L'inizio degli anni 80 è un epoca particolarmente felice per la moto. L'industria nazionale, forte di nomi storici, viaggia a gonfie vele con prodotti apprezzati sia in Italia che all'estero, e quella giapponese è tutta un fiorire di nuovi modelli che soddisfano ogni gusto e desiderio. Non c'è sul mercato un segmento fortemente predominante, le moto si vendono tutte bene, dalla sportiva alla turistica, dalla fuoristrada specialistica alla enduro tutto-fare, da 125 a oltre 1.000 cc. Dalla fine del decennio precedente l'evoluzione tecnica di motori e ciclistiche ha compiuto passi da gigante, e praticamente ogni mese arriva una bella novità. Per Kawasaki, colosso industriale con ramificazioni in moltissimi campi della siderurgia pesante, il settore motociclistico rappresenta solo un interesse minore, ma ciò non significa che per i vertici della Casa sia una voce da trascurare. Anzi da quando, nel 1972, ha presentato la sua splendida Z1 900 quattro cilindri quattro tempi, la Kawasaki è diventata la maggior concorrente della Honda, che fino a quel momento dominava il mercato delle maxi-moto con la gamma CB Four. La Z1 è più grossa, più "scenografica" della CB750, ed ha un motore bialbero contro il monoalbero della Honda. Ma per la tecnica motociclistica in quei primi anni 80 il tempo scorre più velocemente e la pur affascinante Z1 comincia a dar segni di invecchiamento: Honda con le nuove CB bialbero ha colmato il divario con la Kawasaki, ma è arrivato pure il nuovo "siluro" Yamaha, la FJ 1100. Kawasaki, con la mastodontica Z1300 sei cilindri del 1979, ha già in parte reagito ai contrattacchi, ma si tratta di una grossa GT che non viene a competere con le sport-tourer 4 cilindri delle Case concorrenti. Ed anche le
GPz 750 Turbo e 1100 non hanno trovato quel successo che la Casa di Akashi si aspettava dopo i fasti della Z1. Serve insomma qualcosa di nuovo che lasci il mercato... a bocca aperta.