La prima Laverda è una 75 cc quattro tempi che consente di andare in due e consuma come un ciclomotore a due tempi. È caratterizzata da un braccio pressofuso sulla sinistra che contiene il gruppo trasmissione-frizione-cambio. Poi vanta un robusto telaio in lamiera stampata e la sospensione integrale. Questa moto viene provata nel ’48, dimostra di poter fare 60 chilometri con un litro di benzina ma la soluzione del braccio contenitore si dimostra troppo costosa e quindi viene scartata.
Si ripiega perciò su una linea più tradizionale mentre il telaio resta sempre in lamiera stampata ma viene aperto per facilitare il passaggio della gamba. Forse Francesco Laverda pensa anche all’utenza femminile.
Le prime consegne avvengono nel ’50, prezzo 164.810 lire IGE compresa. I primi clienti? Il parroco, il veterinario, il mediatore di Breganze, tutta gente che senza alcuna esperienza motociclistica mettono subito a dura prova il mezzo con un intenso uso quotidiano su strade disastrate e alla domenica si cimentano in impegnative escursioni verso le mete alpine, il Sella, il Falzarego e così via.
Passano dunque un paio d’anni tra la realizzazione del prototipo e le prime consegne. La costruzione e la messa a punto procedono infatti lentamente. Francesco Laverda di giorno deve occuparsi di macchine agricole e altre questioni aziendali e può soltanto contare sull’aiuto dell’amico Luciano Zen che poi firmerà le grosse Laverda di maggior successo. “Fondevano i pistoni di notte nel garage di casa trasformato in officina” ricorda oggi Massimo Laverda. E Motociclismo scriveva: “il dottor Francesco Laverda continua a perfezionare la sua giovane creatura e sottoporla al più severo banco di prova, nel timore di non poter accontentare i suoi clienti, e così temporeggia sul vero e proprio lancio”.
Ufficialmente la moto Laverda viene fondata il 13 ottobre 1949 e la fabbrica prende corpo nel recinto della villa di famiglia in via Mazzini, nel centro di Breganze, veramente all’ombra del campanile cittadino che – come amano ricordare i locali – è quello più alto del Veneto dopo San Marco di Venezia.
Il successo della 75 (e della consorella di 100 dura una decina d’anni, propiziato dalle travolgenti affermazioni collettive nella Milano-Taranto, nel Giro d’Italia ma anche nei campionati junior e nelle corse in salita. La fabbrica si ingrandisce e arriva ad avere 250 dipendenti. A metà degli anni Cinquanta produce una trentina di moto al giorno.
Con il divieto alle gare di gran fondo (dopo la sciagura della Mille Miglia 1957), con l’arrivo delle utilitarie Fiat (500, 600, 850) e con le migliorate condizioni economico-sociali arriva inevitabile la crisi del mercato motociclistico.