore cromato così lungo da oltrepassare, seppur di poco, la ruota posteriore. Ma questa pecca sarebbe diventata ben presto un tratto distintivo del modello.

 

 

Un successo

Come previsto (e auspicato) dai Laverda, la LZ 125 fu un successo che colse la Casa addirittura di sorpresa. la moto convinse pubblico e critica. "Anche da fermo è leggera e maneggevole - scrive Motociclismo nella prova del 1978 -, la guida è turistica, decisamente poco affaticante e comoda anche per due persone di alta statura. Il motore è un 2T poco fumoso e ben silenziato all'aspirazione e allo scarico. Il montaggio elastico del propulsore taglia le vibrazioni. Erogazione della potenza ottima, cambio invece lento e impreciso. Anche le sospensioni non convincono, essendo dure e poco ammortizzate". Buiono il comportamento dei freni. In definitiva le LZ piacciono (convince il prezzo, fissato in 1.197.000 lire) e si dimostrano agili e scattanti ma adatte sia ai viaggi che alla città. Nella guida sportiva, poi, danno soddisfazione.

 

Negli anni successivi arrivano le prime modifiche: sella, codino, tappo del serbatoio con chiave, predisposizione per il secondo freno a disco anteriore, l’ampliamento della gamma colori (inizialmente vi era solo il Rosso Italia). Infine, anche i gruppi ottici vengono modificati e all’anteriore, in sostituzione del faro tondo, ne viene adottato uno di forma rettangolare. Arrivano le versioni Sport (versione di maggior successo), la Elegant e infine la custom Wild.


Ne sono state costruite 5.000 all’anno, per un totale di circa 20.000 esemplari. Ma a cosa è dovuto il successo, soprattutto nei primissimi anni Ottanta? Molti i fattori. Si va dalla linea alle ottime prestazioni del motore, robusto e capace di sopportare ogni sforzo. Non manca poi il fattore moda. Alla fine degli anni Settanta e nei primi anni Ottanta è in atto quell’inversione dei gusti prevista da Massimo Laverda: i sedicenni abbandonano le moto da Regolarità  e tornano alle stradaliUna delle moto più ambite è la Zündapp KS. Un mito per prestazioni, robustezza e perché no, anche per la linea particolare e squadrata. Ha però lo svantaggio di essere costosa e non alla portata di tutti, ed è anche difficile da trovare perché i concessionari Zündapp sono pochini. Tutti fattori che non disturbano i giovani di famiglie agiate. Gli altri invece sono pronti a saltare in sella a una Laverda. In fin dei conti il motore Zündapp è lo stesso, così come le prestazioni.

 

PRESTAZIONI I SINTESI (versione 1981)

Potenza max: 16,32 CV 

Coppia max: 1,55 kgm 

Peso: 110 kg

Velocità massima: 120,800 km/h

 

 

 

 

In sintesi

Motore: Zundapp, monocilindrico a 2 tempi raffreddato a liquido, cilindro inclinato in avanti di 24° in lega leggera con canna cromata e pistone piatto, alesaggio per corsa 54x54 mm, cilindrata 123,6 cc, distribuzione a tre serie di luci regolate dal pistone, rapporto di compressione 11,3:1, potenza max 17 CV a 7.600 giri, coppia max 1,6 kgm a 7.400 giri. Peso del motore 22 kg.

Alimentazione: con miscela al 2%, capacità serbatoio carburante 13 litri di cui 2,5 di riserva,
Carburatore: Mikuni VM28-230 da 28 mm, getto max 120, getto min 40, spillo conico 5DJ32 alla 4a tacca dall’alto, polverizzatore 169 P2, vite aria aperta di 1 giro, filtro aria in carta.
Impianto elettrico: a 6V con batteria da 6V-9Ah.
Accensione: elettronica Bosch MHKZ da 6V/30-35W, candela Bosch W260 M2, anticipo accensione 1,4 mm pPMS a 7.000 giri. Lubrificazione: trasmissione primaria, frizione e cambio con 600 cc di olio SAE 80.
Frizione: multidisco in bagno d’olio.
Cambio: a 5 marce con innesti a sfera. Valore rapporti: 3,40 in prima, 2,16 in seconda, 1,53 in terza, 1,26 in quarta, 1,05 in quinta. Trasmissione: primaria a ingranaggi elicoidali, rapporto 2,8 (20/56), finale a catena a rulli da 1/2x5/16”, rapporto 2,68 (16/43).
Telaio: monotrave superiore con doppia
culla chiusa in tubi di acciaio, inclinazione cannotto di sterzo 26°, avancorsa
90 mm.
Sospensioni: anteriore forcella Marzocchi con steli da 32 mm, escursione 140 mm, posteriore forcellone oscillante montato su silent-block con due ammortizzatori Marzocchi regolabili su 3 posizioni di molla, escursione 70 mm.
Freni: anteriore a disco da 260 mm con pompa idraulica Magura e pinza monopistoncino Grimeca, posteriore a tamburo centrale monocamma da 160 mm.
Ruote: cerchi in lega leggera a 7 razze, pneumatici 2.50-18 ant e 3.00-18 post, pressione di gonfiaggio 1,8-2 bar ant e 2-2,2 bar post.
Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 2.030, larghezza 1.050, interasse 1.350, altezza sella 790, peso a vuoto 108 kg.

Varianti 175: alesaggio 62 mm, cilindrata 163 cc, rapporto di compressione 7,8:1. Carburatore con getto max 105, spillo conico alla 3a tacca, polverizzatore 241 P2. Trasmissione finale, rapporto 2,58 (17/44). Potenza max 17 CV a 7.400 giri, coppia max 1,7 kgm a 7.000 giri).

 

 

 

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