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Kawasaki Z1 900

Cuori ribelli

Introduzione



Magia degli anni sessanta. Un periodo indimenticabile per chi lo ha vissuto in prima persona, ma anche una sorta di mito per chi invece lo ha conosciuto attraverso i racconti della gente.


Un momento ricco di grandi cambiamenti, che non esclusero il mercato dei motocicli, grazie alla nascita delle moto sportive stradali. E la storia della Z1, una delle moto più importanti nella storia delle due ruote, ha inizio proprio nel 1967, quando la divisione moto della Kawasaki Heavy Industries LTD decide di orientarsi verso il vasto mercato degli Stati Uniti. Ad Akashi, sede del colosso giapponese, viene così formato un gruppo di progettisti che commissiona un’indagine di mercato sul territorio americano. Dal resoconto emerge che la moto ideale deve essere potente, maneggevole, robusta e adatta ai lunghi viaggi.

A capo del progetto viene designato Gyoichi Inamura detto “Ben”, il quale, forte della grande esperienza sui motori a 4 tempi maturata alla Meguro (piccola casa motociclistica giapponese acquisita dalla Kawasaki nel ’63), traccia i contorni della nuova moto. La priorità e per il motore, che deve essere di 750 cc, 4 cilindri in linea e con distribuzione a doppio albero a camme in testa. La moto inoltre deve avere l’avviamento elettrico e il freno anteriore a disco. In definitiva, un tipo di motocicletta che per caratteristiche tecniche e prestazioni nessuno ha mai costruito in serie. Una maxi moto che, in un panorama dominato dalle bicilindriche, faccia andare in fuorigiri il cuore dei motociclisti. Questo ambizioso progetto viene chiamato in codice N600.

Nel 1968 il team lavora alacremente al progetto, sospinto anche da alcune indiscrezioni come quella che la Honda stia, dal 1965 e in gran segreto, lavorando su qualcosa di molto simile. Nota curiosa: il motore assomiglia in modo impressionante a quello della MV Agusta. Ma mentre i designer realizzano bozzetti a ritmo continuo, i primi motori cominciano a girare al banco, i telaisti lavorano sulla ciclistica e viene realizzato il prototipo per la prova su strada, la Honda ci mette lo zampino e presenta al Motor Show di Tokyo dell’ottobre ’68 una delle più importanti moto giapponesi di tutti i tempi: la Honda CB750. Una 4 cilindri che, al suo debutto, ha fatto invecchiare di dieci anni tutte le altre moto. Per la Kawasaki è un brutto colpo, bruciata sul filo di lana e per di più con la stessa moto.

Ma la sfida è ormai lanciata, e alla Casa non rimane altra scelta che mettersi nuovamente sui disegni, con il preciso obiettivo di fare meglio. Studiano a fondo la CB750, analizzandone ogni dettaglio e nel frattempo continuano il lavoro di sviluppo del motore e della ciclistica. Viene quindi realizzato il primo motore da 903 cc, che rispecchia fedelmente la configurazione originaria del progetto. Immediatamente messo al banco di prova, per verificarne il potenziale, questo motore entusiasma, mentre lo sviluppo della linea della nuova Kawasaki viene affidato allo studio Associato McFarland’s Design di New York.

Il primo prototipo della nuova maxi effettua  alcuni test nella primavera del 1971 nel circuito di Yatabe.

Il motore si dimostra fin da subito particolarmente performante: ha 95 CV e riesce a spingere la moto sino alla straordinaria velocità di 225 km/h, ma accusa alcuni problemi di gioventù come un’insufficiente lubrificazione e la deformazione dei pistoni. Ma quello che conta è che il nuovo motore dimostra di possedere un grande potenziale e ulteriori margini di miglioramento. I problemi vengono risolti con interventi mirati: si potenzia il sistema di lubrificazione e si aumenta lo spessore delle pareti dei pistoni. Inoltre, con un po’ di dispiacere, si decide di ridurre sensibilmente la potenza (giudicata troppo elevata per un uso stradale). Si realizzano due prototipi con cui affrontare una straordinaria e massacrante prova di durata, programmata per febbraio in America, da Los Angeles a Daytona e ritorno. Una distanza di 21.900 km da percorrere in due settimane.

Le Z1 camuffate affrontano la strada aperta, senza disdegnare alcune “sparate” sui circuiti del campionato AMA. In pista la nuova Kawasaki abbassa per ben due volte il record della categoria Stock Bike (a Talladega con Paul Smart e Gary Scott). Nel corso del supertest si verifica un solo inconveniente: la catena della trasmissione finale dura poco, meno di 5.000 km. Confortato dall’esito più che positivo, “Ben” Inamura dichiara chiusi i test. L’anno del 1972 è il momento della svolta: vengono assemblati 29 esemplari di Z1 e il mese successivo la Kawasaki invita ad Akashi i giornalisti delle più famose riviste motociclistiche del mondo per avere un parere. Nel luglio 1972 inizia la produzione e 20 moto escono dalla nuova linea di montaggio. Nei successivi due mesi vengono prodotti 756 esemplari per fornire ai concessionari almeno un esemplare della nuova moto da mettere in esposizione contemporaneamente alla presentazione ufficiale.

Presentazione che avverrà al Salone di Colonia, dove la Kawasaki Super Four Z1 900 ottiene da subito un grandissimo successo di pubblico e di stampa, tanto che per la prima volta viene coniata la definizione “Superbike”. Non si era mai vista prima tanta meraviglia su di una moto di serie, visto che rispetto alla CB750, sua grande rivale, la Z1 ha una maggiore cilindrata, una maggiore potenza, la distribuzione a doppio albero a camme in testa, una linea più moderna e prestazioni mozzafiato. La moto era infatti in grado di coprire i 400 metri da fermo in 12 secondi netti, e aveva una velocità massima dichiarata di oltre 200 km/h (212 km/h effettivi). Il mito stava nascendo.

La Kawasaki Z1 900 è stata prodotta per 4 anni (dal 1972 al 1976) in 5 versioni, per un totale (stimato) di 133.000 esemplari prodotti. L'ultima, fu commercializzata unicamente in America e aveva un aspetto vagamente custom.

La prima serie



Inizia il mito Kawasaki degli anni '70, la moto, che si chiama Z1 900 Super Four, ed è prodotta dal 1972 al ’73), è riconoscibile per la grafica bicolore del serbatoio che presenta due ampie gocce sui fianchi. Le colorazioni sono due: arancio e rosso scuro metallizzato (“candy brown/orange”), giallo e verde metallizzato (“candy green/yellow”). Il motore ha testata, cilindri e parte dei carter motore colorati in nero. Da qui l’appellativo “testa nera”.

La forcella presenta due borchie cromate (una per lato), situate nella zona alta dei gambali. In queste borchie (presenti anche sugli ammortizzatori posteriori) vengono montati dei catarifrangenti sulle moto destinate ai Paesi in cui il Codice della strada ne prevede l’installazione.

Un sistema di lubrificazione automatico della trasmissione finale, dotato di serbatoio posto sotto la sella e di una pompa vicino al pignone, garantisce una maggior durata della catena. Numeri telaio: da Z1F000001. Numeri motore: da Z1E000001. Esemplari prodotti: 20.000 (numero stimato). Prezzo al pubblico in Italia 1.699.000 lire.

La seconda serie



La seconda serie della sportivissima moto giapponese è la Z1 A. La mot è stata prodotta nel biennio che va dal 1974 al 1975, e presenta una diversa grafica sul serbatoio con strisce orizzontali (arancio o giallo), ma mantiene le due stesse colorazioni della serie precedente. Il motore non ha più la finitura nera ed è completamente lucido.
Numeri telaio: da Z1F020001. Numeri motore: da Z1E020001. Esemplari prodotti: 27.500.

La terza serie



Continua la saga della 900 Kawasaki con la Z1 B (1975-’76), che rispetto alla seconda serie presenta due nuove colorazioni. Rimane la stessa grafica della serie precedente (Z1 A) con strisce orizzontali che però qui sono dorate. Disponibile in due colorazioni: blu scuro metallizzato (“candy super blue”) e rosso scuro metallizzato (“candy super red”). La scritta sui fianchetti aumenta di dimensioni cosi come la scritta Kawasaki sul serbatoio. Scompare il sistema di lubrificazione automatica della catena e ne viene montata una più robusta, autolubrificata e dotata di anelli di tenuta tipo O-ring.
Numeri telaio: da Z1F047500. Numeri motore: da Z1E047500. Esemplari prodotti: 38.500.

La quarta serie



Si tratta della KZ 900, prodotta nel 1976: cambiano le grafiche e le tinte. Sempre disponibile in due colorazioni: verde scuro metallizzato (“dark diamond green”) con filetti verde chiaro e oro; marrone scuro metallizzato con filetti rossi e oro (“dark diamond brown”). La forcella non ha più le borchie cromate. Il freno anteriore è a doppio disco con diametro ridotto a 245 mm (296 mm per le serie precedenti). La scritta sul fianchetto diventa “Z 900”. Il serbatoio ha il tappo con chiusura a chiave.

È presente un comando per il lampeggio delle 4 frecce. Altre modifiche riguardano il telaio che ha dei fazzoletti di rinforzo nella zona del cannotto di sterzo, nonché una diversa forma della scatolatura centrale che contiene la batteria e l’air box. I carburatori sono da 26 mm in luogo dei 28 mm delle serie precedenti. Di conseguenza la potenza massima scende a 81 CV (-1 CV). Diverso disegno anche per i quadrotti della sella. Sul mercato americano la KZ 900 viene denominata Z 900 A4.
Numeri telaio: da Z1F085701. Numeri motore: da Z1E086001. Esemplari prodotti: 45.500 di cui 21.000 per gli USA
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