Statistiche web

L'amore dei sedici anni

Oggi una bella fetta di motociclisti piange sulle 125 sportive carenate degli anni '80. Io sono più antico. E mi commuovo davanti a una regolarità anni '70

L'amore dei sedici anni

Terza puntata sulle moto che più mi sono piaciute (qui la prima e la seconda). Poi sospendo per un po' altrimenti divento noioso. Parto dalla prima 125 che ho avuto e di cui ero superinnamorato: SWM Regolarità N, telaio oro, serbatoio nero metallizzato e sovrastrutture grigio metallizzato, 1974. 

In genere quando si parla di 125 il massimo dell'eccitazione si ha per le sportive carenate degli anni '90 (infatti uno dei nostri articoli più cliccati in assoluto è questo, ndr), sia perché erano delle moto veramente eccezionali, sia perché una bella fetta di motociclisti le ha vissute, visto che il periodo d'oro è durato un bel po' di anni. Ma io sono più antico di quella generazione, appartengo alla fulminante stagione delle 125 da regolarità (qui una gallery parziale). 

 

PUZZI DI BRUCIATO

Non so se questa febbre da regolarità sia una cosa locale, so solo che nei primi anni '70 in zona Pesaro eravamo tutti rincretiniti per queste moto. Che, ovviamente, erano costosissime, quindi inarrivabili. Oltre a questo - che le rendeva ancor più attraenti - c'era la tecnica, che all'epoca era davvero spaventosa. Erano delle vere moto da competizione, telai d'acciaio perfetti, sospensioni eccezionali. E poi LUI, il mitico Sachs 2T superalettato che spadroneggiava, rombava, spingeva come un pazzo, fumava, sputacchiava olio dallo scarico. E quando si tornava da un bel giro si era tutti puzzolenti di fumo e bruciato. Andavano di moda, quindi, le maglie nere, poiché quelle chiare dopo mezz'ora erano tutte maculate di unto. Non un unto normale, un unto immortale. Che faceva le felicità delle nostre mamme. Il casco poi era uno strano oggetto a metà strada tra il lusso e il fanatismo, quindi non si usava: immaginate i capelli com'erano...

 

KTM SWM

All'epoca il top era la KTM, poi c'era la SWM, e dopo venivano gli altri marchi, Ancillotti, DKW... La diffusione più che dalla qualità della moto dipendeva dal concessionario locale, quindi è probabile che in altre zone le cose non stavano così. Un discorso a parte - parlo per me - spetta alla Puch, di cui mi sono innamorato ancor prima dell'ondata delle 125 di cui parlo: non avevo nemmeno 14 anni e in vetrina in centro città c'era una spaziale, quanto irraggiungibile 175 regolarità. Restavo lì incantato a guardarla, avevo il depliant a casa, e sognavo. Era bellissima. È bellissima.

 

LE RAGAZZINE? DOPO

I prezzi erano spaventosi, vicini a un milone di lire, e i nostri genitori non è che facessero a gara per comprarci il motorino. Ma, per una botta di vero culo, mio papà trovò lo sponsor e mi prese l'SWM 125. Bellissima: telaio oro, serbatoio nero, mamittone laterale e un rumore da brivido. Ero superinnamorato della mia moto. Altro che ragazzine. La mia fidanzata di allora era gelosissima, ma mica delle altre. Per quello poteva stare tranquilla, tanto noi in testa avevamo solo queste moto. Avevamo (plurale) perché nonostante i prezzi nella compagnia di noi sedicenni eravamo riusciti a radunarne un bel po', tra queste anche una DKW e una Aspes dalla testa superalettata che faceva il rumore di un jet sulla pista di decollo. E quell'estate, tutti i giorni, via allegri per le nostre strade di campagna. 

 

FACEVANO TUTTO LORO

Oggi vedete i piloti della MotoGP che fanno dei gran traversi, beh, sono solo dei ragazzini. Abbiamo cominciato noi molto prima, girando su strada con le nostre regolarità e le tassellate. Perché è vero che avevamo delle vere moto da fuoristrada, ma non avevamo manco una minima idea di cosa fosse uno sterrato. Le usavamo sull'asfalto come delle stradali. Solo che le tassellate di allora non erano il massimo in quanto a grip. Se penso cosa facevamo, senza casco, mi vengono i brividi. Facevamo, correggo: facevano loro. Loro cioè le moto. Arrivavi in curva, scalavi una marcia, davi un po' di gas e queste brave brave si mettevano di traverso senza chiedere niente, senza che tu, ignaro e incosciente che casualmente ne eri in sella, dovessi fare alcunché. Bastava tenere il manubrio in mano e la mia SWM pennellava la curva con la ruota dietro che scappava via, poi in rettilineo riprendeva, e la moto si rimetteva in linea da sola. 

 

BEATA INCOSCIENZA

Per far capire com'erano speciali queste moto, vi racconto una cosa. Con quelle supermoto facevamo le gare in discesa a motore spento. Con così tanta grazia a disposizione (Sachs) non chiedetemi perché, immagino sia stato un retaggio delle precedenti esperienze, prima le corse in discesa in bicicletta, poi col motorino. Tutti abbiamo una strada per le moto, qua in zona c'è "La Panoramica", che da Pesaro porta a Cattolica, all'epoca usata dai collaudatori Benelli. Lì facevamo queste corse in discesa a motore spento, e ovviamente dovevi frenare il meno possibile. Sapete bene che se ascolti l'istinto non funziona: tu rallenti, poi in curva la moto perde velocità e quasi ti fermi. Allora devi essere un po' incosciente per entrare più forte di quello che pensi sia giusto. Ma questa non è una buona idea: attorno a quelle belle curve c'è una sorta di guard-rail fatto di cemento armato e dare una zuccata lì, cosa quasi sicura in caso di caduta, non sarebbe stato bellissimo. Beh, ancora oggi mi ricordo che una volta sono entrato un pelo più forte del necessario e lei, la mia cara SWM, sapete cosa ha fatto? Niente. Ha derapato un po', da sola, a motore spento, poi si è rimessa in riga. In quel momento non ci ho fatto nemmeno caso, anzi, ho detto "che figata!". Ma se me lo ricordo ancora oggi che sono passati 40 anni (diobo'), il mio subcosciente, che allora era un po' più intelligente di me, si è accorto della cazzata. Ah, il tutto poi, manco a dirlo, con le mani sugli steli della forcella, perché l'aerodinamica conta. 

 

QUALCHE LINK INTERESSANTE

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA